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Anche un centinaio di cremonesi alla Macerata-Loreto

In cammino da Macerata a Loreto nella notte tra sabato 10 e domenica 11 giugno: 39^ edizione del pellegrinaggio, che anche quest’anno ha spinto circa 80.000 fedeli (tra cui un centinaio dalla diocesi di Cremona) ad affrontare i 27 km che separano lo stadio di Macerata dal santuario mariano di Loreto.

Papa Francesco, che anche quest’anno ha voluto intervenire con una telefonata in diretta per augurare “un buon pellegrinaggio”, ha commentato il titolo di questa edizione: “Mi ami tu?”. “Una frase a due sensi: come la strada ha due sensi. Io posso chiedere a Gesù: “Mi ami tu?”. E Gesù chiede a me: “Mi ami tu?”. Io auguro che questa sera, nel cammino e nel pellegrinaggio, ognuno di voi senta la voce di Gesù: ‘Mi ami tu?’. Che pensi e risponda a Gesù. E poi domandagli a Gesù: ‘Gesù, mi ami tu?’. E che tu senta quello che Gesù dice al cuore”.

Il messaggio integrale della telefonata

Stimolante la riflessione del cardinale Kevin J. Farwell (prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita) nell’omelia della S. Messa a Macerata che ha aperto il pellegrinaggio: Cristo abbraccia l’uomo, non lo blocca, non lo identifica con il suo peccato. “Questo pellegrinaggio” – ha detto – “sia per tutti voi una nuova, forte esperienza di Dio-Trinità e della Chiesa-comunione: […] una compagnia di fratelli, di amici, di ‘compagni di viaggio’ che non ci giudicano per le nostre miserie, che non hanno pretese su di noi, che non ci impongono i pesi delle mode e dei tanti moralismi che il mondo crea in continuazione. La Chiesa, infatti, è quel luogo, unico al mondo, dove ognuno di noi scopre che è ‘ben voluto’ da Dio e dagli altri, che il suo essere, il suo esistere ha valore a prescindere dai successi personali. È il luogo dove ogni uomo può incontrare lo sguardo buono di fratelli, sorelle, padri, madri, lieti di condividere con lui il cammino della vita, con le sue fatiche, le sue ferite, le sue delusioni ma anche pieno di gioie, di soddisfazioni e di speranza”.

Il testo integrale dell’omelia

Altre testimonianze messaggi sono stati rivolti ai pellegrini: da quello di Domenico Pompili [video e testo], vescovo di Rieti (il pellegrinaggio ha avuto le popolazioni terremotate tra le intenzioni particolari di preghiera), all’intervento video di António Marto [video e testo], vescovo di Leiria-Fátima, che ha invitato a dire “un sì generoso, senza paura” come quello dei pastorelli appena canonizzati.

Ciascuno si è poi messo in cammino, secondo l’augurio contenuto nel messaggio di Julián Carrón [leggi tutto], presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, “pieno solo del bisogno di Lui”. L’esperienza vissuta da questo popolo è un tassello di esistenza forse piccolo, ma ciò che si vive intensamente è come un seme gettato: sta a ciascuno permettergli di germogliare e crescere.

Photogallery

 

 

Origine e significato dell’iniziativa

Il Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto nasce nel 1978, per iniziativa di un giovane sacerdote e
insegnante di religione presso il Liceo Classico di Macerata: Giancarlo Vecerrica, vescovo emerito di Fabriano-Matelica.

Il Pellegrinaggio è diventato con gli anni un gesto di dimensioni imponenti: dalla prima edizione, alla quale parteciparono poco più di trecento persone, è cresciuto un popolo sempre più numeroso, fino a superare le 100.000 presenze, con una percentuale eccezionale di volontari e collaboratori.

Storica è stata la partecipazione di Giovanni Paolo II nel 1993, così come la vicinanza di Papa Francesco attraverso gli audio-messaggi rivolti ai pellegrini negli ultimi anni.




A Covo la festa per don Nicola, sacerdote novello

Prima Messa nella sua Covo, nel pomeriggio di domenica 11 giugno, per don Nicola Premoli, dopo l’ordinazione sacerdotale sabato sera nella cattedrale di Cremona.

Gremita per l’occasione la chiesa parrocchiale, dove la celebrazione è iniziata intorno alle 18, poco dopo l’arrivo dei sacerdoti (numerosi i presenti) in processione, accompagnati fin sul sagrato dalle note della banda musicale di Fara Olivana.

Presenti anche i seminaristi, mentre i cantori e le trombe diretti da Paolo Premoli, cugino di don Nicola, hanno allietato musicalmente l’intera liturgia.

«Oggi suona un po’ strano, caro Nicola, – ha detto il parroco di Covo, don Lorenzo Nespoli, nel suo saluto iniziale – sentirsi chiamare don. Poi pian piano questa parola diventerà parte del tuo nome. È un po’ la stessa cosa per la tua vita sacerdotale: si diventa prete giorno per giorno accogliendo il mistero della croce di Cristo. Ricordati sempre Covo nel corso del tuo ministero e sii certo che la tua comunità ti accompagnerà sempre come una madre».

