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Adoratrici, deceduta la missionaria suor Fausta Beretta

La mattina di martedì 26 novembre, al termine di una tormentata malattia, è salita alla Casa del Padre suor Fausta Beretta, 69 anni, religiosa dell’Istituto delle Adoratrici del SS. Sacramento, missionaria, molto nota in diocesi ma non solo.

Nata a Cenate Sopra, in provincia di Bergamo, nel 1950, suor Fausta si trasferì giovanissima con la sua famiglia a San Paolo d’Argon, comune che dieci anni fa gli conferì un pubblico riconoscimento per il suo intenso e faticoso servizio in Africa.

Entrata nel 1970 nelle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda, negli anni della sua formazione ebbe modo di conoscere molte comunità della diocesi cremonese, tra cui Cassano d’Adda, dove la notizia del suo decesso è stata accolta con particolare emozione.

Nel 1982 suor Fausta partì per la sua prima esperienza in terra di missione, giungendo nell’allora Zaire, dove rimase per diciotto faticosi, pericolosi ma fecondi anni.

Tornò in Italia nel 2000 per occuparsi, a Como, dell’aiuto alle ragazze di strada.

Due anni più tardi, su richiesta di un vescovo locale, tornò in Africa, in Camerun,  fondando la missione di Ndoumbi, dove insegnò e si dedicò ai più giovani.

La malattia la costrinse al ritorno in Italia. È spirata serenamente presso a Rivolta, assistita e confortata dalle consorelle, dopo un periodo di sofferenza vissuta nella certezza dell’abbraccio finale con lo sposo.

I funerali nel pomeriggio di giovedì 28 novembre, alle 14.30, presso la chiesa di Casa Madre.

Non verranno certo dimenticati il suo ottimismo, la sua forte fede e la sua contagiosa simpatia. Resta di lei una forte testimonianza di cristianesimo vissuto: «Con l’aiuto e la forza di tanti, è possibile fare grandi cose – era solita dire – la condivisione delle fatiche significa fare meno fatica da soli».

Marco Galbusera
TeleRadio Cremona Cittanova
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Il Papa e le vittime del triplice disastro: l’indifferenza si vince con la compassione

A Tokyo, nel suo terzo giorno in Giappone, Papa Francesco incontra le vittime del terremoto, lo tsunami e l’incidente nucleare dell’11 marzo 2011, chiede di non dimenticare i 50mila ancora senza casa e di ripensare l’uso dell’energia nucleare, scegliendo “uno stile di vita umile e austero”

Per ricordare un disastro che è stato ribattezzato “triplice”, terremoto, tsunami e incidente nucleare, e le oltre 18mila persone che l’11 marzo 2011 e nei giorni e negli anni successivi hanno perso la vita, la prima parola di Papa Francesco è pregare in silenzio. “Una preghiera che ci unisca e ci dia il coraggio di guardare avanti con speranza”. E il silenzio scende nell’auditorium del Bellesalle Hanzomon, il centro convegni di Tokyo, dove il Papa incontra, nel suo penultimo giorno in Giappone, più di 800 vittime di quel disastro che ha cambiato la storia del Paese.

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Alle 14.46 una scossa in fondo al mare di magnitudo 9

Nel silenzio la mente torna alle 14.46 di quel giorno terribile, quando una scossa di magnitudo 9, al largo delle coste nord-orientali del Giappone, nella regione di Tohoku, a 30 chilometri di profondità, fa tremare la terra e provoca uno tsunami con onde più alte di 10 metri (fino a 40 nella città di Miyako, nella prefettura di Iwate). Le onde distruggono anche i generatori di emergenza della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, provocando tre esplosioni nucleari e un incidente di livello 7 (il più alto) nella scala internazionale. Gli sfollati furono 470 mila sfollati, e 50 mila sono ancora oggi in senza sistemazione definitiva.

