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Festa con le Figlie di San Camillo, maestre di cura e tenerezza

Una gioiosa celebrazione di ringraziamento per la canonizzazione della fondatrice dell’Istituto delle Figlie di San Camillo, madre Giuseppina Vannini, si è tenuta nella chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio in Cremona nella mattinata di domenica 27 ottobre. Dopo la canonizzazione, avvenuta il 13 ottobre scorso, questo momento è stato occasione per festeggiare la proclamazione della nuova santa con quanti prestano servizio presso la casa di cura cittadina (situata proprio poco distante dalla chiesa), la parrocchia e tutti gli amici della comunità.

A presiedere l’eucarestia il vescovo di Cremona mons. Antonio Napolioni insieme al vescovo emerito Dante Lafranconi e il parroco don Carlo Rodolfi con molti diversi presbiteri concelebranti.

Alla Messa ha preso parte, naturalmente, la comunità delle Figlie di San Camillo di Cremona con la superiora, madre Anna Ucci, che all’inizio della celebrazione ha preso la parola.

Il vescovo Napolioni nell’omelia ha ripercorso le vicende della vita di madre Vannini e ha voluto collegarla all’episodio evangelico letto nel Vangelo del giorno che vede protagonisti un fariseo e un pubblicano pregare insieme nel tempio: «Gesù disse questa parabola per chi si sente giusto e disprezza gli altri, ma la via cristiana non è quella dei cristiani sul piedistallo e con il dito puntato, con ideologie o retoriche. I luoghi del dolore non hanno né passaporti né tessere di partito, ma si entra perché bisognosi di cure e di tenerezza: questo è quello che le Figlie di San Camillo mettono in pratica anche a Cremona da oltre un secolo».

L’augurio al termine dell’omelia è stato che: «oggi è bellissimo sperimentare dopo tanto tempo che questo carisma è vivo in tante persone nel mondo e speriamo che ci siano sempre donne come voi che sappiano testimoniarci che chi si umilia sarà esaltato».

All’offertorio, insieme al pane e al vino, è stata portata anche una valigetta del pronto soccorso, quale dono all’oratorio parrocchiale.

La celebrazione è stata animata con il canto da un grande coro composto dai membri del coro parrocchiale insieme alla cappella della casa di cura, diretti da Michele Bolzoni e accompagnati da due trombe e Marco Granata all’organo.

Al termine dell’Eucarestia, dopo i ringraziamenti del parroco don Carlo Rodolfi, e il bacio alla reliquia della nuova santa, la mattinata di festa è proseguita con un ricco momento di condivisione conviviale.

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Al Monastero di Soresina aperto dal vescovo emerito Lafranconi l’Anno giubilare visitandino

Si è aperto ufficialmente mercoledì 16 ottobre l’Anno giubilare per il centesimo anniversario della canonizzazione di santa Margherita Maria Alacoque e il Monastero della Visitazione di Soresina lo ha festeggiato con la Messa delle 18 presieduta dal vescovo emerito di Cremona Dante Lafranconi. Un’apertura che è un primo passo, in questo anno alacoquiano, per far conoscere al mondo il carisma visitandino e, in particolare, l’amore del Sacro Cuore di Gesù.

Introducendo la celebrazione il parroco don Angelo Piccinelli ha inquadrato questo eccezionale momento concesso da papa Francesco all’Ordine della Visitazione, ma anche a tutte le comunità che hanno la grazia della presenza di un monastero e della testimonianza della vita monastica e contemplativa.

Il vescovo Lafranconi, durante la sua omelia, ispirata a santa Margherita Maria, alla sua figura e al suo legame con il Sacro Cuore di Gesù, ha parlato del tema vocazionale, attualizzandolo, e della chiamata alla santità, una chiamata che riguarda tutti. Immaginando la figura di santa Margherita Maria oggi e a quale messaggio trasmetterebbe, il Vescovo ha detto: «La santità è quella parentela istituita da Dio con noi tramite il figlio Gesù. Dunque Dio è la forza trascinante della santità. Oggi tendere alla santità significa essere fedeli nel quotidiano, essere alla sequela del Signore Gesù, ispirati dalla Sua presenza e dalla Sua grazia. Questo ci chiede papa Francesco attraverso l’enciclica Gaudete et exultate, senza distrarci dal rispondere alla chiamata di Dio, qualunque essa sia».

L’apertura dell’anno giubilare è stata anche l’occasione per festeggiare il venticinquesimo di consacrazione alla vita claustrale di suor Maria Grazia Casnici che, dopo l’omelia del Vescovo, ha rinnovato i propri voti, alla presenza di tutte le consorelle e della comunità soresinese. Suor Maria Grazia si è affidata ai Santi fondatori e a santa Margherita Maria, discepola prediletta del Sacro Cuore di Gesù.