A tenere l’omelia don Gabriele Battaini, ex vicario di Covo oggi parroco a Pizzighettone, che nel percorso vocazionale del novello sacerdote ha avuto un ruolo molto importante. «Sembra l’altro ieri quando, dopo il lavoro in banca – ha raccontato don Gabriele rivolgendosi a don Nicola – entravi in oratorio vecchio per salutare tutti e per controllare la situazione. Ora sei prete e le tue mani, che prima usavi per maneggiare il denaro, adesso dovranno essere dedite ad altri affari, quelli di Gesù. Assolverai i peccati, benedirai i vecchi, i sofferenti, i bambini, i credenti e i non credenti, farai risplendere le anime nella grazia del battesimo e servirai i tuoi fratelli lavorando senza sosta».

E ancora: «Il sacerdozio, caro don Nicola, è una grande grazia, un dono nel quale stanno le tante persone che hanno pregato per te. Sii docile allo Spirito Santo e ti possa sempre accompagnare la Vergine Maria». Per concludere: «Scusami se non so dirti altro e se questa predica ha avuto il sapore di un consiglio, ma i consigli si danno alle persone cui si vuole bene».

Al termine della celebrazione il sindaco Andrea Capelletti e l’assessore Andrea Torriani hanno donato a don Nicola una casula Mariana. «Sei un prete novello – ha affermato il primo cittadino – perché non regalarti uno strumento del mestiere? È un dono che ti facciamo non solo per l’amicizia che ci lega a te, ma anche per porre l’accento sulla grande grazia che la nostra comunità riceve con questa ordinazione sacerdotale, la prima dopo tanti anni. Dovunque ti destinerà il vescovo Antonio sappi, don Nicola, che Covo ti sarà vicina e pregherà per te, come prega per tutti i preti covesi e i preti che nella nostra parrocchia hanno esercitato il loro mandato».

Don Nicola ha preso la parola per ultimo ed ha esordito citando le parole del profeta Isaia: «Dio ci ama di un amore incondizionato – ha spiegato – e io ne sperimento la grazia e la misericordia. Affido alla Vergine Maria il mio sacerdozio». E poi i ringraziamenti: al papà, che non c’è più, alla mamma, alla sorella Elisabetta, al cognato, ai cari nipotini, agli amici, ai ragazzi della parrocchia, ai preti che lo hanno accompagnato nel cammino verso il sacerdozio. Don Nicola ne ha ringraziati due in particolare: don Antonio Bandirali («Nei due anni trascorsi con te ho imparato moltissimo») e don Gabriele Battaini («Se oggi sono qui è un po’ anche merito tuo, che sei stato la personificazione della voce di Dio che mi ha fatto innamorare del sacerdozio»).

Dopo la benedizione, i sacerdoti hanno formato una processione che ha lasciato la chiesa alla volta dell’oratorio San Tarcisio.

Domenica 18 giugno, nella solennità del Corpus Domini, don Nicola presiederà la messa delle 18 cui seguirà la processione per le vie del paese.

Luca Maestri

Photogallery della Prima Messa a Covo

 

Cronaca, foto e video dell’ordinazione sacerdotale

 

L’intervista a don Premoli alla vigilia dell’ordinazione

 

 

Biografia di don Nicola

Don Nicola Premoli, nato il 19 maggio 1976 a Romano di Lombardia, è originario della parrocchia Ss. Giacomo e Filippo apostolo di Covo (Bg).

Dopo gli studi presso l’istituto tecnico commerciale «Rubini» di Romano di Lombardia ha lavorato per 14 anni alla Banca Popolare di Bergamo. Nel settembre 2010 è entrato nel Seminario vescovile di Cremona.

In questi anni ha prestato servizio nelle parrocchie della Beata Vergine di Caravaggio in Cremona, a Casalbuttano e Soncino; inoltre ha collaborato con il Centro diocesano vocazioni e con la «Casa della Speranza» di Cremona che accoglie malati di AIDS.

Ha svolto l’anno del diaconato nelle parrocchie di Casalmorano, Castelvisconti, Mirabello Ciria, Brazaniga e Azzanello, dove già aveva prestato servizio anche l’anno precedente e dove in estate continuerà a collaborare: non solo per il servizio domenicale, ma anche per il Grest e il campo estivo degli adolescenti.




A Soresina i primi voti di Fiorenza Zanenga

Nella solennità della Ss. Trinità Fiorenza Zanenga, soresinese della parrocchia di S. Siro, traduttrice laureata in Lingue straniere, da sempre condizionata da una grave disabilità fisica, ha emesso i propri voti temporanei. La cerimonia si è svolta nella parrocchiale di Soresina dove la comunità si è riunita per stringersi, con affetto, attorno a Fiorenza e alla sua famiglia.

Presenti anche i gruppi dell’Unitalsi e di Comunione e Liberazione (in cui milita) e le suore della comunità di Crema, unite a Fiorenza in questo cammino.