Toshiro: ritrovata la speranza vedendo chi ci aiuta

Francesco sul podio saluta 10 vittime e poi ascolta tre testimonianze. Toshiro Kato è direttrice di un asilo cattolico proprio a Miyako, la città colpita dalle onde record. Una bambina del suo asilo è morta mentre tornava a casa, la sua casa è stata spazzata via dallo tsunami, come la diga costruita intorno alla città come barriera per fermare le onde. Ho capito, spiega “che gli esseri umani non possono vincere la natura e che la sua potenza e saggezza ci è necessaria”. Tra le macerie della sua casa ha ringraziato per il dono della vita e oggi può dire che “attraverso questo terremoto, ho ricevuto di più di quanto ho perso”, perché ha ritrovato la speranza “nel vedere che le persone si uniscono per aiutarsi a vicenda”. Ma ancora molto c’è da fare, perché ”se non fai nulla, il risultato è zero, ma se fai un passo, avanzerai un passo”.

Matsuki: Il Paese ha smesso di preoccuparsi per gli sfollati

Toccante è anche la testimonianza di Matsuki Kamoshita, che al momento del disastro nucleare di Fukushima aveva 8 anni, e viveva a Inaki. Racconta la sua fuga verso Tokyo con la madre e il fratellino di tre anni, che piangeva nascosto sotto le lenzuola, mentre il padre, insegnante, tornava coraggiosamente a Fukushima per proteggere i suoi studenti. Parla del bullismo di cui è stato vittima perché sfollato e denuncia che “il Paese ha rinunciato a preoccuparsi degli sfollati”, anche se i materiali radioattivi, dopo otto anni “stanno ancora emettendo radiazioni”. “Gli adulti – dice – hanno la responsabilità di spiegare, senza nascondere nulla, le conseguenze dell’esposizione alla radiazioni e i futuri possibili danni”. “Non voglio  – è la sua drammatica richiesta – che muoiano prima di noi, avendo mentito o non ammettendo la verità”. Per favore, è il suo appello al Papa, “preghi affinché coloro che hanno il potere trovino il coraggio di seguire un’altra strada”. E preghi con noi “affinché in tutto il mondo si lavori per eliminare dal nostro futuro la minaccia dell’esposizione alle radiazioni”.

Guarda il video integrale dell’incontro

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La preghiera silenziosa per le 18 mila vittime

Il Pontefice abbraccia Matsuki a lungo, in un momento di intensa commozione, e quando prende la parola, ringrazia lui, Toshiro e il sacerdote buddista Tokuun, “per aver espresso con le vostre parole e con la vostra presenza la tristezza e il dolore sofferti da tante persone, ma anche la speranza aperta ad un futuro migliore”. E risponde al suo invito di unirsi alle vittime in preghiera.

Facciamo un momento di silenzio e lasciamo che la nostra prima parola sia pregare per le oltre diciottomila persone che hanno perso la vita, per le loro famiglie e per coloro che sono ancora dispersi. Una preghiera che ci unisca e ci dia il coraggio di guardare avanti con speranza.

Un sostegno che, otto anni dopo, va prolungato

Dopo il silenzio, Papa Francesco ringrazia le amministrazioni locali e tutti coloro che si prodigano nella ricostruzione e per alleviare la situazione delle oltre 50mila persone evacuate che sono ancora senza una vera casa. Si dice grato per chi, con prontezza, si è mobilitato per soccorrere “le popolazioni colpite con la preghiera e l’assistenza materiale e finanziaria”, ma chiede che l’azione sia prolungata e sostenuta, perché “alcuni di coloro che vivevano nelle aree colpite ora si sentono dimenticati e non pochi devono affrontare continui problemi: terreni e foreste contaminati e gli effetti a lungo termine delle radiazioni”.

Nessuno si ricostruisce da solo, servono mani amiche

Il Papa si appella così “alle persone di buona volontà perché le vittime di queste tragedie continuino a ricevere l’aiuto di cui hanno tanto bisogno”. La ricostruzione, spiega, “richiede di sperimentare la solidarietà e il sostegno di una comunità”, perché “nessuno si ‘ricostruisce’ da solo; nessuno può ricominciare da solo”. È essenziale “trovare una mano amica, una mano fraterna”.

Otto anni dopo il triplice disastro, il Giappone ha dimostrato come un popolo può unirsi in solidarietà, pazienza, perseveranza e resistenza. La strada per un pieno recupero può essere ancora lunga, ma è sempre possibile se può contare sull’anima di questa gente capace di mobilitarsi per soccorrersi e aiutarsi a vicenda.

