Archivi della categoria: La vita della Chiesa

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Torniamo al gusto del pane: una riflessione a partire dal tema del prossimo Congresso eucaristico nazionale

A cura di don Daniele Piazzi, incaricato diocesano di Pastorale liturgica, la prima tappa del percorso di avvicinamento al 27° Congresso eucaristico nazionale di fine settembre a Matera

In preparazione al 27° Congresso eucaristico nazionale, in programma a Matera dal 22 al 25 settembre, al quale parteciperà anche il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, accompagnato da una delegazione diocesana, viene proposto un percorso di approfondimento settimanale, curato da don Daniele Piazzi, incaricato diocesano per la Pastorale liturgica. Continua a leggere »

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Il ricordo dell’arcivescovo Cazzani a 70 anni dalla morte

Nella testimonianza di alcuni canonici il ricordo del Vescovo di Cremona dal 1914 sino alla morte, avvenuta il 26 agosto 1952: grande uomo cultura e guida salda per la Diocesi nelle due guerre mondiali

Sono trascorsi pochi giorni dal 70° anniversario di morte dell’arcivescovo Giovanni Cazzani, a Cremona dal 1914 sino alla morte, avvenuta il 26 agosto 1952. Le sue spoglie riposano nella cripta della Cattedrale di Cremona, a pochi metri dall’urna che conserva le reliquie di sant’Omobono, patrono della città e della diocesi. Originario di Samperone, in provincia di Pavia, il vescovo Cazzani è unanimemente considerato uno dei pastori più insigni della Chiesa cremonese: apprezzatissimo per la vasta cultura e la sincera pietà, guidò con mano ferma e sapiente la diocesi nel mezzo di due guerre mondiale, della dittatura fascista e del difficile tempo della riconciliazione e della ricostruzione dopo la Liberazione dal giogo nazista. Per lui è in corso il processo di beatificazione, aperto alcuni anni fa insieme a quello di don Primo Mazzolari. Continua a leggere »

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Card. Zuppi: “senza passione per l’uomo domina l’algoritmo”

Il Presidente della CEI protagonista del Meeting di CL a Rimini

È nell’incontro con l’altro e nella passione per l’uomo che si rafforza la nostra identità. Ne è convinto il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, che oggi pomeriggio, al Meeting di Rimini, ha dialogato con Bernhard Scholz, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia dei popoli. “Anche la nostra sofferenza – ha sottolineato Zuppi – trova risposta nell’incontro con l’altro. La passione per l’altro ci fa capire chi siamo”. L’individualismo al contrario invece di renderci più forti, “ci rende deboli, e ci riempie di paure: che sono sempre di più e nascono da un ‘io’ isolato. L’individualismo – ha poi sottolineato – diventa anche nazionalismo: un grande io che difende tanti io isolati”. “Il male ci isola” è stato il monito lanciato dal cardinale dal palco del Meeting che ha voluto ricordare il dramma di Civitanova Marche che ha portato all’uccisione, il 29 luglio, del venditore ambulante nigeriano, Alika Ogorchukwu: “Se quello lì fosse stato tuo padre, tuo fratello – ha detto il cardinale rivolgendosi direttamente al pubblico presente – gli saresti saltato addosso. C’è stata polemica su quello che si poteva fare, sul ‘non si è fatto niente’: non so, forse c’è stata la paura che ha bloccato le persone ma tirare fuori il telefonino no: questo fa parte della vita pornografica, priva di compassione. È sempre una questione di compassione. Siamo fatti per volere bene: se non c’è questo, la vita è un’altra cosa, si vive per se stessi”. Questione di passione, appunto: se viene meno, ha aggiunto Zuppi, “l’algoritmo è più forte, lo strumento ci fa diventare oggetto. Gli algoritmi non sono mai ininfluenti sulla nostra vita. Ci sono tanti algoritmi a cui a volte ci affidiamo e che determinano, spesso, il corso degli eventi”. Se c’è il deserto spirituale è proprio perché c’è bisogno di acqua. Perché don Giussani era interessato a Pasolini? Perché Pasolini cercava l’uomo. La libertà della passione è quella di poter raggiungere le domande vere, con libertà e anche la passione per l’uomo. C’è bisogno di acqua: l’acqua della passione che dobbiamo cercare insieme”.

