“Mi sentirei più vicino a Gesù se lo avessero fucilato invece di crocifiggerlo”, disse un giorno un giovane ufficiale di ritorno dalla guerra di Corea alla scrittrice Marguerite Yourcenar. A volte è difficile trovare l’essenziale sotto le tracce del passato. Quello che Yourcenar gli propone è di “estrarre dai testi sacri che si leggono, ma non sempre si ascoltano, quelle parti che ci impressionerebbero se le trovassimo in Dostoevskij o in Tolstoj”. Lei è una scrittrice: narrare e raccontare è il suo metodo di avvicinamento alla verità. Ad ogni Pasqua, anche i cristiani ritornano alle grandi narrazioni della Passione, per avvicinarsi alla verità di Gesù. E, nell’intensità di questo ascolto, comprendiamo che, con la sua vita e la sua morte, Gesù è disceso per abbracciare tutti i nostri silenzi, anche quelli abissali, anche quelli distanti, ridicendo la vita come possibilità di salvezza. Ha abbracciato il silenzio dei nostri vicoli ciechi, di ciò che viene omesso in noi o di noi; il silenzio in cui le nostre forze collassano e ci lasciano in balia della paura e dell’ombra che assediano; quel silenzio che così spesso ci sembra irrisolvibile, quello di questa impaziente indefinitezza che siamo tra il già e il non ancora. Continue reading »
Fonte:
AgenSir