Siamo una famiglia, se uno soffre, tutti soffriamo

L’ invito di Francesco a tutti i giapponesi è “ad andare avanti ogni giorno, a poco a poco, per costruire il futuro basato sulla solidarietà e l’impegno reciproco, per voi, i vostri figli e nipoti, e per le generazioni a venire”. Il Pontefice ricorda quanto gli ha chiesto il secondo testimone, il sacerdore buddista Tokuun Tanaka: come rispondere ad altri importanti problemi che ci riguardano ovvero guerre, rifugiati, alimentazione, disparità economiche e sfide ambientali. “È un grave errore” sottolinea, pensare che possano essere affrontati “in maniera isolata senza considerarli come parte di una rete più ampia”, perché tutto è interconnesso. Il primo passo, chiarisce Papa Francesco, “oltre a prendere decisioni coraggiose e importanti” “sulle future fonti di energia”, è lavorare e camminare “verso una cultura capace di combattere l’indifferenza”.

“ Uno dei mali che più ci colpiscono sta nella cultura dell’indifferenza. Urge mobilitarsi per aiutare a prendere coscienza che se un membro della nostra famiglia soffre, tutti soffriamo con lui; perché non si raggiunge una interconnessione se non si coltiva la saggezza dell’appartenenza, l’unica capace di assumere i problemi e le soluzioni in modo globale. Apparteniamo gli uni agli altri. ”

I vescovi del Giappone “chiedono l’abolizione del nucleare”

Il Papa si sofferma quindi a ricordare l’incidente nucleare di Daiichi a Fukushima “e le sue conseguenze”, e sottolinea che oltre  “alle preoccupazioni scientifiche o mediche, c’è anche il lavoro immenso per ripristinare il tessuto della società”. Vanno ristabiliti i legami sociali e va condivisa la preoccupazione dei “fratelli vescovi del Giappone” “per il prolungarsi dell’uso dell’energia nucleare, per cui hanno chiesto l’abolizione delle centrali nucleari”. Perché ricorda Francesco, il progresso tecnologico non può essere “la misura del progresso umano”. Va quindi ridiscusso, come il Pontefice ha già chiesto nell’enciclica “Laudato sì” il “paradigma tecnocratico”, ed è importante “fare una pausa e riflettere su chi siamo e, forse in modo più critico, su chi vogliamo essere”. Domandarci: “che tipo di mondo, che tipo di eredità vogliamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi?”.

La nostra responsabilità verso le generazioni future

Con la “saggezza e l’esperienza degli anziani, insieme all’impegno e all’entusiasmo dei giovani”, è necessario allora per Papa Francesco “plasmare una visione diversa”, “che aiuti a guardare con grande rispetto il dono della vita e la solidarietà con i nostri fratelli e sorelle nell’unica, multietnica e multiculturale famiglia umana”.

Quando pensiamo al futuro della nostra casa comune, dobbiamo renderci conto che non possiamo prendere decisioni puramente egoistiche e che abbiamo una grande responsabilità verso le generazioni future. In tal senso, ci è chiesto di scegliere uno stile di vita umile e austero che risponda alle urgenze che siamo chiamati ad affrontare.

La compassione è la strada per trovare speranza nel futuro

Il Papa conclude ricordando che, nel lavoro “di recupero e ricostruzione dopo il triplice disastro, molte mani devono stringersi e molti cuori devono unirsi come se fossero una cosa sola”. Così “quanti hanno sofferto riceveranno sostegno e sapranno di non essere stati dimenticati”, e sapranno che molte persone, “condividono il loro dolore e continueranno a tendere una mano fraterna per aiutare”. Possa, è l’augurio finale di Francesco la compassione di chi ha cercato di alleggerire il peso delle vittime “essere la strada che permetta a tutti di trovare speranza, stabilità e sicurezza per il futuro”.