Prima della benedizione, il Vescovo emerito ha chiesto per tutti i presenti la grazia di «scoprire sempre più profondamente quanto Dio è amore, per arrivare alla santità» attraverso l’esempio e l’intercessione di santa Margherita Maria.

L’anno giubilare si chiuderà il 17 ottobre 2020 e a tutti coloro che varcheranno la porta del Monastero di Santa Maria a Soresina (come di qualunque altro monastero visitandino nel mondo) è accordata la grazia dell’indulgenza plenaria alle solite condizioni: essere in stato di grazia, confessarsi e comunicarsi nei venti giorni che precedono o che seguono, pregare secondo le intenzioni del Santo Padre. L’indulgenza sarà concessa in occasione di ricorrenze legate all’Ordine della Visitazione (festa di santa Margherita Maria Alacoque il 16 ottobre 2019 e 2020; solennità di santa Francesco di Sales il 24 gennaio 2020; giorno del 100° anniversario della canonizzazione di santa Margherita Maria il 13 maggio 2020; solennità della Visitazione della Vergine Maria il 31 maggio 2020; solennità del Cuore di Gesù il 19 giugno 2020; solennità di Santa Giovanna di Chantal il 12 agosto 2020) e ogni primo venerdì del mese.

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Madre Agostina Moscheni, un libro sulla soresinese missionaria del Sacro Cuore di Gesù

Nata a Soresina quasi centosettant’anni fa, fondò l’Istituto religioso delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù insieme a madre Francesca Saverio Cabrini, che la Chiesa venera come santa e che ha insignito del titolo di patrona dei migranti. Lei è madre Agostina Moscheni e la sua figura è stata recentemente riscoperta grazie a un’approfondita ricerca d’archivio promossa dalla famiglia. Proprio lo studio condotto dall’archivista parrocchiale, prof. Emilia Cominetti, ha portato a raccogliere le vicende della religiosa soresinese in un libro che sarà presentato nel pomeriggio di domenica 20 ottobre alle 17.30 presso il Monastero della Visitazione di Soresina.

Madre Agostina Moscheni, dalla ricostruzione dei documenti presenti in archivio parrocchiale e dalla lettura della ricca produzione epistolare della Congregazione cui apparteneva, risulta avere avuto un ruolo cruciale nella fondazione di un Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, totalmente consacrato all’assistenza, materiale e spirituale, degli emigranti italiani in America a cavallo tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Non solo, è stato possibile appurare la stretta collaborazione con santa Francesca Saverio Cabrini.

La ricerca ha permesso di avere una vista sulla condizione (terribile) degli Italiani costretti a emigrare, nella speranza di un futuro migliore. Madre Agostina Moscheni ha condiviso da vicino le vicissitudini degli emigranti, le loro miserie, le loro paure, le loro necessità e si è adoperata, con spirito imprenditoriale, per offrire loro aiuto. Le sue opere, spirituali e materiali, sono ben descritte nel libro frutto della proficua ricerca d’archivio condotta.

Leggendo il libro, si può notare come madre Agostina Moscheni appartenga ai “santi della porta accanto” cui il Papa fa spesso richiamo, oltre a essere “Missionaria del Sacro Cuore di Gesù”.

Volutamente dunque il libro, opera di Emilia Cominetti e del Gruppo Culturale San Siro di cui è coordinatrice, è sponsorizzato anche dal Gruppo missionario locale e sarà presentato in coincidenza con il Mese missionario straordinario nell’ottobre 2019 indetto da papa Francesco.

L’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù (con sede a Codogno), avuta notizia della pubblicazione, ha già chiesto ad Emilia Cominetti la disponibilità per tenere una conferenza sulla consorella e sulle sue opere. La conferenza si svolgerà il prossimo 17 novembre, in prossimità della ricorrenza della memoria di santa Francesca Cabrini (13 novembre), patrona universale degli emigranti.




San Luca, le reliquie dell’Evangelista esposte nella chiesa dei Barnabiti a Cremona

Un’antica urna che dai documenti risulta essere stata donata nel 1505 da Iacobus Cambius, uno dei fratelli Cambi, orefici, meglio conosciuti come “i bombarda”, contiene un cranio che la tradizione vuole essere stato quello di San Luca evangelista. Siamo in corso Garibaldi nella chiesa dedicata a chi, come racconta Dante, fu lo “scriba mansuetudinis Christi”. La dedicazione della chiesa la presenza di questo antichissimo reliquiario sono il motivo dei festeggiamenti che ogni anno, il 18 ottobre, vedono protagonista “il caro medico”.

Le celebrazioni di quest’anno vedranno esposta alla venerazione dei fedeli la preziosa reliquia presso la chiesa di corso Garibaldi per tre giorni, da venerdì 18 a domenica 20 ottobre.

Sabato 19 ottobre la santa Messa delle ore 18.00 sarà presieduta da mons. Sergio Pagano, padre barnabita e Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano.

