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Il Vescovo nel ricordo di Moreni: fede generatrice di vita e di esempi

Il 29 maggio a Cascina Moreni il ricordo dei volontari uccisi nel 1993 nell’ex-Jugoslavia con l'assegnazione del secondo Premio letterario intitolato a Moreni

Con la Messa presieduta dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, la sera di lunedì 29 maggio, presso Cascina Moreni, a Cremona, è stata ricordata la morte, avvenuta esattamente 24 anni prima, del volontario cremonese Fabio Moreni, ucciso il 29 maggio 1993 insieme a Sergio Lana e Guido Puletti mentre portavano aiuti umanitari nell’ex-Jugoslavia dilaniata dalla guerra civile. La celebrazione è stata preceduta dalla cerimonia conclusiva del secondo Premio letterario intitolato a Moreni. Continua a leggere »

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Gemellaggio terremoto/41. Il diario dei ragazzi di Picenengo

Volontari sui luoghi del sisma durante le vacanze di Pasqua, base operativa a Scopoli

Scopoli, 16-19 aprile 2017

 

AVVICINAMENTO
Pasqua e Pasquetta sono due giorni di avvicinamento.
La prima tappa è Assisi, con vista al tramonto sulla via principale che attraversa da est a ovest la città di Francesco.
Assisi ci ha introdotto al tempo della semplicità.
Pasquetta trascorsa a Scopoli tra lavori di pulizia e di manutenzione delle casette di legno. Due di queste ci ospitano e ci fanno sentire a casa. Il mordente in faccia, sui capelli, sulle braccia o sulle gambe a mo’ di tatuaggio parla da sé. Il sole e la fugace visita a Rasiglia hanno dato calore e colore ad una Pasquetta originale.
Al cuore della giornata la S. Messa per la comunità di Scopoli alle 10.30, con gente contenta di rivedere cremonesi, anche se al momento per noi la cosa diceva poco.
In serata sosta a Foligno per un saluto al Vescovo, mons. Gualtiero Sigismondi, felice di un revival e una rinfrescata su Mazzolari.

 

PIAN DI PIECA
Le previsioni metereologiche parlavano di acqua in arrivo e non hanno tradito le attese, purtroppo.
La giornata marchigiana è stata seguita dal maltempo che non solo ci ha raffreddato, ma ci ha pure obbligato a variazioni continue di programma. A complicare ulteriormente le cose c’è stato un funerale, molto partecipato da parte della gente, ma ci ha costretto a condividere una sottile parete tra la nostra sala da pranzo e la chiesa/sala di comunità, dove c’erano parenti e amici a piangere il defunto.
Il terremoto è case distrutte. Lo abbiamo toccato con mano. Ma questo è poco o niente di fronte a quotidianità spezzate. Quello che nel quotidiano è vita con i suoi spazi e i suoi ritmi, il sisma ha fatto saltare inesorabilmente. Paesi fantasma, case senz’anima, luoghi disabitati come S. Casciano… c’è però una vita che non si rassegna e riparte. A piccole dosi. A brevi passi.
Adriano ci ha raccontato la sua esperienza del terremoto. È un’altra misura del tempo. I minuti e i secondi diventano interminabili e la paura si riaffaccia continuamente tra le pieghe della giornata. Ci ha accompagnato tra le viette di S. Ginesio, circondato da storiche mura!
Anche la signora che abbiamo incontrato all’uscita di S. Casciano, la prima famiglia che torna ad una sorta di normalità nel paesino, parlava col volto. C’è da ricominciare con il lavoro della terra, ma le incertezze sono davvero molte. Dalle sue espressioni il ritorno a casa sembrava dettato più dall’amore per le proprie radici che dalla convinzione di una rinascita.
La pioggia del pomeriggio ha portato tutto il gruppo a Sarnano per due ore animazione con i disabili dell’ANFASS.
Una parte avrebbe dovuto lavorare, cosa impossibile sotto la pioggia battente. Che bello vedere il gruppo rianimarsi e mettersi in gioco con questi ragazzi.
A volte ci sono talenti nascosti che non ti aspetti mai di vedere all’opera. Eppure basterebbe muovere un poco la cenere per riattizzare il fuoco del servizio alla vita. Ecco il nostro viaggio più lungo.