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Un nuovo documento per la formazione alla vita contemplativa

Sarà presentato a Roma il prossimo 21 novembre il nuovo documento sulla formazione della vita monastica. L'arte della ricerca del volto di Dio, questo il titolo del testo. Per l'occasione un convegno e oltre 300 monache

“L’arte della ricerca del volto di Dio” è il nuovo documento sulla formazione della vita monastica che sarà presentato il 21 novembre a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, proprio nella Giornata Pro Orantibus in cui la Chiesa in tutto il mondo celebra il dono della vita contemplativa. Trecento monache, da tutta Italia ma anche da Paesi come l’Albania, la Romania e persino da Betlemme, sono attese al Convegno per approfondire il tema della formazione intesa come “arte” della ricerca, tensione continua verso una crescita umana e spirituale. L’arte della ricerca del volto di Dio vuole essere uno strumento che aiuti la persona a vivere in armonia la relazione con Dio, con il prossimo e con il mondo. Si legge nel documento: “La formazione deve prevedere una sana ed equilibrata informazione che apra all’umanità intera, specialmente quella che soffre. La contemplativa è chiamata ad abitare la storia coltivando lo sguardo interiore”. Continua a leggere »

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Giornata “pro orantibus”, il 21 novembre appuntamento a S. Sigismondo

L'incontro, aperto a tutti, alle 16.30 nella chiesa monastica delle Domenicane, in unione spirituale con il Monastero della Visitazione di Soresina

Nello giorno in cui si fa memoria della presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, la Chiesa invita a pregare per le donne chiamate dal Signore alla vita contemplativa. Le claustrali sono, per il mondo intero, preziose tramite con il Padre. Il loro silenzio orante insegna come l’ascolto e la preghiera siano lo strumento più efficace per operare un discernimento ineccepibile. Attraverso di essi diventa più facile comprendere la realtà, prendere decisioni e compiere azioni, senza soccombere passivamente a “ciò che capita”. Continua a leggere »

TeleRadio Cremona Cittanova
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Festa con le Figlie di San Camillo, maestre di cura e tenerezza

Nella mattinata di domenica 27 ottobre a Sant'Ambrogio il vescovo Napolioni ha presieduto la Messa di ringraziamento per la canonizzazione della fondatrice dell’Istituto, madre Giuseppina Vannini

Una gioiosa celebrazione di ringraziamento per la canonizzazione della fondatrice dell’Istituto delle Figlie di San Camillo, madre Giuseppina Vannini, si è tenuta nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio in Cremona nella mattinata di domenica 27 ottobre. Dopo la canonizzazione, avvenuta il 13 ottobre scorso, questo momento è stato occasione per festeggiare la proclamazione della nuova santa con quanti prestano servizio presso la casa di cura cittadina (situata proprio poco distante dalla chiesa), la parrocchia e tutti gli amici della comunità.

A presiedere l’eucarestia il vescovo di Cremona mons. Antonio Napolioni insieme al vescovo emerito Dante Lafranconi e il parroco don Carlo Rodolfi con molti diversi presbiteri concelebranti.

Alla Messa ha preso parte, naturalmente, la comunità delle Figlie di San Camillo di Cremona con la superiora, madre Anna Ucci, che all’inizio della celebrazione ha preso la parola.

Il vescovo Napolioni nell’omelia ha ripercorso le vicende della vita di madre Vannini e ha voluto collegarla all’episodio evangelico letto nel Vangelo del giorno che vede protagonisti un fariseo e un pubblicano pregare insieme nel tempio: «Gesù disse questa parabola per chi si sente giusto e disprezza gli altri, ma la via cristiana non è quella dei cristiani sul piedistallo e con il dito puntato, con ideologie o retoriche. I luoghi del dolore non hanno né passaporti né tessere di partito, ma si entra perché bisognosi di cure e di tenerezza: questo è quello che le Figlie di San Camillo mettono in pratica anche a Cremona da oltre un secolo».

L’augurio al termine dell’omelia è stato che: «oggi è bellissimo sperimentare dopo tanto tempo che questo carisma è vivo in tante persone nel mondo e speriamo che ci siano sempre donne come voi che sappiano testimoniarci che chi si umilia sarà esaltato».

All’offertorio, insieme al pane e al vino, è stata portata anche una valigetta del pronto soccorso, quale dono all’oratorio parrocchiale.

La celebrazione è stata animata con il canto da un grande coro composto dai membri del coro parrocchiale insieme alla cappella della casa di cura, diretti da Michele Bolzoni e accompagnati da due trombe e Marco Granata all’organo.

Al termine dell’Eucarestia, dopo i ringraziamenti del parroco don Carlo Rodolfi, e il bacio alla reliquia della nuova santa, la mattinata di festa è proseguita con un ricco momento di condivisione conviviale.

