Archivi della categoria: News

image_pdfimage_print

Rapporto Fides: nel 2015 uccisi nel mondo 22 operatori pastorali

Dal 2000 sono stati trucidati, spesso per scopo di rapina, ben 396 persone, tra di esse 5 vescovi

Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, nell’anno 2015 sono stati uccisi nel mondo 22 operatori pastorali. Per il settimo anno consecutivo, il numero più elevato si registra in America. Dal 2000 al 2015, secondo i dati in  possesso dell’agenzia, sono stati uccisi nel mondo 396 operatori pastorali, di cui 5 Vescovi.

Continua a leggere »

condividi su

“Servite Domino in laetitia”: ecco lo stemma del nuovo vescovo di Cremona

Chiari i riferimenti alla sua esperienza di vita, con un richiamo a Papa Francesco e Paolo VI, agli Scout e anche al fiume Po

“Servite Domino in laetitia” (Servite il Signore nella gioia): è questo il motto dello stemma araldico del nuovo Vescovo di Cremona. L’immagine, che rispecchia quanto previsto dalla tradizione araldica, propone diversi richiami all’esperienza di vita e di fede di mons. Antonio Napolioni: non manca un richiamo di riconoscenza nei confronti di  Papa Francesco e Paolo VI e il riferimento all’esperienza scoutistica, senza tralasciare la terra che il Santo Padre gli ha affidato come pastore, con il fiume Po presente nello stemma.

Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da:

  • uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
  • una croce astile a un braccio traverso, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
  • un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;
  • un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.

La croce astile è di tipo “trifogliato”, gemmata con cinque pietre rosse che richiamano le Cinque Piaghe di Cristo.

Si è qui adottato uno scudo araldico di foggia “inglese”, in omaggio alla terra di Sir Baden-Powell, fondatore dello “scautismo”, per richiamare il forte legame di Mons. Napolioni con lo scautismo cattolico.

 

Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo del Vescovo Napolioni

“Inquartato: nel 1° d’azzurro, all’ombra di sole d’oro caricata del trigramma IHS di nero; nel 2° d’argento, a un monte all’italiana di sei cime di verde movente dalla partizione; nel 3° d’argento, alla gemella ondata d’azzurro posta in fascia; nel 4° di rosso, al giglio del terzo” (consulenza del dott. Renato Poletti).

 

Il motto: SERVITE DOMINO IN LAETITIA

Le parole scelte da Mons. Napolioni per il proprio motto episcopale sono tratte dal Salmo 99,2, che custodisce uno splendido invito: “servite il Signore nella gioia”. L’invito a tutti i popoli della terra a riconoscere l’unico Dio e a servirlo, cioè obbedire al suo disegno, che ha come centro l’uomo stesso. Il salmista invita a servirlo nella gioia, cioè con la gratitudine, l’esultanza di chi si riconosce amato e salvato da Dio. Sono parole che rivelano il senso della vita e della missione di una Chiesa locale e del suo Vescovo, come di ogni credente e di ogni uomo. Mons. Antonio vi riconosce la trama della propria vicenda umana e cristiana, della vocazione che il Signore ha voluto per lui, della missione che ne costituisce l’orizzonte.
La ricerca della gioia, infatti, muove sempre il cuore umano, sin dalla giovinezza, all’incontro, al rischio, all’esperienza, talvolta anche allo slancio del servizio. Ma solo la grazia di incontrare il Signore Gesù permette di scoprirne e gustarne la pienezza. E la letizia perfetta – come insegna San Francesco d’Assisi, riecheggiando Gc 1,2 – non è disgiunta dalla croce, che ci mostra l’infinito amore che Dio ha per noi.

 

Interpretazione

Il sole con le lettere IHS (Iesus Hominum Salvator) è esplicitamente ripreso dallo stemma di papa Francesco, quale segno di gratitudine per la sua paternità e, più ancora, per esprimere la centralità di Cristo, sole che sorge, non tramonta e che dà vita. Egli, il Cristo Signore, è “lumen gentium”, il cui fulgore non può essere vinto dalle tenebre del mondo. Il sole è in oro, primo tra i metalli nobili, quindi simbolo della prima tra le Virtù: la Fede. Infatti è tramite la Fede che ci abbandoniamo alla guida misericordiosa della luce che promana da Cristo e si riflette nell’universo.