 

ESPERIENZA DI CRESCITA NELL’INSIEME
«La realtà è superiore all’idea»: così citò il Papa in una esortazione apostolica.
È una frase perfetta per questo tipo di esperienza fatta di tante emozioni.
Scopoli, il paesino che ci ha ospitato per la notte, è abbastanza tranquillo, gemellato con Cremona da circa 20 anni, non ha subito molti danni dal terremoto ma purtroppo la chiesa è inagibile.
Durante il giorno noi ragazze aiutavamo a fare le pulizie in preparazione alle sagre estive.

L’esperienza più significativa di questo viaggio è stata la testimonianza di una signora terremotata alla quale la casa è stata distrutta, mi sono commossa tanto.
Ringrazio il mio don per avermi portato in questo viaggio e Nicoletta che ci ha fatto conoscere tutto quello che c’è stato dietro l’aiuto. GRAZIE!

L’esperienza più toccante sono state le ore passate con i ragazzi disabili.
È stupefacente come ti cambia la prospettiva di vita trascorrendo anche poche ore. Ti insegnano cosa sia la sensibilità, il vero senso della parola. Ti fanno capire soprattutto che sono le piccole cose che contano e danno più felicità.
Un’esperienza che rimarrà sicuramente nitida come una fotografia.
GRAZIE!

I volontari di Picenengo

 

 

Speciale terremoto con il diario dei giorni precedenti

Volontari per il gemellaggio con Camerino: ecco come fare

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Venerdì in Seminario Messa nel ricordo del vescovo Maurizio Galli

Appuntamento alle 18 nel nono anniversario della morte

Il 1° giugno ricorre il nono anniversario della morte di mons. Maurizio Galli (1936-2008), già rettore del Seminario diocesano di Cremona dal 1982 al 1998 e vescovo di Fidenza dal 1998 al 2007. Nel pomeriggio di venerdì 2 giugno, alle ore 18, la comunità del Seminario, grata al Signore per l’esempio e l’insegnamento ricevuti, celebrerà l’Eucarestia chiedendo a tutti quelli che lo vogliono ricordare di unirsi alla preghiera. Continua a leggere »

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Continua la raccolta di informazioni sul martirio di mons. Barosi e padre Zanardi

Ulteriore occasione per far luce sull'assassinio dei due missionari cremonesi del PIME è stato il recente viaggio in Cina per la presentazione la traduzione del libro "Tu non uccidere" di don Mazzolari

Nella foto padre Zanardi in motocicletta e, nel riquadro, mons. Barosi

Il viaggio a Hong Kong per la presentazione del libro di don Mazzolari “Tu non uccidere”, tradotto in cinese, è stata anche una speciale opportunità per poter raccogliere ulteriori notizie e particolari riguardanti i nostri fratelli missionari uccisi nella regione cinese di Honan. Mons. Antonio Barosi e padre Mario Zanardi (il primo di Solarolo Rainerio e il secondo di Soncino, entrambi del PIME – Pontificio Istituto Missioni Estere), infatti, furono trucidati in Cina nel 1941. Da anni ormai si sta cercando di ricostruire l’accaduto, di comprendere sempre più i particolari dell’eccidio.

Alcuni nostri sacerdoti, tempo fa, si sono recati sui luoghi dove si sono svolti i fatti, per avere notizie. Molte se ne sono avute, ma molto c’è ancora da scoprire. Esistono testimonianze scritte da testimoni oculari ormai non più viventi, esistono i luoghi dove sono custoditi alcuni effetti personali, esiste il carteggio tra gli stessi missionari che in quegli anni hanno vissuto momenti tragici e che vicendevolmente si sono sostenuti pur di non abbandonare la gente semplice di quei luoghi.