La Messa è stata presieduta dal parroco, don Angelo Piccinelli, e concelebrata da don Davide Ottini e mons. Giuseppe Quirighetti, a Soresina per un breve periodo di riposo dagli impegni diplomatici per la Santa Sede.

Prima del rito della consacrazione delle vergini e della lettura della formula di professione temporanea, il parroco don angelo Piccinelli, nella sua omelia, si è così espresso: «Fiorenza oggi ci offre la grazia di entrare nel mistero della Trinità, perché, citando Giovanni Paolo II, la vita consacrata è un modo per conoscere questo mistero. Tutti dobbiamo amare in modo prioritario Dio e obbedire, ma la vita consacrata è un modo speciale di amare Dio. Scegliere la povertà, la castità e l’obbedienza significa rendere inequivocabile il messaggio di amore a Dio, per assomigliare sempre di più a Gesù grazie alla forza dello Spirito Santo. La vita consacrata ci ricorda in maniera esplicita che a monte c’è una chiamata del Padre, un disegno che Fiorenza ha accettato. Per Fiorenza Gesù è il suo tutto, non potrebbe fare a meno di Lui, le ha rapito il cuore in un rapporto sponsale. Con la sua scelta, Fiorenza non rinuncia all’amore, ma lo sceglie in maniera totalizzante. Dobbiamo dire grazie al Signore perché non ci lascia mancare le sue sorprese che ci spiazzano, ci commuovono, ci confortano. E dobbiamo ringraziare Fiorenza per il suo sì detto con tanta gioia e tanto amore. Oggi noi, attraverso Fiorenza, siamo testimoni del mistero della Trinità».

Quindi Fiorenza ha pronunciato i suoi voti, emozionata e piena di gioia. Accanto al lei nel momento della consacrazione delle vergini e della lettura della formula di professione temporanea don Davide Ottoni che l’ha seguita e preparata per questo giorno.

La professione temporanea durerà un anno, durante il quale Fiorenza potrà maturare la scelta di trasformare la consacrazione in perpetua.

Il parroco, a nome di tutti i sacerdoti e della comunità, ha regalato a Fiorenza un crocefisso e un bouquet di fiori. La croce di Gesù con cui Fiorenza, come ricordato nella sua lettera aperta alla comunità, ha un rapporto speciale e un bouquet perché sposa di Cristo.

A cerimonia conclusa, Fiorenza si è fermata con i tanti che hanno voluto manifestarle il loro affetto e la propria amicizia.

La cerimonia è stata animata dal Coro Psallentes guidato dal maestro Alessandro Manara.

Annalisa Tondini

Photogallery




Sabato alle 20.30 in Cattedrale l’ordinazione sacerdotale di don Nicola Premoli. Diretta streaming

Sabato 10 giugno, alle ore 20.30, nella Cattedrale di Cremona, il vescovo Antonio Napolioni ordinerà sacerdote don Nicola Premoli, studente di VI Teologia del Seminario diocesano, originario di Covo (Bg), cui lo scorso 8 ottobre era stato conferito il diaconato.

Insieme al Vescovo concelebreranno numerosi sacerdoti. Tra loro il vicario generale, i vicari e delegati episcopali, i canonici del Capitolo, il parroco di Covo, don Lorenzo Nespoli, e i superiori del Seminario: il rettore don Marco D’Agostino, il suo vice don Francesco Cortellini e il direttore spirituale don Maurizio Lucini.

La Messa, con il servizio liturgico affidato ai compagni di Seminario, sarà trasmessa in diretta streaming audio-video sul portale diocesano www.diocesidicremona.it e sull’emittente radiofonica diocesana RCN.

I canti saranno proposti dal Coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi, supportato dalle corali di Ghisalba e Urago, dirette da Paolo Premoli, cugino dell’ordinando.

Don Premoli, che in questi giorni sta vivendo gli esercizi spirituali presso i padri Oblati di Rho, presiederà la sua Prima Messa nella chiesa parrocchiale di Covo domenica 11 giugno alle 17.30. Al termine della celebrazione un momento di festa in oratorio.

 

L’intervista prima dell’ordinazione

Don Premoli, che cosa significa per lei diventare sacerdote oggi? Che cosa si aspetta, secondo lei, la gente?
«Diventare sacerdote oggi per me vuol dire che la misericordia di Dio è sempre all’opera, che nonostante le nostre fragilità Dio non si stanca di chiamare qualcuno per portare la sua parola di amore e di perdono a un mondo assetato di speranza e di senso. Secondo me la gente dal prete si aspetta due cose: che la ascolti, che “perda del tempo” ad ascoltare i drammi e le gioie di ognuno – famiglie, giovani, anziani – e che porti insieme a loro le sofferenze, donando parole e gesti di speranza, gioia, condivisione».