Domenica 20 ottobre alle ore 21 al termine della santa Messa animata dal coro gregoriano sant’Antonio Maria Zaccaria, le reliquie verranno riposte nella loro custodia in sacrestia.

 

Sergio Pagano

Entrato nell’ordine barnabita nel 1966, mons. Sergio Pagano si laurea pochi anni più tardi in Teologia con specializzazione in Liturgia e approfondisce i suoi studi conseguendo il diploma alla scuola vaticana di paleografia diplomatica e archivistica. La sua dedizione ai documenti antichi e la sua formazione in tale campo lo porta a ricoprire l’incarico di vice-prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano e di docente di Archivistica e di Diplomatica della scuola vaticana.




Giuseppina Vannini, una vita per i malati

Irrompe presto, nella vita di madre Giuseppina Vannini, anzi, di Giuditta – così l’avevano chiamata i suoi genitori – la chiamata del Signore, ma rispondere sì al suo sposo si rivelerà più difficile del previsto. Tanto, infatti, dovrà soffrire prima di realizzare il suo sogno: vestire finalmente il velo da religiosa.

La vocazione passa attraverso la via della Croce

Rimasta orfana di entrambi i genitori a quattro anni e separata dai suoi fratellini, è allora che Giuditta dice il suo primo sì, accettando la propria vita tra le orfanelle del Conservatorio Torlonia a Roma, gestito dalle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli. Qui matura presto la sua vocazione, che non trova, però, un istituto in cui sbocciare. Tornata a Roma dalla zia, e poi a Napoli dove lavora come maestra d’asilo, Giuditta sa che non è quella la sua strada. Nel 1891 partecipa a un corso di esercizi spirituali dove incontrerà il padre camilliano Luigi Tezza, che qualche mese prima, in quanto Procuratore generale, aveva ricevuto il compito di ripristinare le Terziarie camilliane. Padre Tezza comprende il disegno divino e le offre di prendere parte a questo progetto. Giuditta ha bisogno di riflettere, ma poi accetta: “Eccomi a sua disposizione – gli dice – non sono capace di nulla, io. Confido però in Dio”.

Il calvario del nuovo istituto
La nuova comunità prende forma con Giuditta e altre due il 2 febbraio 1892 con l’imposizione dello scapolare crociato in una cerimonia che ha luogo nella stanza, trasformata in cappella, in cui era morto San Camillo de Lellis. Tre anni dopo Giuditta, ormai suor Giuseppina, diventa superiora generale. Al nuovo istituto occorre, però, l’approvazione definitiva dell’autorità ecclesiastica: Papa Leone XIII la rifiuta per ben due volte, quindi impone alla nuova famiglia di allontanarsi da Roma e di trasformarsi in Pia associazione. Ma ecco in agguato un’altra prova: vengono messe in giro voci calunniose sulla condotta di Padre Tezza, cui viene proibito perfino di incontrare le suore. Nel 1900 partirà per il Perù dal quale non farà più ritorno.

Il carisma delle Figlie di San Camillo

La Provvidenza, però, non lascia sola la nuova Santa: al momento della sua morte, nel 1911, le Camilliane contano già 156 religiose professe e sedici case religiose tra Europa e America. La principale eredità che la fondatrice lascerà alle sue consorelle è la pura e semplice assistenza fisica e spirituale del malato, esercitata a domicilio come negli ospedali, nei lebbrosari e nelle case di cura, nei centri di riabilitazione europei come nelle terre di missione. Proprio come voleva Gesù.

 

Ascolta l’intervista a Suor Maria Bernadette Rossoni



Madre Vannini, la sofferenza è vinta solo dall’amore

Nella città eterna, piazza san Pietro ha il ruolo privilegiato di offrirsi al mondo come cassa di risonanza di tutte quelle parole che Dio pronuncia con la vita dei suoi santi. Così anche in occasione della canonizzazione di madre Giuseppina Vannini che, come il card. Newman ed altri beati, ha mostrato la santità della Chiesa divenendone segno e frutto tra i più maturi ed eloquenti.

I santi parlano al mondo, ma per Madre Vannini, sono tanti i motivi che la rendono in un certo senso unica anche a livello diocesano. In primis c’è da considerare che si tratta di

una santa figlia della Città eterna, una romana doc.