AgenSir
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Sinodo: pubblicata dalla CEI la sintesi finale della fase diocesana

E' online la Sintesi della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 sul tema “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione”

È online la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 “Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione” che la Presidenza della CEI ha consegnato il 15 agosto alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Il Sinodo è inteso come un processo sinodale e culminerà nel 2023 con la fase universale, preceduta da quella continentale.
Il documento, disponibile online (SCARICA QUI), dà sinteticamente conto del percorso compiuto nell’anno pastorale 2021-2022, dedicato all’ascolto e alla consultazione capillare del Popolo di Dio. Questo primo “step” è stato armonizzato, per volere dei Vescovi, con il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, che sta interessando sempre di più i diversi territori con proposte e progetti. La Sintesi, dunque, offre anche una panoramica del primo anno di Cammino sinodale, che fino al 2025 sarà strutturato in tre momenti: fase narrativa (2021-2022 e 2022-2023); fase sapienziale (2023-2024); fase profetica (2025).
Sono 200 le sintesi diocesane e 19 quelle elaborate da altri gruppi per un totale di più di 1.500 pagine, pervenute alla Segreteria Generale della CEI a fine giugno.
“Non si è semplicemente parlato di sinodalità – viene riportato nella Sintesi –  ma la si è vissuta, facendo i conti anche con le inevitabili fatiche: nel lavoro dell’équipe diocesana – presbiteri, diaconi, laici, religiosi e religiose insieme, giovani e adulti, e con la presenza partecipe del Vescovo –, nell’accompagnamento discreto e sollecito delle parrocchie e delle realtà coinvolte, nella creatività pastorale messa in moto, nella capacità di progettare, verificare, raccogliere, restituire alla comunità”, rileva la Sintesi evidenziando che “l’esperienza fatta è stata entusiasmante e generativa per chi ha accettato di correre il rischio di impegnarvisi: in molti contesti ha contribuito a rivitalizzare gli organismi di partecipazione ecclesiale, ha aiutato a riscoprire la corresponsabilità che viene dalla dignità battesimale e ha lasciato emergere la possibilità di superare una visione di Chiesa costruita intorno al ministero ordinato per andare verso una Chiesa ‘tutta ministeriale’, che è comunione di carismi e ministeri diversi”.
Nella parte centrale, il documento presenta i dieci “nuclei” attorno a cui sono state organizzate le riflessioni emerse dalle sintesi diocesane: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo.
“La loro pluralità – viene precisato – non rappresenta un limite da superare, attraverso un’operazione di omogeneizzazione o di gerarchizzazione, ma contribuisce a custodire il fondamentale pluralismo dell’esperienza delle Chiese in Italia, con tutta la varietà di accenti e sensibilità da cui sono attraversate e di cui sono portatrici”.

«La consultazione sinodale ha messo in luce l’importanza di vivere la prossimità nella pluralità delle situazioni di vita e di condizioni che abitano un territorio: le persone costituiscono la vera ricchezza delle comunità, ciascuna con il suo valore unico e infinito. Non si tratta di pensare che chi è parte della comunità ecclesiale debba fare uno sforzo di apertura verso chi rimane sulla soglia. Piuttosto, l’accoglienza è un cammino di conversione per dare forma nella reciprocità a una comunità fraterna e inclusiva che sa accompagnare e valorizzare tutti. Questa consapevolezza consente di superare la distinzione “dentro/fuori”».

Il discernimento sulle sintesi diocesane e l’elaborazione dei dieci nuclei hanno permesso di individuare alcune priorità che, con l’obiettivo di alimentare e sostenere il Cammino sinodale delle Chiese in Italia in comunione con il processo in corso a livello universale, si è scelto di raggruppare lungo tre assi, definiti “cantieri sinodali”: quello della strada e del villaggio (l’ascolto dei mondi vitali), quello dell’ospitalità e della casa (la qualità delle relazioni e le strutture ecclesiali) e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente e ogni Chiesa locale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dal percorso compiuto lungo il primo anno.
“Quella del cantiere – ricorda la Sintesi – è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto e di esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per le successive fasi del Cammino sinodale nazionale”.
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Settimana liturgica nazionale, pubblicati gli atti della precedente edizione

Editata dal Centro liturgico vincenziano e curata dal Centro di azione liturgica la raccolta intitolata "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome"

Mentre a Salerno si sta svolgendo, in questi giorni, la 72ª Settimana liturgica nazionale, durante la quale è intervenuto, mercoledì 24 agosto, don Daniele Piazzi, direttore dell’Ufficio di Pastorale liturgica della diocesi di Cremona, con la relazione sul tema Far uscire e accogliere: la logica dei ministeri laicali, sono stati pubblicati gli atti della precedente edizione, svoltasi proprio a Cremona dal 23 al 26 agosto 2021. Il volume, che racchiude tutte le relazioni della Settimana liturgica 2021, riporta come titolo, citando il Vangelo di Matteo, Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, riprendendo così lo slogan dell’evento organizzato lo scorso anno in Cattedrale. Continua a leggere »