Scelga tre parole che, seconde lei, i giovani di oggi hanno bisogno di ascoltare da un prete?
«In tre parole direi… Anzitutto: “Dio crede in te, ti ama di amore unico e irripetibile e vuole che tu faccia uscire il meglio di te, sempre”. Poi…: “La tua vita ha un senso solo se la doni, come ci ha insegnato Gesù”. E infine direi: “Il mondo ha bisogno di ragazzi che lo incendino con la gioia della fede, per portare la rivoluzione dell’amore di Dio”».

Quella di consacrare la propria vita al Signore oggi non è una scelta molto comune: perché suggerirebbe a un giovane di riflettere seriamente su questo tipo di vocazione?
«Se questa è davvero la sua strada, e qui trova la sua felicità, e se ha sperimentato la mano del Signore che lo ha rialzato, il suo sguardo e il suo abbraccio che l’ha sostenuto, allora gli suggerirei che non può tenere tutto questo per sé. Gli direi di pensare come fare della propria esistenza un “ponte” su cui altri possano sperimentare la stessa gioia».

Lei come ha scoperto e come ha maturato la sua scelta? L’ingresso in seminario a 34 anni, dopo 14 anni di lavoro in banca…
«La mia vocazione è stata un lungo cammino di scoperta, il senso della mia vita, il modo in cui essere me stesso, con i miei pregi e i miei difetti. La strada della mia felicità, la gioia di sentirmi nel posto giusto al momento giusto… Tutto questo è avvenuto grazie all’esempio, alla preghiera e alla testimonianza della mia famiglia e del prete che mi ha aiutato a entrare in me stesso con verità e forza – don Gabriele Battaini – prendendo la decisione di entrare in Seminario, lasciando il lavoro in banca. Certo, spaventava ritornare a studiare, l’impatto con persone più giovani, adattare abitudini e impegni. Ma quando la meta che intravedi e il sogno che ti scalda il cuore sono così belli tutto si supera. E poi il Signore aiuta».

Guardando agli anni della formazione, che cosa le resta di più significativo?
«Resta la crescita del mio rapporto personale con il Signore Gesù, vero centro di tutto, e con la presenza materna di Maria, cui possiamo affidarci sempre. Per me è stato così in questi anni. Poi mi restano i volti di tante persone conosciute nel cammino: preti, ammalati, ragazzi e giovani famiglie che tanto bene mi hanno donato, e tanti esempi di fede luminosa e semplice, di cui fare tesoro».

Da diacono ha vissuto l’esperienza di un primo contatto con la pastorale. Che cosa teme maggiormente? E che cosa la entusiasma di più?
«La cosa che temo di più, e a cui mi sono ripromesso di prestare grande attenzione, è farmi travolgere dalle cose da fare, perdendo “il centro di tutto”: il rapporto quotidiano di amore e confidenza con Gesù e con la Madonna. È da questo centro che tutto ha inizio, tutto trova forza e linfa, e a questo tutto va ricondotto: persone, fatti, speranze, gioie e delusioni. Solo qui possiamo trovare aiuto e speranza. La cosa, invece, che più mi entusiasma è il sapere che abbiamo ricevuto in dono una Parola che può rialzare le persone, anche quelle più provate dalla vita. È l’unica Parola, quel Vangelo che abbiamo il compito di proclamare, condividendo le gioie e i dolori della gente».

 

Biografia di don Premoli

Don Nicola Premoli, nato il 19 maggio 1976 a Romano di Lombardia, è originario della parrocchia Ss. Giacomo e Filippo apostolo di Covo (Bg).

Dopo gli studi presso l’istituto tecnico commerciale «Rubini» di Romano di Lombardia ha lavorato per 14 anni alla Banca Popolare di Bergamo. Nel settembre 2010 è entrato nel Seminario vescovile di Cremona.

In questi anni ha prestato servizio nelle parrocchie della Beata Vergine di Caravaggio in Cremona, a Casalbuttano e Soncino; inoltre ha collaborato con il Centro diocesano vocazioni e con la «Casa della Speranza» di Cremona che accoglie malati di AIDS.

Ha svolto l’anno del diaconato nelle parrocchie di Casalmorano, Castelvisconti, Mirabello Ciria, Brazaniga e Azzanello, dove già aveva prestato servizio anche l’anno precedente e dove in estate continuerà a collaborare: non solo per il servizio domenicale, ma anche per il Grest e il campo estivo degli adolescenti.




Messa del Vescovo al “Soldi” di Vescovato

La Fondazione “Soldi” di Vescovato l’11 giugno ha vissuto una domenica mattina di festa con la visita del vescovo Antonio Napolioni, iniziata con la celebrazione della Messa delle 10 e proseguita con la visita nei reparti.

La Messa, concelebrata da mons. Attilio Arcagni e don Bernardino Orlandelli, si è tenuta nel giardino della struttura vescovatina.

Mons. Napolioni non ha mancato di sottolineare come questa situazione non fosse per lui una novità, visto il suo passato da Scout che l’ha abituato a celebrare all’aperto.

Nell’omelia il Vescovo, riflettendo sulla solennità della SS. Trinità, ha sottolineato l’importanza di non essere mai soli nelle difficoltà invitando i degenti a cogliere i lati positivi della loro convivenza.