Erano gli anni dell’invasione della Cina da parte del Giappone e gli italiani, che ormai erano conosciuti come fascisti, a causa di Mussolini e dell’asse stabilito con i nipponici, erano visti come collaboratori degli invasori da parte delle milizie e dell’esercito cinesi. Ma ai missionari era riconosciuto un ruolo importante nella cura delle persone. Non da tutti però. Nel 1941, nel comunicato dell’Ambasciata Cinese al Delegato Apostolico di Londra, così si descriveva la lancinante notizia della morte violenta dei padri del PIME: “Il governo cinese ha ricevuto dal governo provinciale il rapporto dettagliato sull’inchiesta eseguita circa i quattro missionari italiani (oltre a mons. Barosi e padre Zanardi con loro anche i padri Zanella e Lazzaroni, ndr) del Vicariato apostolico di Kaifeng (nell’Honan, ndr), uccisi nel novembre scorso. Il risultato dell’inchiesta mostra che i quattro missionari italiani furono assassinati da una banda… Il governo cinese ha dato istruzioni al governo provinciale del Honan di prendere energiche misure per l’arresto dei colpevoli… come pure per una efficace protezione della Chiesa in futuro”.

 

Il 19 novembre 1941 accadeva tutto questo.

Il primo giorno del decimo mese dell’anno lunare, nella chiesa cattolica di Dingcun, che apparteneva al distretto di Luyi della provincia del Honan, è avvenuto un omicidio particolarmente grave. Il massacro di quattro missionari: mons. Antonio Barosi, vescovo (Amministratore Apostolico) di Kaifeng; padre Mario Zanardi, sacerdote responsabile della comunità di Luyi; e i due sacerdoti che lavoravano a Dingcun, padre Bruno Zanella e padre Giuseppe Lazzaroni. Autori dell’efferato delitto alcuni traditori cinesi in combutta con i giapponesi.

La chiesa cattolica di Dingcun si collocava nella sezione sud della strada orientale del Paese, nel distretto di Dancheng. Costruita nel 1923, era una costruzione abbastanza larga a sud della città di Luyi. Questa missione comprendeva anche le chiese di Cuitang, Zhulou, Hongshandian, Shicao, Xiaoxiezhuang, Zhangyuanji, Baimazyi and Wangdadian.

Durante il periodo più fiorente, la missione di Dingcun disponeva di 30 locali con due sacerdoti in carica. Essi durante la guerra causata dall’invasione giapponese e durante le inondazioni si prodigarono per soccorrere la popolazione attirando alla Chiesa un gran numero di fedeli: di solito la frequentavano più di 200 cattolici tra uomini e donne.

Il quarto missionario in carica nella chiesa di Dingcun era padre Bruno Zanella, assistito da padre Giuseppe Lazzaroni, che erano giunti a Dingcun nel 1940.

Il primo giorno del decimo mese del 1941, questi due sacerdoti stavano pranzando nella stanza a nord della chiesa insieme al vescovo di Kaifeng, mons. Barosi, che era venuto in visita pastorale con padre Zanardi di Luyi, quando alcune persone bussarono alla porta principale. Aperta la porta, si presentarono due ufficiali cooperatori dei giapponesi e due soldati armati di fucili e bombe a mano. L’ufficiale dichiarò: “Stiamo facendo esercitazioni e siamo venuti a fare un’ispezione”. Così dicendo, ha estratto un biglietto da visita. Padre Zanella si rivolse ai quattro ospiti dicendo: “Prego, potete prendere qualcosa prima: io vado nel locale meridionale a provvedere all’ospitalità”. Così dicendo si recò nella stanza meridionale. Nel frattempo un gruppo di soldati irruppe nella residenza e chiuse la porta principale, non permettendo a nessuno di uscire. Nel frattempo alcuni soldati si recarono nella sala meridionale e legarono padre Zanella.

Mons. Barosi, nella sala settentrionale con i padri Zanardi e Lazzaroni, non sapeva ancora che cosa stesse succedendo, quando un gruppo di soldati vi irruppe e incominciò a legarli. Alcuni fedeli di Cuitang, di Kaifeng e di Luy, i due servi che avevano seguito i padri da Luyi, come anche due di Dingcun, il catechista Fan Huifang e il cuoco Su Maowei, ecc., intanto furono rinchiusi nella portineria della porta orientale.