Il monte, qui rappresentato in foggia araldica, oltre ad essere un rimando al contesto in cui il Vescovo è cresciuto, costituisce luogo fortemente evocativo dell’esperienza dell’incontro con Dio, luogo di trasfigurazione (icona venerata nel Seminario Regionale di Ancona, dove don Antonio ha prestato a lungo servizio); richiama il mistero pasquale, esperienza condivisa con famiglie e persone provate dal dolore e dalla morte.

Le due onde azzurre richiamano il fiume che bagna la città di Cremona, il Po. Inoltre, dal tempio di Cristo e della Chiesa (che coinvolge pienamente il Vescovo nella sua apostolicità) sgorga un fiume di grazia, perché “un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio” (Sal 45,5).

Il giglio, ripreso dallo stemma di Paolo VI, oltre ad onorare il Papa del Concilio Vaticano II, rimanda al nome Antonio (che significa anche: fiore) e all’esperienza scout che ha segnato il cammino umano e cristiano del Vescovo. Essendo da sempre simbolo di purezza, è anche un’immagine di chiaro significato mariano: “Eccomi, sono la serva del Signore”. (Luca 1,38). Paolo VI ha insegnato a venerare Maria come immagine e Madre della Chiesa, che a sua volta, come la luna, non vive di luce propria, ma riflette quella del suo Signore. Idea resa anche dalla differenza tra l’oro del sole e l’argento del giglio.

I colori delle campiture dello scudo sono: azzurro, colore che simboleggia l’incorruttibilità della volta celeste, le idealità che salgono verso l’alto, rappresentando quindi il distacco dai valori terreni e l’ascesa dell’anima verso Dio; argento, metallo che in araldica rappresenta la trasparenza, quindi la Verità e la Giustizia, doti che devono accompagnare quotidianamente lo zelo pastorale del Vescovo e rosso, il colore intenso dell’amore e del sangue, della Carità; l’amore senza limiti del Padre che ha inviato il Figlio ad offrirsi fino all’estremo e a versare il proprio sangue per la nostra redenzione. Dal punto di vista teologico-spirituale, azzurro e rosso esprimono il mistero umano-divino dell’Incarnazione e della salvezza, che incrocia anche visivamente nello stemma le realtà umane, simboleggiate da monti e fiumi, che si trasformano in luoghi dell’incontro con Dio e dell’esperienza della Sua grazia.

condividi su

Sessant’anni fa la scomparsa dell’arcivescovo Cazzani, tra i pastori più insigni della Chiesa che è in Cremona

Domenica 26 agosto 2012 è stato celebrato il sessantesimo anniversario della morte di mons. Giovanni Cazzani, arcivescovo di Cremona dal 1914 al 1952. Mons. Cazzani, originario di Samperone in provincia di Pavia, è unanimemente considerato uno dei pastori più insigni della Chiesa cremonese: apprezzatissimo per la vasta cultura e la sincera pietà, guidò con mano ferma e sapiente la diocesi nel mezzo di due guerre mondiale, della dittatura fascista e del difficile tempo della riconciliazione e della ricostruzione dopo la Liberazione dal giogo nazista. Particolarmente attento allo sviluppo dell’associazionismo cattolico e alla preparazione culturale e spirituale dei suoi sacerdoti, compì 6 visite pastorali, indisse 3 sinodi, scrisse 38 lettere pastorali.

 

Sacerdote a Pavia e a Ravenna

Giovanni Cazzani nasce a Samperone, provincia di Pavia, nei pressi della Certosa, il 4 marzo 1867, da una agiata famiglia di affittuari terrieri. Trascorre la sua infanzia ad Albuzzano, un piccolo centro rurale poco lontano, e nel 1878, a 11 anni, entra nel Seminario diocesano, dove resta fino al 1889, anno della sua ordinazione sacerdotale.