Matteo Cattaneo
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Il Sinodo in parrocchia. In una Chiesa che sia come casa

Una riflessione di don Paolo Arienti sul testo della Sintesi della Cei

Un po’ rincuora, un po’ sollecita la sintesi (SCARICA QUI) pubblicata dalla CEI e riguardante gli ascolti diocesani a chiusura del primo anno sinodale delle chiese in Italia. Sì, perché l’articolazione del testo, di non immediata lettura e non così sintetico, colpisce per alcune pennellate di realismo che disinnescano lo scetticismo con cui ormai si approcciano testi “ufficiali”. Colpisce un approccio aderente alla realtà, capace di non trasformare immediatamente i vissuti raccolti in moralismo. Non mancano alcune sottolineature “fuori onda”, come quella di alcuni stili episcopali non in linea con le istanze sinodali o come quella che riguarda il peso – anche giuridico – delle strutture pastorali, come pure quella che fotografa il carattere ondivago dei processi sinodali, segnati anche da una buona dose di scetticismo.

A leggere il testo, soprattutto nello scorrere le dieci parole-chiave che fungono da coagulo dei materiali prodotti dalle singole diocesi, si riconosce un pezzo importante della condizione ecclesiale oggi: non di una chiesa teorizzata a tavolino, ma di un corpo reale che a volte intuisce ma non sa mettersi in gioco, a volte abita la prossimità ma non sa trasformare questa vocazione in cultura… insomma sembra di essere a casa. E si sa, ciascuno conosce di casa sua la bellezza e la familiarità, ma anche i guai che non si cancellano a suon di documenti o certificati.

C’è molta verità della Chiesa e sulla Chiesa e a fare la differenza sembra proprio il nesso esistenziale tra biografie (personali e comunitarie) e mistero di Gesù. Perché ricorre spessissimo, come chiave di lettura, il binomio che unisce relazioni ed esperienza vitale della fede.
La massa di riletture è ricondotta a dieci snodi di fondo, da leggere come i segnavia di un percorso non sempre facile, come accade a chi parte per la montagna e ogni tanto deve consultare la mappa, verificare la propria posizione, sostare per riposare, prendere fiato e bere qualcosa: ascoltare, accogliere, relazioni, celebrare, comunicazione, condividere, dialogo, casa, passaggi di vita e metodo. Ce ne sarebbe per innumerevoli consigli pastorali, ma soprattutto ce ne sarebbe per sfatare certi miti: quelli numerici, quello dell’innervatura certa delle comunità nei territori, quello della chiesa-istituzione ancora modellata e percepita su un’idea piramidale e discendente dell’autorità… ma, si sa, i miti persistono e spesso abitano la ruggine più insistente delle simboliche mentali.
A porre in filigrana il testo di sintesi con l’esperienza quotidiana di una comunità, sembrano evidenziarsi almeno quattro questioni, problemi e sfide ad un tempo:

  1. lo stile delle relazioni: ormai la questione “affettiva” dentro la Chiesa non è più rinviabile. Essa non si limita al delicato e pure urgente tema delle minoranze né al solo recupero della presenza femminile, ma ha il sapore più ampio, e spesso più amaro, della temperatura emotiva dell’appartenenza comunitaria. Si fa spesso fatica a percepire nell’esperienza psicologica quello che per teologia si è nella Chiesa: fratelli e sorelle, commensali alla medesima Eucaristia. Mettere a tema la qualità delle relazioni significa ridisegnare costantemente il modo di essere nella Chiesa, non dare per scontata la leadership, smettere di mettere tra parentesi la questione del potere e delle responsabilità, come se esistesse un cortile dove si è fratelli e una stanza dei bottoni in cui solo la solitudine magari del clero può espletare alcune funzioni.
  2. la connessione tra parola di Dio e vita: perché l’annuncio del Vangelo narri un senso, è necessario l’incontro con la vita e quella saldatura di realtà che oggi è la grande sfida culturale della Chiesa. Si può continuare a riproporre un ritmo, anche liturgico, separato ed autonomo oppure si può dar fiducia alla vita, soprattutto delle famiglie e delle esperienze laicali: queste interpellare ed ascoltare, a queste chiedere di innervare la parola di Dio nella storia. Le conseguenze soprattutto di natura psicologica sull’idea anche della parrocchia come un centro di servizi o un luogo in cui “fare rapporto” sono evidenti.
  3. la geografia della cura e della prossimità: non va mai perso di vista il dispositivo centrale della fede cristiana, la norma dell’incarnazione che giudica ogni stile e lo richiama alla sua prima vocazione. Che il destino bello ed avvincente delle comunità ecclesiali stia proprio anche nel farsi carico delle periferie, anzi essere loro stesse periferie? Domanda scomoda, che però risuona anche oltre la retorica su papa Francesco. Chiese, parrocchie e oratori sono già periferia, e da un pezzo. La sfida è sempre con quale stile questi luoghi vengono abitati e chi sceglie di accettare questa vocazione, dentro la complessità della vita.
  4. l’idea di una Chiesa-casa: le metafore per descrivere la Chiesa sono davvero moltissime, ma forse in questa stagione ecclesiale l’idea di una Chiesa che assomigli anche ad una casa, accogliente ed inclusiva, pare efficace ed urgente. Una casa in cui la familiarità delle relazioni non sia una chimera e in cui l’arredamento, i ritmi e l’atmosfera facciano percepire che si è autorizzati a vivere. Una casa in cui si abbia il coraggio non solo di fare cose o pretendere servizi, ma anche raccontarsi e respirare. Forse non è un caso che il prossimo anno sinodale sia scandito dall’episodio di Gesù che frequenta la casa di Marta e Maria.

don Paolo Arienti
Docente Teologia ISSR S. Agostino e Seminario di Cremona

Sinodo: pubblicata dalla CEI la sintesi finale della fase diocesana

Sinodo. Per una Chiesa che non divide il mondo, ma lo ascolta alla luce della Parola. Intervista a don Maccagni

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Il Papa in Canada: quando il gesto è il messaggio

La prossimità del Papa, specie negli incontri con le popolazioni indigene, è stato il segno distintivo del viaggio apostolico in Canada. Tanti i gesti che hanno sottolineato la dimensione penitenziale e di riconciliazione che Francesco ha voluto dare alla visita in terra canadese

“Un efficace processo di risanamento richiede azioni concrete”. Francesco lo aveva sottolineato concludendo il discorso alle delegazioni dei popoli indigeni del Canada, ricevute in Vaticano, la scorsa primavera. Il viaggio in terra canadese, affrontato con gioia dal Papa nonostante le difficoltà di deambulazione, si è contraddistinto proprio per quelle “azioni concrete” che sono i gesti. Atti che hanno preceduto o accompagnato le parole pronunciate dal Pontefice nel grande Stato nord-americano e, in particolare, i suoi richiami alla giustizia e al perdono come premessa di un autentico cammino di riconciliazione. In un qualche modo, si può affermare che il viaggio stesso sia stato un’azione concreta “dall’impatto enorme”, per riprendere l’affermazione del premier Justin Trudeau. Anche i giornali canadesi hanno pubblicato in questi giorni sulle loro prime pagine grandi foto che immortalavano tali gesti così significativi. Del resto, passati solo pochi minuti dall’arrivo a Edmonton, prima tappa della visita, il Papa aveva già compiuto un gesto tanto semplice quanto efficace per dare sostanza alla definizione “pellegrinaggio penitenziale” da lui indicata per questo viaggio apostolico: baciare la mano di un’anziana signora indigena, durante la cerimonia di accoglienza in aeroporto.

Qui la cronaca delle giornate del Papa in Canada (Agensir)

Ogni viaggio papale si può (anche) raccontare per immagini. Ciò vale forse ancora di più questa volta, tanto è stato forte il valore simbolico degli eventi e degli incontri a partire da quello di lunedì scorso a Maskwacis, che ha avuto un suo ideale raccordo con quello conclusivo a Iqaluit, con i giovani e gli anziani del popolo Inuit. Il Papa che, sulla carrozzina, prega silenziosamente nel cimitero della comunità di Ermineskin. Il Papa che bacia lo striscione rosso con impressi i nomi dei bambini morti nelle scuole residenziali e poi in piedi, senza l’ausilio del bastone, sta davanti al capo indigeno “Aquila dorata” che gli pone sulla testa un copricapo segno di rispetto e riconoscimento di autorevolezza. Ancora, quel gesto di riconsegna dei mocassini rossi, simbolo del dolore di tanti ragazzi indigeni, che gli erano stati donati in Vaticano quattro mesi fa. Particolarmente evocativa l’immagine di Francesco assorto in meditazione sulle rive del Lac Ste. Anne, un luogo che unisce nella devozione popoli indigeni e fedeli cattolici. Un’istantanea dal sapore evangelico che ci riporta alle sorgenti della fede e che, come ha poi sottolineato nell’omelia, ci fa immaginare un altro lago, a migliaia di chilometri di distanza, quello di Galilea inscindibilmente legato alla vita e alla predicazione di Gesù.