Facendosi buio, i soldati banditi si ritirarono, portandosi via la motocicletta e le biciclette della missione e indossando i vestiti e le scarpe dei missionari. I fedeli, accortisi della scomparsa dei missionari, si misero alla loro ricerca in ogni angolo, ma non trovarono né il vescovo né i sacerdoti. Alla fine scoprirono i loro cadaveri nel pozzo a sud della missione.

Padre Lazzaroni era stato gettato nel pozzo con la testa in giù ancora vivo e vi morì per annegamento, mentre gli altri missionari erano stati uccisi prima di essere gettati nel pozzo.

Subito un cattolico è andato a Qiuqu e Shicao a denunciare l’accaduto alla stazione militare che allora vi si era spostata da Shangqiu e alla gendarmeria di Luyi, mentre gli altri hanno comprato quattro bare e hanno seppellito temporaneamente i cadaveri nella chiesa.

Dopo l’investigazione di delegati del PIME e del presidio militare dell’Esercito nazionalista del distretto di Luyi, si è accertato che l’eccidio era stato compiuto da traditori cinesi camuffati da giapponesi. In seguito i cadaveri dei quattro missionari trucidati sono stati trasportati a Nanyang, Jinjiagang.

 

Al di là delle sommarie testimonianze, che cosa accadde veramente e perché, come si svolsero i fatti, chi erano questi missionari, ma, soprattutto, quale tesoro di testimonianza di fede e di dedizione alla Chiesa la nostra Diocesi ha ricevuto e riceve da questi suoi servi e figli?

Dal 1941 ad oggi la ricerca non si é mai fermata. Molti gli ostacoli linguistici da affrontare, che a volte rendono difficile l’interpretazione delle testimonianze scritte, per non parlare di quelli politici, resisi ancor più avversi durante la rivoluzione culturale di Mao e non ancora superati, hanno reso il lavoro di ricerca molto arduo.

Alcuni confratelli del PIME, però, non si sono arresi e hanno raccolto materiale e testimonianze, prove che confermerebbero non solo la totale dedizione di mons. Barosi e padre Zanardi a Cristo, e quindi all’evangelizzazione, ma anche il loro dedicarsi ai poveri e alla Chiesa locale.

Tutto lascia facilmente intuire come il loro sia stato un vero e proprio martirio in odio alla fede. A noi il compito di tenere viva la loro memoria, magari dedicando uno spazio nella preghiera ogni 19 novembre, di far conoscere la loro storia e di pregare per chi come loro, ancor oggi, ogni giorno, in questa terra così vasta quale é la Cina (come in altre parti del mondo), al contempo complessa e vivace, vive il rischio di vedersi privato della libertà e della dignità.

Servirà ancora del tempo, ma certamente potremo fare memoria di questi nostri missionari con le modalità che la Chiesa ci suggerirà, mentre ne potremo esaltare la testimonianza giunta fino a noi.

Don Maurizio Ghilardi
Centro Missionario Diocesano

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Tutto dedicato a Felix Mendelssohn, il concerto corale eseguito dal Coro Marc’Antonio Ingegneri diretto da Vatio Bissolati ha rappresentato un elevato momento musicale con una compagine vocalmente ispirata. Preziose le esecuzioni del mottetto in cinque movimenti Aus Tiefer Noth, dalla scrittura influenzata da Bach con contrappunti a tre e quattro voci contrapposti alla scansione del corale, del mottetto Herr, nun lässest du deinen Diener in Frieden fahren, con una intensa scrittura che lascia presagire la prossima morte del compositore, dell’inno Hör mein Bitten, reso con larga cantabilità dal soprano Tea Galli e l’attento accompagnamento organistico di Marco Granata.

Successo tributato dal pubblico e ringraziamenti espressi dal parroco don Samuele Riva.

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