I primi dieci anni di ministero sono particolarmente intensi sia per il conseguimento di tre lauree (in Lettere e Filosofia presso l’università di Pavia e in Teologia alla Facoltà di Milano) e sia per i delicati incarichi di vicerettore e insegnante in Seminario. Non manca una significativa attività pastorale fatta di conferenze alle suore, predicazioni straordinarie e corsi di esercizi spirituali.

Nel 1899 Cazzani diviene segretario del vescovo, mons. Riboldi, e lo segue, due anni dopo, quando viene trasferito a Ravenna ed elevato alla porpora cardinalizia. Riboldi è il modello a cui Cazzani si ispira una volta divenuto lui stesso Vescovo: in vent’anni di episcopato a Pavia mons. Riboldi tenne otto sinodi e portò a termine otto volte la visita pastorale.

A Ravenna don Giovanni resta per tre anni: nel 1902, alla morte di Riboldi, egli torna in diocesi dove, a soli 35 anni, diviene rettore del Seminario. Un incarico che dura pochissimo: nel 1904 Cazzani è eletto vescovo di Cesena.

 

Vescovo a Cesena

Dell’espiscopato in terra romagnola si ricorda soprattutto l’impegno sociale: il giovane pastore invita i cattolici ad associarsi e a prendere parte alla vita politica e addirittura, nel 1907, scende in campo in prima persona durante le agitazioni agrarie. La lettera pastorale scritta in quella circostanza si segnala come uno degli interventi più equilibrati, ma anche chiari e coraggiosi, tanto che è ripresa da Giuseppe Toniolo con una edizione per l’Unione Popolare Cristiana ed è fatta propria, nella sostanza, dall’episcopato dell’Emilia Romagna, che pubblica un pronunciamento nella stessa linea e nello stesso tono. Cazzani, in quello scritto, dopo aver richiamato i lavoratori della terra sui loro doveri, ricordando anche i loro diritti (di associazione e di rivendicazione del dovuto), esorta i proprietari non solo a corrispondere il giusto salario ai propri dipendenti, ma addirittura ad amarli come se stessi.

Lo spesso culturale e spirituale del presule è notato da Papa Pio X che l’avrebbe voluto nei ranghi della Curia Romana. Il 16 dicembre 1914 Il suo successore, Benedetto XV, che ben lo conobbe al tempo del suo episcopato a Bologna, destina mons. Cazzani a Cremona, degno successore di Geremeia Bonomelli.

 

Vescovo a Cremona

L’11 aprile 1915, nel pieno della grande guerra, il vescovo Giovanni fa il suo ingresso in diocesi, preceduto da una lettera pastorale nella quale si possono scorgere i tratti fondamentali della sua azione nella nostra diocesi. In tale documento traspare anzitutto la sua fede radicata, la sua dedizione alla preghiera, la sua passione per la Parola di Dio, ma anche il suo zelo per la cura delle anime e la sua profonda cultura che fin da subito lo impone come un grande maestro di dottrina e un fine predicatore.

Dal carattere mite, ma estremamente fermo e chiaro, si contrappone al sindacalista Guido Miglioli quando esagera nei toni contro i proprietari terrieri, così come si oppone, con indomito coraggio, alla tracotanza fascita e alle minacce di Roberto Farinacci, ras indiscusso della città per tutto il tempo del Ventennio. Pur mostrando un profondo spirito di patria e una sincera lealtà alle autorità costituite, Cazzani manifesta sdegno e riprovazione quando è chiusa d’imperio l’Azione Cattolica, quando si minaccia l’educazione cristiana delle nuove generazioni o quando iniziano le persecuzioni contro gli ebrei. Particolarmente significativa è la lettera pastorale per la Quaresima del 1944 dove già egli vede oltre la guerra. Nel testo, lodato da tutto l’episcopato lombardo, egli prospetta una nuova serie di pericoli che, specie tra le classi meno abbienti, già sembrano profilarsi tanto nell’ambito religioso che in quello sociale. Tra quei pericoli elenca le insidie già serpeggianti «di un socialismo e di un comunismo ateo e materialista» non meno deprecabili, sul lato opposto, di quelle «del liberismo economico e del sistema capitalistico fondato su di esso». A tutto ciò contrappone le linee di una sana e autentica «riforma sociale cristiana».