Un evento questo, che non si verificava da 411 anni, cioè da quando Francesca Ponziani, meglio nota come Francesca Romana non saliva all’onore degli altari nel 1608 canonizzata appunto da Paolo V. È interessante quindi scoprire come la vita di questa suora, vissuta a cavallo tra il 1800 e il 1900, sia stata anzitutto

una testimonianza viva di fede e carità verso gli ultimi

per gli uomini e le donne di quel tempo. Ma soprattutto, appare chiaro quanto la sua storia, intrecciata a doppio filo con quella dei suoi poveri, dei suoi ammalati e carcerati, sia stata un segno così luminoso per la città e la diocesi da esser indicata, proprio dal cardinale vicario Angelo De Donatis nel settembre scorso, modello ed esempio da imitare per ascoltare “il grido della città”. Nata il 7 luglio del 1859, nel cuore della capitale, rimarrà ben presto orfana. Affidata alle cure delle suore Vincenziane crescerà nel desiderio di consacrarsi alla vita religiosa. Dopo diversi tentativi di discernimento negli istituti a lei vicini, sarà Padre Luigi Tezza a indicarle la strada: ripristinare le Terziare Camilliane. Una vita, la sua, spesa a servizio dei malati e degli infermi nel corpo e nell’anima, la cui eredità conta oggi ottocento suore professe, strutture sanitarie in 23 paesi e 4 continenti. Nella loro professione di fede figli e figlie di san Camillo aggiungono ai consueti tre voti religiosi, un quarto in cui si impegnano a non abbandonare mai i malati, neanche quelli infettivi.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“La sofferenza è vinta solo dall’amore – spiega suor Bernardette Rosoni, postulatrice delle Figlie di San Camillo – ed è quanto ha messo in pratica la nostra fondatrice. San Camillo ai suoi religiosi chiedeva di servire gli ammalati con cuore di madre, ed è stata proprio Giuseppina Vannini a declinare con la sua maternità questa esortazione, con un amore femminile verso gli ammalati”.

Qual è il clima che si respira in questi giorni alle soglie di questa data importante?

“C’è questo clima di attesa e di grandissima gioia per noi.

I festeggiamenti per celebrare la nostra fondatrice sono tutti all’insegna delle opere di misericordia con appuntamenti nella città tra malati e carcerati.

Stiamo ricevendo numerose visite qui alla casa generalizia di Grottaferrata e la scorsa settimana il vescovo di Sinop (diocesi brasiliana in cui nel 2007 è avvenuto il miracolo per la canonizzazione) è stato qui da noi condividendo l’entusiasmo di poter sentire questa santa vicina alla sua diocesi e all’Amazzonia e cogliendo la sua intercessione di madre anche in questo Sinodo”.

Suor Bernadette, qual è la parola che Giuseppina Vannini incarna con la sua vita?

“Servizio e carità, cioè

una vita donata agli altri per lenire la sofferenza dei fratelli, degli ammalati, dei poveri. La fondatrice però ha anche una predilezione per i bambini.

Nella sua vita ha sofferto tanto sin da piccola e ci sono alcuni avvenimenti in cui lei ha portato dei bambini nella casa per curarli e per accudirli. Attualmente anche nelle grazie di cui riceviamo segnalazioni, noi vediamo questa predilezione per i piccoli.

La sua è una carità molto larga, verso tutti”.

Il miracolo che ha sancito la canonizzazione riguarda invece un operaio brasiliano. Era il 19 febbraio del 2007 e Arno Celson Klauck mentre lavora alla costruzione della casa di Riposo Madre Giuseppina Vannini precipita nel vano dell’ascensore ad un’altezza di 10 metri. Nella caduta, che vede staccarsi anche una parete, l’operaio invoca la santa “Madre mia aiutami!” e all’arrivo dei primi soccorsi l’uomo viene trovato completamente illeso, ad accezione di un taglio sul labbro.

Madre Vannini, una donna in ascolto del suo Sposo, della sua Chiesa, del grido della sua città, una testimonianza attuale che ha fatto dell’esortazione di San Camillo ai suoi religiosi “più cuore nelle mani fratelli, più cuore” un vero e proprio programma di santità.

Hortensia Honorati




Il 16 ottobre al Monastero di Soresina il vescovo emerito Lafranconi apre l’Anno giubilare visitandino

Il 13 maggio 2020 ricorre il centesimo anniversario della canonizzazione di santa Margherita Maria Alacoque. Per questa occasione, il monastero di Paray le Monial, dove la Santa ricevette le rivelazioni del Sacro Cuore, ha chiesto e ottenuto dalla Penitenzieria Apostolica la grazia di un anno giubilare per tutti i monasteri dell’ordine della Visitazione. Così mercoledì 16 ottobre, nella festa liturgica della Santa, il Monastero della Visitazione di Soresina apre, in contemporanea con i monasteri visitandini del mondo, l’Anno Giubilare. L’occasione sarà la Messa che il vescovo emerito Dante Lafranconi presiederà alle 18 presso il monastero di via Cairoli. Durante la celebrazione sarà anche festeggiato il venticinquesimo di vita claustrale di suor Maria Grazia Casnici.