Al termine ha tributato un applauso ai parroci delle comunità di Vescovato, Ca’ de’ Stefani, Pescarolo, Pieve Terzagni, Gabbioneta e Binanuova quali esempio di comunità differenti che hanno unito il loro percorso.

Erano presenti tra i fedeli il presidente della Fondazione “soldi”, Giovanni Bottarelli, e il sindaco di Vescovato, Maria Grazia Bonfante.

Terminata la Messa mons. Napolioni si è recato nei reparti a salutare personalmente tutti i residenti, accompagnato dal segretario don Flavio Meani.

Photogallery della celebrazione

 

La struttura 

Intorno al 1910 alcuni cittadini di Vescovato, e in particolar modo la locale Società Filodrammatica, iniziarono a costituire un fondo, in denaro e in scorte di biancheria, destinato a finanziare l’istituzione di un ospizio di ricovero per anziani e inabili al lavoro.

La Congregazione della Carità diede esempio devolvendo allo scopo il capitale di lire 20.000 che il Cavalier Francesco Guarneri aveva lasciato ai poveri di Vescovato.

Alla realizzazione dell’ambizioso progetto contribuì in maniera rilevante, nel 1913, la donazione di una grande casa, in via Garibaldi (oggi sede della Fondazione), da parte dei coniugi Esilda Portesani Fontana e Francesco Soldi. Con slancio non meno ammirevole, Aristide Sartori seguiva l’esempio dei coniugi Soldi, donando un terreno.

 

L’Istituto così sorto, denominato “Ospizio Esilda e Francesco Soldi”, fu solennemente inaugurato il 21 Settembre 1913, con l’arrivo da Sospiro, sopra carrozze offerte dai fondatori, dei vecchi cronici di Vescovato, che erano mantenuti a spese del Comune nel ricovero di Sospiro.

L’Istituto fu poi eretto ad ente morale con regio decreto in data 28 marzo 1929. Successivamente l’ospizio assunse la denominazione di casa di riposo “E. e F. Soldi”, nell’ottobre 1970.

Alla vita e alla gestione dell’ospizio è stato sostanziale, fin dalle origini dell’Istituto, l’apporto delle Suore della Carità, poi sostituite dalle Ancelle del Santuario.

Attualmente la Casa di Riposo si configura giuridicamente come Fondazione di diritto privato e il vigente statuto prevede un Consiglio di amministrazione, a scadenza quinquennale, composto da 7 membri, compreso il presidente, di cui 3 in rappresentanza dell’Assemblea dei Benefattori, 3 nominati dal sindaco di Vescovato e un membro di diritto nella persona del parroco pro-tempore della parrocchia di San Leonardo in Vescovato.

Al servizio residenziale si è nell’ultimo decennio aggiunto quello semiresidenziale (Centro Diurno Integrato) ed entrambe le unità d’offerta hanno ottenuto l’autorizzazione definitiva al funzionamento in quanto rispettano gli standard strutturali e gestionali previsti in materia dalla Regione Lombardia.




Don Nicola Premoli ordinato sacerdote

Non solo prete, ma presbiterio; non operaio da catena di montaggio, ma parte di un organismo vivo. Con queste parole il vescovo Antonio Napolioni si è rivolto a don Nicola Premoli, ordinato sacerdote la sera di sabato 10 giugno nella Cattedrale di Cremona. Circa una 70ina i sacerdoti concelebranti, alla presenza anche del vescovo emerito Dante Lafranconi, durante il cui ministero don Nicola è entrato in Seminario e ha svolto gran parte del suo cammino di formazione.

Don Premoli, originario di Covo, è stato accompagnato all’altare dal parroco, don Lorenzo Nespoli. Ma non mancava naturalmente neppure don Gabriele Battaini, che durante il proprio ministero a Covo l’ha aiutato a far chiarezza sulla propria vocazione ed entrare in seminario.

In prima fila i familiari: la mamma Maria e la sorella Elisabetta con il marito Mauro e i figli Lorenzo e Gabriele. Tanti gli amici di Covo, rappresentato anche dal sindaco Andrea Capelletti.

La liturgia di ordinazione è iniziata dopo la proclamazione del Vangelo con la presentazione e l’elezione dell’ordinando che ha pronunciato il proprio “Eccomi”. Quindi il rettore del Seminario, don Marco d’Agostino, ha chiesto al vescovo Antonio di ordinare don Nicola. Dopo essersi assicurato che ne fosse degno, mons. Napolioni ha acconsentito all’ordinazione.

Subito dopo il Vescovo si è portato all’ambone dove, con di fronte a sé don Nicola, seduto nella navata proprio davanti ai familiari, ha iniziato l’omelia. La riflessione ha preso spunto dalle letture della solennità della SS. Trinità.

Rileggendo il brano dell’Esodo che descrive un “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” un primo monito: “Non credere e non predicare un Dio diverso”. Poi l’immagine di Mosè che si curva sino a terra messa in parallelo a don Nicola che subito dopo si sarebbe prostrato a terra, segno di un destino di servizio e di appartenenza a Dio. “Sacerdote di Dio – ha sottolineato il Vescovo – anche quando ti capiterà di avere un popolo di dura cervice”.