Il giorno successivo alla liberazione d’Italia, il 26 aprile 1946, pubblica un Manifesto alla cittadinanza intonato alle parola d’ordine: «carità e pace». E come si prodigò per mitigare le violenze fascite così si impegna a contrastare le vendette dei partigiani invocando un «esercizio della giustizia che si compia nei modi e nelle forme convenienti a un popolo civile».

Per i suoi alti meriti ecclesiali e civili Pio XII, Il 25 maggio 1944, gli conferisce il titolo personale di arcivescovo.

Ma mons. Cazzani fu soprattutto “pastore d’anime”. Il suo zelo lo spinge a compiere ben sei visite pastorali: 1916, 1922, 1927, 1933, 1939 e 1944. Tre, invece, sono i sinodi diocesani indetti: il primo è celebrato nel 1921, dopo oltre 40 anni dal precedente, voluto da mons. Bonomelli nel 1880. In quella assise sono aggiornati gli strumenti di governo della diocesi anche alla luce del Codice di diritto canonico promulgano quattro anni prima. Il sinodo del 1933 è convocato per adeguare la legislazione ecclesiastica alle nuove condizioni create dal Concordato del 1929, mentre l’ultima assise, quella del 1951, appare come una semplice conferma delle due precedenti, salvo alcune norme richieste dalle nuove situazioni determinate dalla seconda guerra mondiale e dai primi anni del dopoguerra.

Tra le priorità pastorali di mons. Cazzani emergono la solida formazione dei seminaristi e la cura del presbiterio, lo sviluppo dell’Azione Cattolica e la promozione del laicato, la valorizzazione dei mezzi di comunicazione attraverso il nuovo settimanale diocesano «La Vita Cattolica», la stretta collaborazione con religiose e religiosi.

Mons. Cazzani è esemplare anche nell’attenzione ai poveri, soprattutto se carcerati. Nel 1949, in occasione della Perigrinatio Mariae, invita a generose offerte straordinarie per gli indigenti. Da parte sua, «non avendo denaro» offre in vendita per quello scopo la sua preziosa croce pettorale e l’annessa collana d’oro.

 

La testimonianza dell’avv. Groppali

Vale la pena citare il brano di una lettera dell’avvocato Beniamino Groppali indirizzata al vicario generale della diocesi, mons. Paolo Rota, all’indomani della morte di mons. Cazzani, avvenuta il 26 agosto 1952. Di seguito il testo preso dal volume “Giovanni Cazzani. La vita e l’episcopato cremonese” edito dalla NEC nel 2002 in occasione del cinquatesimo della morte e curato da don Andrea Foglia, storico e direttore dell’archivio diocesano.

«M.R. Monsignore, soltanto oggi ho appreso dai giornali la dolorosa notizia della morte del nostro amato Arcivescovo, che mi ha profondamente turbato e commosso. Con lui scompare una delle più luminose figure della Chiesa, con lui che fu veramente il degno continuatore degli insigni vescovi che lo hanno preceduto. Alla profonda sapienza e alla sconfinata cultura, univa la mite, serena vigilante bontà del santo, per cui poteva in ogni evento eccellere su tutti, e segnare sicuro la vita della giustizia e della salvezza. Se Cremona si sottrasse alla rovina, nelle epiche giornate della Liberazione, lo si deve alla sua sagacia, al suo coraggio e al suo fascino personale. Le omelie da lui pronunciate nelle sacre ricorrenze erano pagine di rara e appassionata eloquenza, e, dal pulpito della Cattedrale di Cremona, la sua parola, ricca di dottrina e di profonda umanità, correva per le città d’Italia, ad infondere forza e coraggio e nuova vigoria nella fede. Colla sua vita intemerata, coi suoi costumi austeri, colla incessante dedizione ad ogni opera di carità e di pietà, egli si è eretto un monumento aere perennius, e la sua memoria resterà dolce e profonda in ogni cuore, mentre il grande paterno spirito continuerà dall’alto a proteggere la diletta città».