Anche un gesto “ordinario” come la benedizione di un’immagine sacra qui assume un valore “straordinario”. Quando il Papa, nella chiesa del Sacro Cuore dei Primi Popoli, benedice la statua di Kateri Tekakwitha, la prima indigena nord-americana ad essere proclamata Santa, ci sta infatti dicendo che il lievito del Vangelo può, anzi deve, crescere e fecondare i popoli che incontra senza annullarne l’identità e il patrimonio culturale e spirituale, perché la fede si annuncia non si impone. C’è poi un gesto che non ha fatto i titoli dei giornali ma che dà testimonianza non solo del senso profondo di questo viaggio, ma di una delle direttrici portanti del ministero petrino: “la rivoluzione della tenerezza”. Giovedì, al termine della Messa nel Santuario di Sant’Anna di Beaupré, una mamma ha portato al Papa per farlo benedire il suo bambino, affetto da una grave malformazione. Un momento di grande dolcezza con il Papa che, non solo ha benedetto il bimbo, ma lo ha pure tenuto in braccio accanto alla madre. Anche in questa circostanza, come in tante altre durante il viaggio, la sedia a rotelle non ha ostacolato la prossimità alla gente. Anzi, questa condizione di fragilità ha reso – se possibile – ancora più vicino il Papa a quanti soffrono.

Francesco non è mai rimasto distante dal dolore delle persone che ha incontrato. Per ascoltare, ascoltare con il cuore – ci ha testimoniato tante volte – bisogna stare vicino al prossimo. Un atteggiamento che si è visto molto bene nell’incontro di ieri con gli ex alunni della scuola residenziale di Iqaluit, “ai confini del mondo”. Francesco si è seduto in mezzo a loro in una fila di sedie a forma di cerchio, ponendosi dunque “alla pari”. Arrivato fino a soli trecento chilometri dal Circolo Polare Artico, ha così ribadito concretamente con questo gesto che il pastore deve avere l’odore delle pecore, soprattutto di quelle più lontane e ferite.

Un viaggio quindi che ha visto intrecciarsi armonicamente – come i fili delle fasce colorate delle vesti degli indigeni – gesti e parole, discorsi e azioni concrete. Il gesto, parafrasando il noto mass-mediologo Marshall McLuhan (canadese e cattolico), si è così fatto messaggio. Un messaggio di amore e di riconciliazione.

Alessandro Gisotti

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Disponibile il numero speciale gratuito della “Rivista di pastorale liturgica”

L'uscita di luglio approfondisce il tema della formazione, affrontato nella lettera apostolica "Desiderio desideravi" di Papa Francesco

In seguito alla pubblicazione, il 22 giugno, della lettera apostolica Desiderio desideravi di Papa Francesco, è disponibile un numero speciale, offerto gratuitamente, della “Rivista di pastorale liturgica”, che commenta e approfondisce il tema di aggiornamento e formazione liturgica affrontato nel documento pontificio.

Redatta da Editrice Queriniana, la rivista è disponibile tramite abbonamento annuale, al costo di €40 per l’edizione cartacea e di €30 per quella digitale, per un totale di sei numeri.

L’uscita speciale di luglio è scaricabile gratuitamente a questo link.

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Settimana liturgica 2022, Cremona passa il testimone a Salerno

L'evento in programma nella diocesi campana dal 22 al 25 agosto: tra i relatori anche il cremonese don Daniele Piazzi

Dopo l’ultima Settimana liturgica, svoltasi lo scorso anno a Cremona in una tre giorni intensa in Cattedrale, con presenze limitate causa Covid, ma con la possibilità di vivere l’evento anche in diretta web o approfondirlo in podcast, quest’anno l’evento nazionale sarà ospitato nella Diocesi di Salerno, dal 22 al 25 agosto, che ha ricevuto il testimone della ripartenza dalla Diocesi cremonese. L’evento avrà come tema generale, ispirandosi al cammino sinodale, “Ministeri al servizio della Sinodalità”. Continua a leggere »

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