L’inizio al plurale della seconda lettura, tratta dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi, è stata sottolineata dal Vescovo per evidenziare come la parola del Signore non sia rivolta solo ad alcuni. Certo, però, uno sguardo privilegiato è rivolto ai suo collaboratori. E allora ecco che più che prete don Nicola, secondo il Vescovo, diventa presbiterio; non operaio da catena di montaggio, ma parte di un organismo vivo.

“Siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi”. L’incipit della lettura è stata idealmente indirizzata a don Nicola e a tutti i sacerdoti, nella consapevolezza che “se non ci sosteniamo a vicenda – ha detto il Vescovo – anche i risultati potrebbero diventare illusori”. Importante anche essere in pace nel presbiterio, nelle parrocchie e tra discepoli di Cristo, nella consapevolezza che occorrr sempre partire da se stessi, senza aspettare che siano altri a iniziare.

Infine, prendendo spunto dal brano evangelico di Giovanni, mons. Napolioni ha sottolineato che se “Dio ha tento amato il mondo” non si può certo ridurre il suo amore. Proprio questo amore deve essere la bussola della vita, continuamente plasmata dall’Eucaristia.

Dopo l’omelia don Premoli si è portato sull’altare, dove la celebrazione è continuata con l’interrogazione circa gli impegni da assumere come sacerdote e l’atto di obbedienza. Poi il sempre suggestivo canto delle litanie dei santi mentre don Nicola si è prostrato a terra.

Subito dopo il momento più solenne: l’imposizione delle mani. Il gesto compiuto dal vescovo Antonio è stato poi compiuto anche dell’emerito Lafranconi e da tutti i presbiteri presenti.

Poi i riti esplicativi: la vestizione con la casula, l’unzione con l’olio del Crisma e la consegna del pane e del vino. Infine l’abbraccio di pace con il Vescovo e tutti gli altri sacerdoti.

La celebrazione è continua con la liturgia eucaristica: la vera prima Messa di don Nicola concelebrata con i vescovi Antonio e Dante e con i nuovi fratelli presbiteri.

Ad animare la Messa il Coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi, supportato dalle corali di Ghisalba e Urago, dirette da Paolo Premoli, cugino dell’ordinando, e da un gruppo di ottoni guidati dal maestro Giovanni Grandi. All’organo Mascioni il mastro Alberto Pozzaglio, a quello positivo Camillo Fiorentini.

La prima Eucaristia solenne presieduta da don Nicola domenica 10 giugno alle ore 17.30 nella chiesa parrocchiale di Calcio.

 

 

Photogallery:

 

 

L’intervista a don Premoli alla vigilia dell’ordinazione

 

Biografia di don Nicola

Don Nicola Premoli, nato il 19 maggio 1976 a Romano di Lombardia, è originario della parrocchia Ss. Giacomo e Filippo apostolo di Covo (Bg).

Dopo gli studi presso l’istituto tecnico commerciale «Rubini» di Romano di Lombardia ha lavorato per 14 anni alla Banca Popolare di Bergamo. Nel settembre 2010 è entrato nel Seminario vescovile di Cremona.

In questi anni ha prestato servizio nelle parrocchie della Beata Vergine di Caravaggio in Cremona, a Casalbuttano e Soncino; inoltre ha collaborato con il Centro diocesano vocazioni e con la «Casa della Speranza» di Cremona che accoglie malati di AIDS.

Ha svolto l’anno del diaconato nelle parrocchie di Casalmorano, Castelvisconti, Mirabello Ciria, Brazaniga e Azzanello, dove già aveva prestato servizio anche l’anno precedente e dove in estate continuerà a collaborare: non solo per il servizio domenicale, ma anche per il Grest e il campo estivo degli adolescenti.




Fondamentalismo ed estremismo religioso, ceppi virali che mettono a rischio la libertà dei cristiani

«È un po’ difficile vedere la luce quando c’è buio da tutte le parti: la luce che io vedo è la luce di una testimonianza di fede. È la luce di Cristo che perdona, dalla Croce»: così il prof. Shahid Mobeen, fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia, ha sintetizzato la condizione in cui vivono i suoi connazionali e confratelli nella fede in patria. L’occasione è giunta dall’incontro pubblico promosso nella serata di giovedì 8 giugno presso l’Auditorium Acli di Cremona dal “Comitato Nazarat” di Cremona insieme alla fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre sul tema”.

“Cristiani perseguitati in Pakistan, l’indifferenza dell’Occidente” il titolo dell’evento, che ha visto la collaborazione e il patrocinio del Comune di Cremona, nonché la partecipazione di Regione Lombardia, rappresentata in sala dall’assessore alle Culture, Identità e Autonomie Cristina Cappellini, che ha sottolineato l’attenzione sempre riposta dall’Amministrazione Maroni a temi «politicamente scorretti» quali quello della vita, della famiglia naturale e della cristianofobia, attenzione tradottasi in una serie di iniziative concrete a livello regionale.