Mons. Cazzani riposa nella cripta della Cattedrale a pochi metri dall’urna che contiene le reliquie di Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi.

 

Uno stralcio del testamento spirituale di mons. Cazzani

«… Chiedo perdono a Dio di ogni mia infedeltà, come di cuore chiedo perdono a tutti coloro ai quali, comunque fosse, anche inconsapevolmente avessi recato danno, offesa, disgusto e scandalo. In particolare al mio Clero e al mio popolo diletto chiedo perdono d’ogni mio difetto di vigilanza, di sollecitudine pastorale, di correzione e di energia, o di pazienza e di carità. E perdono di cuore e imploro la divina misericordia a chiunque, in qualunque modo, mi avesse recato offesa o dolore. Mi raccomando alle preghiere di tutti e specialmente dei miei sacerdoti. A tutti ripeto, come vorrei ripetere dal letto di morte, la più viva raccomandazione di star sempre fermi nella professione e nella pratica coerente della fede cattolica romana, e nella devozione filiale e obbedienza sincera al Romano Pontefice; di amare e frequentare e promuovere la dottrina cristiana, di sostenere e promuovere in miglior maniera l’opera delle Vocazioni ecclesiastiche, il Seminario Diocesano e l’Azione Cattolica, e tutte le istituzioni per l’educazione cristiana della gioventù. Al Clero, in particolare, raccomando la pietà, la severa illibatezza del costume, il disinteresse e lo spirito di sacrificio e di disciplina e, soprattutto, la fraterna carità e concordia nell’unione cordiale al Papa e al Vescovo…».

+ Giovanni Cazzani, arcivescovo

 

Per approfondire la figura

Per approfondire la figure di questo insegne vescovo si possono consultare: “Giovanni Cazzani. La vita e l’episcopato cremonese” edito dalla Nuova Editrice Cremonese nel 2002 e curato da don Andrea Foglia o il libro “Diocesi di Cremona” edito dall’editrice La Scuola nel 1998 e in particolare il capitolo curato da mons. Giuseppe Gallina: “La diocesi di Cremona e l’episcopato di mons. Giovanni Cazzani dall’inizio della prima guerra mondiale agli anni del secondo dopoguerra” (pagg. 369-404).

condividi su

Deceduto il sacerdote cassanese don Vincenzo Gatti del clero ambrosiano

Fu ordinato a Cremona nel 1962, ma poi si incardinò nella diocesi di Milano dove divenne direttore della Scuola del Beato Angelico

Domenica 27 dicembre, festa della Sacra Famiglia, è deceduto don Vincenzo Gatti, sacerdote cassanese, classe 1935, ordinato a Cremona nel 1962, ma appartenente al clero della diocesi di Milano. Licenziato in teologia e laureato in liturgia, era direttore della Fondazione Scuola Beato Angelico di Milano.

Continua a leggere »

condividi su

“Scegliere per capire”: dal 3 al 5 gennaio in Seminario una due-giorni dedicata al tema della scelta

L’iniziativa è proposta dal Centro diocesano vocazioni per i ragazzi che stanno affrontando l’ultimo anno delle scuole superiori

“Scegliere per capire”: questo il titolo dell’iniziativa proposta dal Centro diocesano vocazioni per i ragazzi che stanno affrontando l’ultimo anno delle scuole superiori e che, a breve, si troveranno davanti alla necessità di fare una scelta grande e importante. Si tratta di una due-giorni, in agenda dal 3 al 5 gennaio, incentrata proprio sul tema della scelta.