L’anno giubilare si aprirà il 16 ottobre 2019 e si chiuderà il 17 ottobre 2020. A tutti coloro che varcheranno la porta delle chiese dei monasteri visitandini, tra cui quello di Santa Maria a Soresina, è accordata la grazia di una indulgenza plenaria alle solite condizioni: essere in stato di grazia, confessarsi e comunicarsi nei 20 giorni che precedono o che seguono, pregare secondo le intenzioni del Santo Padre. L’indulgenza sarà concessa in occasione di ricorrenze legate all’Ordine della Visitazione, ovvero: festa di santa Margherita Maria Alacoque (16 ottobre 2019 e 2020), solennità di san Francesco di Sales (il 24 gennaio 2020), giorno del 100° anniversario della canonizzazione di santa Alacoque (13 maggio 2020), solennità della Visitazione della Vergine Maria (31 maggio 2020), solennità del Cuore di Gesù (19 giugno 2020), solennità di Santa Giovanna di Chantal (12 agosto 2020), primo venerdì di ogni mese.

Nella lettera giunta da Paray le Moniale a tutti i monasteri della Visitazione, si legge la motivazione, inviata alla Penitenzieria Apostolica per chiedere questo anno giubilare: «[. ..] Nel desiderio di essere rinnovate [nella missione ricevuta dal nostro S. Ordine della Visitazione] affinché l’Amore del Cuore di Gesù risplenda sempre più sul mondo, abbiamo pensato che la grazia di un anno giubilare, con l’acquisto dell’Indulgenza plenaria, potrebbe così permettere ai numerosi fedeli che frequentano le Cappelle dei nostri Monasteri, di fare l’esperienza intima dell’amore del Cuore di Gesù e di rendergli “amore per amore “ secondo il desiderio che lui stesso aveva espresso a Santa Margherita Maria […]»

Il monastero di Paray le Monial, invitando ciascun monastero della Visitazione a vivere questo anno giubilare con varie iniziative, apre il proprio programma a tutti i monasteri, proponendo due incontri internazionali.

Dall’8 al 10 maggio la Guardia d’onore con un incontro internazionale a Paray le Monial con la presenza del padre Juan José INFANTES BARROSO, direttore generale dell’Associazione, per “immergerci nella spiritualità del Sacro Cuore di Gesù, sorgente spirituale dell’Associazione e stringere i legami di comunione e di unità riunendo tutte e tutti (sorelle e laici) che animano e cercano di fare conoscere la nostra Associazione, condividendo le nostre esperienze…”.

Dall’11 al 14 maggio, invece è previsto un incontro Visitandino per “stimolare la nostra fedeltà alla nostra missione visitandina di far conoscere e amare il Cuore di Gesù, riscoprire o approfondire il cammino di santità di S. Margherita-Maria, e la sua teologia per la nostra vita visitandina e per presentarla al mondo di oggi”. Un momento aperto alle sorelle visitandine per trascorrere qualche giorno nei luoghi dove visse la discepola prediletta del Sacro Cuore di Gesù, ospiti del monastero di Paray le Monial.

Il Monastero della Visitazione di Soresina, aderendo alle richieste del monastero di Paray le Monial per questo anno giubilare, sarà dunque aperto per l’indulgenza plenaria durante le varie solennità dell’Ordine visitandino e ogni primo venerdì dal mese, mentre sono al vaglio altre iniziative per far conoscere il carisma di santa Margherita Maria Alacoque e dell’Ordine della Visitazione, con particolare attenzione al culto del Sacro Cuore.




Madre Vannini e suor Dulce sante per il loro cammino d’amore nelle periferie esistenziali del mondo

C’era anche il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, in Piazza San Pietro domenica 13 ottobre per la Messa di canonizzazione presieduta da Papa Francesco. Tra i cinque i beati elevati alla gloria degli altari c’erano, infatti, anche due religiose particolarmente legate alla vita della Chiesa cremonese.

Una folta delegazione partita dalla città del Torrazzo ha voluto far sentire la propria vicinanza alle Figlie di San Camillo, presenza importante per Cremona per l’omonima casa di cura di via Fabio Filzi. Le Camilliane sono presenti in diocesi da più di 125 anni con quella di Cremona che fu proprio la prima casa dell’Istituto fondato da madre Giuseppina Vannini dopo la sede romana. In diocesi di Cremona le Figlie di San Camillo operano anche a Torre de’ Picenardi e, sino a non molto tempo fa, erano anche nella casa di riposo di San Bassano. Il gruppo dei pellegrini cremonesi a Roma per la canonizzazione nella giornata di sabato 12 ottobre ha vissuto, insieme alle Camilliane cremonesi guidate dalla superiora madre Anna Ucci, un pellegrinaggio che ha visto far tappa a Grottaferrata, per la visita alla tomba della fondatrice delle Figlie di San Camillo, e celebrare l’Eucaristia a Sant’Andrea delle Fratte, luogo del battesimo di madre Vannini.