Introducendo i lavori, il prof. Sante Maletta, a nome del “Comitato Nazarat” di Cremona, ha riletto un’affermazione scritta da Padre Lardo, il fondatore di Acs-Aiuto alla Chiesa che Soffre, sul primo bollettino dell’organizzazione, nel 1960: “La paura domina gli spiriti”, mostrandone l’analogia con il tempo presente.

E proprio il direttore di Acs Italia, Alessandro Monteduro, ha iniziato tracciando con la mano il segno della croce, ovvero un gesto che, se compiuto in Arabia Saudita, in Corea del Nord o in uno dei 38 Paesi al mondo ove la fede subisce gravissime limitazioni, gli varrebbe senz’altro l’arresto con annesse torture e vessazioni.

Sono molte le realtà in cui la partecipazione alla Messa subisce significative mortificazioni o in cui per poter svolgere una celebrazione liturgica occorre l’autorizzazione delle autorità. Il prof. Mobeen ha ricordato come Asia Bibi sia vittima e si trovi tuttora in prigione proprio per questo, a causa di una legge anti-blasfemia.

Da Asia Bibi, la giovane incarcerata nel 2009 e tuttora detenuta con accuse di blasfemia, a Shahbaz Bhatti, ex-ministro per le Minoranze, assassinato il 2 marzo 2011 a Islamabad, i cristiani perseguitati in Pakistan sono circa 4 milioni e rappresentano circa il 2% della popolazione. La loro situazione riflette quella di tante altre comunità cristiane nel mondo che, secondo stime, raggiunge un totale di circa 200 milioni di persone.

I duen«ceppi virali» identificati dal dott. Monteduro quale causa di tutto questo sono «fondamentalismo ed estremismo religioso». Ceppi, purtroppo dilaganti in Pakistan con la citata normativa, ad esempio, o con gli attentati a danno dei cristiani.

Lo ha detto presentando la sintesi del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, uno studio dettagliato sulle condizioni delle minoranze religiose e sul quadro giuridico della libertà religiosa in 180 Paesi.

Ma anche in Europa non mancano segnali inquietanti di emarginazione e ostracismo, come dimostrano le varie campagne ideologiche contro i crocifissi nelle scuole o i presepi nei luoghi pubblici. Il «vaccino» per tutto questo, ha affermato Monteduro, consiste nel «sostenere i cristiani perseguitati» ovunque, con la preghiera e con gesti concreti.

Proprio come questo evento, che si è concluso raccogliendo offerte spontanee a sostegno del Seminario Minore “San Tommaso Apostolo” di Faisalabad, in Pakistan.

 

Il Comitato Nazarat è sorto per fare sentire la vicinanza ai cristiani perseguitati in Medio Oriente.  Essa si manifesta con la preghiera e con progetti di aiuto materiale. In particolare il Comitato è presente in 15 città d’Italia (tra cui Cremona) e in Svizzera, dove ogni giorno 20 del mese i membri delle sezioni locali si riuniscono nelle piazze per pregare il Rosario. Una iniziativa che ha recentemente ricevuto il plauso del Patriarca di Babilonia dei Caldei.

Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) è una fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 e presente nel mondo attraverso 23 Segretariati Nazionali. Sin dalla fondazione essa è a fianco della Chiesa che soffre nei cristiani perseguitati di tutto il mondo, e si adopera in attività di informazione e sensibilizzazione e di sostegno materiale. Nel 2015 ACS ha sostenuto più di 6.000 progetti di aiuto alla pastorale della Chiesa in 146 Paesi del mondo.




Il nemico e la politica hanno concluso in Municipio la serie di incontri di Spazio comune del Vangelo

Buona la partecipazione di pubblico al terzo e ultimo incontro di “Spazio comune del Vangelo”, l’iniziativa promossa dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro per offrire una occasione di conversazione sul capitolo 5 del Vangelo di Matteo, il cosiddetto “Discorso della Montagna”, tema dell’anno pastorale ormai alla sua conclusione. Particolarmente suggestiva la scelta del luogo: la sala dei Quadri del Palazzo comunale di Cremona.

“Amate i vostri nemici” era il tema della serata, con una domanda: “L’avversario politico è il prossimo?”. Su questo hanno riflettuto il teologo don Bruno Bignami, il pedagogista Pierpaolo Triani (docente dell’Università Cattolica) e il sindaco di Cremona Gianluca Galimberti.

 

Dopo essersi soffermato sul testo di Matteo, ricercando analoghe espressioni nelle pagine della Scrittura, don Bignami ha rilevato come secondo alcune correnti teologiche l’amare il proprio nemico venga considerato valido solo a livello personale, e non per quello politico, sociale o nei rapporti tra i popoli. Quindi citando S. Agostino ha rimarcato come nell’amore i nemici si ponga la questione dell’amore per il prossimo, che deriva da un Dio che non fa differenza alcuna tra le persone. Così il comandamento dell’amore da un lato chiede di superare in se stessi la sete di vendetta e, nello stesso tempo, una conversione dell’avversario, che deve essere amato per essere guarito. Necessario però il coraggio di saper compiere il primo passo, così come la volontà di abitare il conflitto. E ancora: riconoscere l’umanità dell’altro e il tema della nonviolenza come risposta al male.