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Matteo Lodigiani
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Al Monastero di Soresina aperto dal vescovo emerito Lafranconi l’Anno giubilare visitandino

Mons. Lafranconi: Oggi tendere alla santità significa essere fedeli nel quotidiano»

Si è aperto ufficialmente mercoledì 16 ottobre l’Anno giubilare per il centesimo anniversario della canonizzazione di santa Margherita Maria Alacoque e il Monastero della Visitazione di Soresina lo ha festeggiato con la Messa delle 18 presieduta dal vescovo emerito di Cremona Dante Lafranconi. Un’apertura che è un primo passo, in questo anno alacoquiano, per far conoscere al mondo il carisma visitandino e, in particolare, l’amore del Sacro Cuore di Gesù. Continua a leggere »

Annalisa Tondini
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Madre Agostina Moscheni, un libro sulla soresinese missionaria del Sacro Cuore di Gesù

Nel pomeriggio di domenica 20 ottobre alle 17.30 la presentazione al Monastero della Visitazione

Nata a Soresina quasi centosettant’anni fa, fondò l’Istituto religioso delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù insieme a madre Francesca Saverio Cabrini, che la Chiesa venera come santa e che ha insignito del titolo di patrona dei migranti. Lei è madre Agostina Moscheni e la sua figura è stata recentemente riscoperta grazie a un’approfondita ricerca d’archivio promossa dalla famiglia. Proprio lo studio condotto dall’archivista parrocchiale, prof. Emilia Cominetti, ha portato a raccogliere le vicende della religiosa soresinese in un libro che sarà presentato nel pomeriggio di domenica 20 ottobre alle 17.30 presso il Monastero della Visitazione di Soresina. Continua a leggere »

Annalisa Tondini
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San Luca, le reliquie dell’Evangelista esposte nella chiesa dei Barnabiti a Cremona

Le reliquie esposte alla venerazione dei fedeli dal 18 al 20 ottobre. Sabato alle 18 la messa presieduta da mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano

Un’antica urna che dai documenti risulta essere stata donata nel 1505 da Iacobus Cambius, uno dei fratelli Cambi, orefici, meglio conosciuti come “i bombarda”, contiene un cranio che la tradizione vuole essere stato quello di San Luca evangelista. Siamo in corso Garibaldi nella chiesa dedicata a chi, come racconta Dante, fu lo “scriba mansuetudinis Christi”. La dedicazione della chiesa la presenza di questo antichissimo reliquiario sono il motivo dei festeggiamenti che ogni anno, il 18 ottobre, vedono protagonista “il caro medico”.

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TeleRadio Cremona Cittanova
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Giuseppina Vannini, una vita per i malati

Fondatrice delle Figlie di San Camillo, la nuova Santa riuscirà tardi a realizzare la sua vocazione, ma lo farà in modo straordinario: in soli 19 anni, infatti, la famiglia femminile dedita alla cura dei malati si consoliderà in tutto il mondo

Irrompe presto, nella vita di madre Giuseppina Vannini, anzi, di Giuditta – così l’avevano chiamata i suoi genitori – la chiamata del Signore, ma rispondere sì al suo sposo si rivelerà più difficile del previsto. Tanto, infatti, dovrà soffrire prima di realizzare il suo sogno: vestire finalmente il velo da religiosa. Continua a leggere »

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Madre Vannini, la sofferenza è vinta solo dall’amore

La fondatrice delle Figlie di San Camillo, figlia della Città eterna e romana doc, canonizzata perché ha mostrato la santità della Chiesa divenendone segno e frutto tra i più maturi ed eloquenti. La postulatrice suor Bernardette Rosoni sottolinea che “la sua è stata una carità molto larga, verso tutti”

Nella città eterna, piazza san Pietro ha il ruolo privilegiato di offrirsi al mondo come cassa di risonanza di tutte quelle parole che Dio pronuncia con la vita dei suoi santi. Così anche in occasione della canonizzazione di madre Giuseppina Vannini che, come il card. Newman ed altri beati, ha mostrato la santità della Chiesa divenendone segno e frutto tra i più maturi ed eloquenti. Continua a leggere »

AgenSir
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