L’altra santa legata alla Chiesa cremonese è suor Dulce Lopes Pontes, religiosa brasiliana delle  Suore Missionarie dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio. Candidata al Nobel per la pace nel 1988, è tra le donne più ammirevoli del Brasile del suo tempo tanto da essere considerata la “madre Teresa” di Salvador de Bahia, realtà ormai gemellata alla Diocesi di Cremona grazie alla presenza dei sacerdoti “fidei donum” cremonesi don Emilio Bellani (in missione da più di nove anni) e don Davide Ferretti, che partirà per il Brasile nelle prossime settimane dopo il mandato che riceverà nella veglia missionaria di sabato 19 ottobre (ore 21) nella Cattedrale di Cremona.

 

Hanno camminato sulle strade della fede, superando prove ardue, donandosi nella preghiera e nell’assistenza agli ultimi, cercando per tutta la vita la verità che è Gesù. I cinque nuovi Santi canonizzati da Papa Francesco mostrano il volto di una Chiesa capace di vivere nelle periferie esistenziali del mondo, una Chiesa che si fa tale in una casa semplice e una Chiesa santa nel quotidiano. Ogni tratto si sposa così con la storia e la vita del cardinale britannico Henry Newman, della Fondatrice delle Figlie di San Camillo suor Giuseppina Vannini, della Madre indiana Mariam Thresa Chiramel Mankidiyan, della brasiliana suor Dulce Lopes Pontes e della svizzera Margarita Bays.

 

Nell’omelia della Messa Papa Francesco ha suggerito tre strade per disegnare il cammino della fede. Lo ha fatto ispirandosi al brano del Vangelo di Luca nel quale si racconta la guarigione dei lebbrosi (Lc 17,11-19). Filo conduttore tre verbi: invocare, camminare, ringraziare.

«Oggi ringraziamo il Signore – ha concluso Papa Francesco – per i nuovi Santi, che hanno camminato nella fede e che ora invochiamo come intercessori. Tre di loro sono suore e ci mostrano che la vita religiosa è un cammino d’amore nelle periferie esistenziali del mondo. Santa Marguerite Bays, invece, era una sarta e ci rivela quant’è potente la preghiera semplice, la sopportazione paziente, la donazione silenziosa: attraverso queste cose il Signore ha fatto rivivere in lei, nella sua umiltà, lo splendore della Pasqua. È la santità del quotidiano, di cui parla il santo Cardinale Newman, che disse: «Il cristiano possiede una pace profonda, silenziosa, nascosta, che il mondo non vede. […] Il cristiano è gioioso, tranquillo, buono, amabile, cortese, ingenuo, modesto; non accampa pretese, […] il suo comportamento è talmente lontano dall’ostentazione e dalla ricercatezza che a prima vista si può facilmente prenderlo per una persona ordinaria» (Parochial and Plain Sermons, V,5). Chiediamo di essere così, “luci gentili” tra le oscurità del mondo. Gesù, «resta con noi e noi cominceremo a brillare come Tu brilli, a brillare in modo da essere una luce per gli altri» (Meditations on Christian Doctrine, VII,3). Amen».

Il testo dell’omelia del Santo Padre

 

Al termine della Messa Papa Francesco, salutando le delegazioni ufficiali di diversi Paesi, in particolare il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il principe di Galles Carlo, ha ricordato come «con la loro testimonianza evangelica, questi Santi hanno favorito la crescita spirituale e sociale nelle rispettive Nazioni».

Subito dopo il Pontefice si è fatto nuovamente vicino ad una terra, la Siria “amata e martoriata”, che da mercoledì scorso vive una nuova fase di bombardamenti: quelli turchi nella parte nord-orientale.

«Il mio pensiero – ha detto Francesco – va ancora una volta al Medio Oriente. In particolare, all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane. A tutti gli attori coinvolti e anche alla Comunità Internazionale, per favore rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci».

Ma la preghiera del Papa si è levata anche per l’America Latina e in particolare per l’Ecuador, visitato nel luglio del 2015 ed oggi scosso da gravi scontri tra forze dell’ordine e manifestanti che protestano contro le misure di austerità del presidente Lenín Moreno.

«Insieme a tutti i membri del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, specialmente a quelli provenienti dall’Ecuador, – ha affermato il Pontefice – seguo con preoccupazione quanto sta accadendo nelle ultime settimane in quel Paese. Lo affido alla preghiera comune e all’intercessione dei nuovi Santi, e mi unisco al dolore per i morti, i feriti, i dispersi. Incoraggio a cercare la pace sociale, con particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili e ai diritti umani».

Il testo delle parole di Francesco all’Angelus

 

Scarica il libretto della Messa di canonizzazione (pdf)

 

 

Appuntamenti con le Figlie di San Camillo dopo la canonizzazione 

Nel pomeriggio di giovedì 24 e venerdì 25 ottobre (ore 15.30) Messa nei reparti della casa di cura Figlie di San Camillo di via Fabio Filzi, a Cremona; sabato 26, invece, celebrazione per tutti in cappella.