I ragazzi sono attesi per le ore 19 di domenica 3 gennaio in Seminario. La recita comunitaria del Vespro darà inizio a questa esperienza spirituale. Nella giornata di lunedì 4 proseguiranno le attività con un momento di ritiro che si concluderà con la celebrazione comunitaria della Messa. Infine, nella mattinata del 5 gennaio ci sarà spazio per un momento di condivisione dei sentimenti e delle riflessioni maturate in ciascuno.

condividi su

Emozionante incontro dei giovani di Caravaggio con Papa Francesco

Il saluto davanti a Casa Santa Marta in Vaticano dopo l'Angelus del 1° gennaio

La Parrocchia di Caravaggio dal 30 dicembre al 2 gennaio ha organizzato un pellegrinaggio nella Città Eterna a cui ha partecipato un bel gruppo di giovani e giovanissimi accompagnati dal vicario don Umberto Zanaboni. Durante questo viaggio, il gruppo ha avuto modo di visitare i grandi resti della classicità romana, a partire dal Colosseo fino ai Fori Imperiali. La visita è proseguita ammirando la chiesa di San Filippo Neri, quindi i Musei Vaticani, fino a partecipare alla celebrazione del Te Deum col Santo Padre per l’ultimo giorno dell’anno.

Continua a leggere »

condividi su

Nella festa di S. Stefano il ricordo dei martiri cristiani di oggi

L'ultimo rapporto di «Aiuto alla Chiesa che soffre» (Acs) sulla persecuzione anticristiana rivela che il numero di Stati classificati come di «estrema» persecuzione è salito da sei a dieci.

Nella festa di Santo Stefano, primo martire della storia cristiana, ricordiamo con riconoscenza quanti, per il semplice fatto di essere cristiani, sono stati perseguitati e uccisi in tante parti del mondo. Fra qualche giorno l’agenzia Fides – dal 1927 organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie – pubblicherà l’elenco degli operatori pastorali martirizzati nel 2015: l’anno passato sono stati 26, eppure sono migliaia i cristiani trucidati ogni anno nel silenzio e nell’indifferenza generale non solo dell’autorità internazionali, ma anche degli stessi fratelli di fede. Il Santo Padre Francesco nel tradizionale messaggio natalizio “Urbi et Orbi” ha detto: «Ai nostri fratelli, perseguitati in tante parti del mondo a causa della fede, il Bambino Gesù doni consolazione e forza. Sono i nostri martiri di oggi».

L’ultimo rapporto di «Aiuto alla Chiesa che soffre» (Acs) sulla persecuzione anticristiana rivela che il numero di Stati classificati come di «estrema» persecuzione è salito da sei a dieci. A Cina, Eritrea, Iran, Arabia Saudita, Pakistan e Corea del Nord si sono infatti aggiunti Iraq, Nigeria, Sudan e Siria, tutti Paesi segnati dall’ascesa dell’estremismo islamico, che si conferma una delle principali minacce alla comunità cristiana.

Oltre alla Siria e al caso iracheno – in cui oltre 120mila cristiani sono stati costretti a scegliere se convertirsi o morire dallo Stato Islamico (Is) – da segnalare la Nigeria, dove gli estremisti di Boko Haram hanno costretto alla fuga 100mila cristiani della sola diocesi di Maiduguri, nella quale sono state distrutte 350 chiese.

L’Africa in generale, considerata finora la speranza più brillante per la Chiesa del futuro, sta subendo l’avanzata di gruppi fondamentalisti anche in Kenya, Tanzania, Sudan e altri Paesi. E laddove non operano gli estremisti, ci pensano le autorità e le severe leggi locali. Come non ricordare il caso della cristiana sudanese Meriam Ibrahim, condannata a morte per apostasia, costretta a partorire in carcere e rilasciata solo dopo una campagna internazionale. In Eritrea, poi, si ritiene che vi siano fino a 3mila detenuti – in maggioranza cristiani – imprigionati per motivi religiosi.

Preoccupano anche altri oltranzismi. In India i movimenti nazionalisti indù hanno compiuto molti attacchi contro i cristiani e lo stesso arcivescovo di Ranchi, il cardinale Telesphore Toppo, è stato minacciato di morte. Nello Sri Lanka, invece, sono stati gli estremisti buddisti a distruggere o causare la chiusura di molte chiese (165 in due anni). In crescita sono anche gli attacchi in Israele, peraltro unico Paese mediorientale in cui la popolazione cristiana è in crescita.