Domenica 27 ottobre, alle 10, l’appuntamento sarà nella vicina chiesa di San Ambrogio (parrocchia in cui la clinica si trova) per la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Napolioni in ringraziamento della canonizzazione.

Le religiose Camilliane sono a disposizione di parrocchie e gruppi per momenti di spiritualità e di approfondimento sulla figura di madre Vannini e il carisma delle Figlie di San Camillo.




Figlie di San Camillo in festa per la canonizzazione di madre Giuseppina Vannini

Quella del 13 ottobre è destina a diventare una data di particolare importanza per le Figlie di San Camillo, visto che segnerà la canonizzazione della loro fondatrice madre Giuseppina Vannini. Un momento particolarmente atteso all’interno della congregazione camilliana e che trova eco anche a Cremona, dove le religiose sono attive da più di un secolo.

Una presenza importante in città, dove operano nell’omonima casa di cura, ma anche Torre de’ Picenardi e, sino a non molto tempo fa, anche a San Bassano. Per questo la canonizzazione di madre Vannini non sarà una festa riservata alle Camilliane. Lo testimonia anche la presenza del vescovo di Cremona alla Messa di canonizzazione che papa Francesco presiederà in Piazza San Pietro. Oltre un centinaio i cremonesi che hanno aderito alla proposta di pellegrinaggio organizzato dalle Figlie di San Camillo, con la superiora madre Anna Ucci. La partenza dei pullman è prevista per le 6 di sabato 12 ottobre dalla casa di cura di via Fabio Filzi. Nel pomeriggio tappa a Grottaferrata per la visita alla tomba della Santa, celebrando poi la Messa a Sant’Andrea delle Fratte, luogo del battesimo della Vannini. In serata l’arrivo a Roma per prendere parte, la mattina successiva, alla solenne celebrazione in Vaticano. Nel pomeriggio, dopo la visita al Santuario della Rivelazione, il rientro a Cremona. Per prepararsi alla canonizzazione, le Camilliane propongono dal 9 all’11 ottobre un triduo di preghiera presso la cappella della clinica: ogni sera, alle 19.30, adorazione eucaristica e Rosario con meditazione dei misteri con i pensieri della Santa. Altre iniziative nei giorni successivi alla canonizzazione: nel pomeriggio di giovedì 24 e venerdì 25 ottobre (ore 15.30) Messa nei reparti della casa di cura; sabato 26, invece, per tutti in cappella. Domenica 27 ottobre, infine, alle 10, l’appuntamento sarà nella vicina chiesa di San Ambrogio (parrocchia in cui la clinica si trova) per la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Antonio Napolioni in ringraziamento della canonizzazione. Non mancheranno neppure, nelle parrocchie, momenti di spiritualità e per approfondire la figura di madre Vannini e il carisma delle Figlie di San Camillo.

 

 

La vita

Giuseppina Vannini è nata a Roma il 7 luglio 1859. Alla tenera età di 7 anni, orfana di entrambe i genitori, è stata affidata all’Orfanotrofio Torlonia, a Roma, guidato dalle Figlie della Carità. Il contatto con le suore ha aiutato a maturare nella giovane Giuditta (questo era il suo nome di battesimo) la vocazione religiosa che l’ha portata a chiedere di diventare una di loro. Dopo un periodo di esperienza è stata dimessa dall’Istituto, ma un provvidenziale incontro con il camilliano padre Luigi Tezza l’aiuterà a conoscere la volontà di Dio a dar vita a una nuova congregazione religiosa: le Figlie di San Camillo, fondate a Roma il 2 febbraio 1892. Il carisma della congregazione ha come radice evangelica le parole di Gesù: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36) e si esprime nelle opere di misericordia spirituali e corporali verso gli infermi. Le religiose, oltre ai tradizionali voti di povertà, castità ed obbedienza, professano un quarto voto di servizio agli infermi anche con il rischio della propria vita.




«Un dono che diventa un dovere fa da bussola alla nostra vita» (VIDEO e FOTO)

Dono e dovere. Sono questi i due termini che il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, ha voluto porre all’attenzione di fra Andrea Maria Codignola, giovane domenicano cremonese, originario proprio della parrocchia della Cattedrale, prima di ordinarlo diacono. Due termini all’apparenza in contrapposizione che, invece, alla luce della Parola di Dio, riescono a bene a conciliarsi.

«Mettiti sempre di più nelle mani di Dio», ha suggerito il Vescovo. Perché è un «dono sicuro», ha assicurato prima di proseguire: «Tu sei il dono di Dio» e proprio per questo «il dovere di vivere così non ci pesa».

Non solo. «Un dono che diventa un dovere fa da bussola alla nostra vita», ha sottolineato monsignor Napolioni che, citando Charles de Foucauld ha letto il donarmi come «un’esigenza di amore». Ed ecco allora che «dono e dovere» diventano un’esigenza in cui il bene personale coincide anche con quello degli altri. «C’è un modo di servire – ha detto il Vescovo – che serve a te e agli altri».

Sullo sfondo la pagina evangelica con la parabola dei “servi inutili”. Con Cristo che chiede di servirlo con l’autorevolezza di chi lo fa per primo. Ma come fare in modo che il cuore sia docile a questa esigenza? La strada indicata da monsignor Napolioni è stata quella della fede, «che ti fa cercare e trovare il tu della tua vita».

Infine l’invito a vivere la propria vita «con fede e con amore, a servizio di Dio e dei fratelli».

Dopo l’omelia il Vescovo ha interrogato fra Codignola circa gli impegni propri dell’ordine diaconale. È seguito il canto delle litanie dei santi, l’imposizione delle mani da parte del Vescovo e la preghiera di ordinazione.

Poi la liturgia è continuata con la vestizione dell’abito proprio del diacono (stola e dalmatica), la consegna del libro dei Vangeli e l’abbraccio di pace con il Vescovo e gli altri diaconi presenti.

Accanto al vescovo Antonio Napolioni il vescovo emerito Dante Lafranconi e il padre provinciale, i superiori e i formatori domenicani, insieme ad altri frati predicatori.

Insieme ai parenti, nelle prime file, anche tanti amici che hanno voluto dimostrare l’affetto e la vicinanza al novello diacono. In particolare gli amici e gli insegnanti del liceo Vida e i volontari dell’Unitalsi con cui il giovane domenicano ha fatto esperienze di servizio.

Hanno prestato servizio all’altare i seminaristi diocesani insieme agli studenti di teologia domenicani.

Aprendo la Messa il vescovo Napolioni, che ha tracciato un breve profilo del giovane domenicano, ha ricordato anche che quest’anno, senza il diaconato di fra Andrea Maria, non ci sarebbero state ordinazioni in diocesi. «Tu ci mantieni allenati», ha affermato il Vescovo, invitando quindi a pregare per tutte le vocazioni.

Al termine della celebrazione il breve saluto del priore provinciale della Provincia San Domenico in Italia (quella del nord Italia, una delle tre in cui è suddivisa la Penisola).

 

Photogallery della celebrazione

 

 

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Profilo biografico

Classe 1992, Andrea Codignola (oggi fra Andrea Maria Codignola) è originario della parrocchia della Cattedrale di Cremona.

È all’ombra del Torrazzo, infatti, che è cresciuto e si è formato. Dopo il diploma al liceo scientifico Vida, presso il Seminario di Cremona, ha iniziato il percorso vocazionale presso la Provincia dei Domenicani del nord Italia facendo un anno di “aspirantato” (con una serie di incontri in alcuni week-end per approfondire la propria vocazione e la scelta domenicana). Poi un anno di “prenoviziato” a Bergamo (risiedendo qualche mese in uno dei conventi della Provincia) ricevendo quindi l’abito nell’anno di noviziato e facendo poi la professione semplice a Bologna.

È, infatti, nel convento patriarcale di San Domenico, dove sono conservate le spoglie mortali del fondatore, che fra Codignola ha frequentato i tre anni di filosofia, conseguendo il baccellierato in Filosofia, continuando poi con altri tre anni di studi teologici.

Un percorso che lo ha portato, nel settembre del 2018, a emettere la professione solenne nei Dominicani, l’Ordine dei frati predicatori.

Ha voluto essere ordinato diacono nella “sua” Cattedrale, per l’imposizione delle mani del vescovo di Cremona Antonio Napolioni. «Penso sia stato un dono – ci ha confermato a margine della celebrazione di ordinazione – poter essere ordinato nella mia città. Lo vedo come un vero segno di vita ecclesiale. Dio ci parla nella storia della nostra vita ed è bello che alcune tappe fondamentali nella risposta alla sua chiamata vengano fatte in quei posti che hanno segnato la nostra esistenza, come certamente è per me la mia città di Cremona».

Del carisma di san Domenico e della sua famiglia religiosa fra Codignola dice di essere stato affascinato anzitutto dalla «capacità che ha di tenere insieme, senza opposizioni, la contemplazione e lo zelo apostolico, di modo che l’annuncio della Parola di Dio sgorghi dalla sempre più profonda immersione nel mistero di Cristo». «Penso che la via tracciata da san Domenico – afferma il giovane diacono – sia un eccellente modo di conformarsi a Cristo predicatore, avendo uno stile di vita che ricalca il modello degli Apostoli, i quali si dedicavano alla preghiera e al ministero della Parola. Così è anche per noi secondo il motto tratto da san Tommaso “contemplari et contemplata aliis tradere”, e questo è fatto sotto il costante e speciale patrocinio di Maria, come testimonia il Rosario, che è figlio dell’Ordine dei Predicatori».