Tornando all’Asia, emblematico è il buco nero nordcoreano, dove nel marzo 2014 Kim Jong-un ha ordinato l’esecuzione di 33 cristiani, accusati di essere delle spie. Inoltre si stima che il regime di Pyongyang abbia fatto finire almeno il 10% dei circa 400mila cristiani in campi di lavoro in cui subiscono torture, omicidi, stupri, esperimenti medici. In Pakistan resta in carcere, dopo la condanna a morte per apostasia, la cristiana Asia Bibi, nonostante i molti appelli a suo favore. In Vietnam il decreto 92 obbliga i gruppi religiosi ad ottenere dei permessi per incontri religiosi e i sacerdoti a partecipare a programmi di educazione. E la nuova legge sulla religione – prevista per fine 2015-2016 – potrebbe comportare nuove restrizioni. In Cina il 2014 è stato uno degli anni peggiori per i cristiani, con 449 leader religiosi imprigionati. Il 2015 è stato invece caratterizzato da oltre 650 aggressioni nella provincia di Zeijang, tra cui la distruzione totale o parziale di numerose chiese.

Il rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre considera inoltre alcuni Paesi con abusi meno gravi ma che preoccupano. In Russia, ad esempio, la legge è severa nei confronti dei cristiani e molte comunità religiose non hanno potuto registrare le proprie chiese. In Turchia, invece, i cristiani sono tuttora considerati cittadini di seconda classe e temono fortemente l’ascesa del fondamentalismo all’interno di una realtà anche qui sempre più problematica.

condividi su

Famiglie in sofferenza? Un corso dedicato ai sacerdoti

Cinque incontri al Centro pastorale con la dott. Elsa Belotti che permetteranno di trasformare lo sguardo dei pastori della comunità sulle situazioni in crisi

Un corso dedicato esclusivamente ai sacerdoti per aiutarli a trasformare il proprio sguardo sulle tante situazioni familiari di sofferenza. È questa una nuova iniziativa dell’ufficio di pastorale familiare guidato da don Giuseppe Nevi che si terrà tra febbraio 3 e marzo 2016 presso il Centro Pastorale diocesano. «Dopo il Sinodo della famiglia che ha affrontato tra i tanti temi anche quello delle coppie in difficoltà – spiega don Nevi -, mi è sembrato doveroso offrire delle occasioni per interrogarsi personalmente, come pastori, sulle attitudini da maturare in questo campo. D’altra parte il contesto civile, culturale ed ecclesiale in cui siamo immersi ci obbliga a cercare risposte che aiutino davvero le coppie e le famiglie in crisi».

Continua a leggere »

condividi su

Accanto alla tomba di mons. Cazzani un totem con le principali notizie sulla sua vita

L'arcivescovo resse la Chiesa cremonese dal 1914 al 1952. Il 17 marzo 2015 il nulla osta della Congregazione per le Cause dei Santi a procedere per sua la causa di beatificazione

Il 17 marzo 2015 la Congregazione per le Cause dei Santi ha dato il nulla osta a procedere per la causa di beatificazione del servo di Dio mons. Giovanni Cazzani, arcivescovo che resse la Chiesa cremonese dal 1914 sino alla morte, nel 1952. Mentre ha preso avvio l’iter, la Chiesa cremonese è invitata a pregare perché possano essere riconosciute le virtù eroiche di questo vescovo, perché il suo nome possa essere iscritto tra quello dei beati e dei santi. Continua a leggere »

condividi su

Gli auguri del vescovo Dante: «Non c’era posto per loro!»

Il forte messaggio alla diocesi dell'amministratore apostolico in occasione delle imminenti feste natalizie

Pubblichiamo il messaggio dell’amministratore apostolico della diocesi di Cremona, mons. Dante Lafranconi in occasione delle imminenti feste natalizie.

Questo è l’ultimo Natale che celebro con voi come vescovo della Chiesa di Dio che è in Cremona. Come certamente saprete il prossimo 30 Gennaio accoglieremo con gioia e trepidazione il nostro nuovo pastore, mons. Antonio Napolioni, proveniente dalla diocesi di Camerino-San Severino Marche. A lui indirizziamo il nostro augurio, il nostro pensiero, la nostra preghiera.

Continua a leggere »

condividi su