Poi l’aspetto del nemico che non è solo “fuori” e il richiamo – attraverso diversi episodi biblici – a un’esperienza di fraternità nuova, creata con una relazione fatta di tanta pazienza. Da Caino e Abele al sogno di Giuseppe, dal rapporto tra Marta e Maria ai due fratelli della parola del Padre misericordioso, passando per Kafka e Levinas sino alla Laudato sii.

Ecco allora la politica che diventa “fabbrica del nemico” in un panorama in cui a dominare non sono tanto ideologie contrastanti (oggi i maggiori conflitti sono all’interno dei partiti), quanto un “ego dell’ingrasso”. Nemico dunque interno e antropologico. Nelle sue parole anche l’esperienza di Rondine “Cittadella della pace” e un riferimento mazzolariano, con don Primo che odiava il Comunismo, ma amava i comunisti.

 

Di politica come “forma di cultura”, che plasma la persona, ha parlato, invece, il prof. Triani, secondo il quale fare politica è anche “educare le persone”. Poi, con un richiamo esplicito al capitolo 5 di Matteo, ha evidenziato la tensione tra idealità e realtà.

Certo non si può far politica senza il riconoscimento dell’altro. Troppo spesso, infatti, l’ “alter” si trasforma in “alienus”, con la negazione dell’umanità dell’altro. Invece l’altro deve essere considerato dentro il proprio orizzonte. Non tanto per sentimento, quanto per scelta. Necessaria quindi l’adesione a una piattaforma comune per una ricerca concreta del bene comune. Riduttivo e sbagliato secondo Triani, dunque, leggere la vita politica solo come lotta o spartizione del potere.

Ecco dunque la necessità di educare alla politica con l’amicizia civica. Riconoscendo che tutti gli uomini sono uguali, educando e promuovendo il rispetto dell’altro (la benevolenza), favorendo il senso del servizio e con il dialogo. Quindi il richiamo ai quattro principi della pastorale sociale evidenziati in Evangelii Gaudium prima di concludere rifacendosi agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola.

 

Il terzo intervento, quasi passando dalla teoria alla pratica, è stato affidato al sindaco Galimberti che ha proseguito la riflessione facendosi forza della sua esperienza personale maturata in questi anni.

Guardando anzitutto alla frase “Amate i vostri nemici” ha sottolineato come amare ha in sé anche morire, cioè fallire. “A volte – ha affermato – non riesco ad amare i miei nemici politici”. Tanti fallimenti, ma anche tante ripartenze.

Poi la consapevolezza che la vita è fatta anche di nemici. Ma con due attenzioni: da un lato la necessità a non lasciarsi sopraffare, dall’altra il rischio di diventare a propria volta nemici.

Poi lo sguardo alla politica, da intendere secondo il primo cittadino non come fatto individuale, ma “costruzione complessiva della comunità”. E qui ha precisato alcuni ingredienti essenziali attraverso alcune virtù: libertà, pazienza, compassione e uso della ragione. Con un avvertimento: si creano nemici dove c’è solitudine e assenza di un’impresa comune. Consapevole che la mancanza di uno sguardo nuovo sulle cose genera inimicizia. Quell’inimicizia che mitezza e tenerezza, però, sanno sgretolare.

Infine Galimberti ha sottolineato l’importanza della democrazia, cioè quell’insieme di regole che possono regolare i rapporti tra avversari. Ma l’idea di democrazia oggi è in crisi, secondo il sindaco di Cremona, che ha concluso il proprio intervento focalizzando l’attenzione su quattro strumenti: la coscienza (individuale e collettiva), la responsabilità, le parole che si usano e la speranza.

 

L’incontro, moderato dal giornalista Riccardo Mancabelli, e che ha visto la presenza anche del vescovo Antonio Napolioni, si è chiuso con le parole dell’incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Sante Mussetola, che ha auspicato una prosecuzione di questa iniziativa anche nel prossimo anno, ragionando sul concetto della missione.

 

Photogallery della serata

 

Resoconto dei precedenti incontri:

 

 




Spazio comune del Vangelo, questa sera la conclusione a Palazzo Comunale

Appuntamento nel Palazzo comunale di Cremona per la conclusione del “Spazio comune del Vangelo”, promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro. Un modo per fare del «Discorso della Montagna» (tema dell’anno pastorale) un’occasione di conversazione e scambio di riflessioni. L’iniziativa, infatti, ha lo scopo di avvicinare il mondo sociale e politico alla novità del Vangelo, da leggere appunto nel contesto delle problematiche dell’attualità in uno spazio intergenerazionale davvero aperto a tutti. 

L’appuntamento è la sera di venerdì 9 giugno, alle 21, nella sala dei Quadri del Municipio. Ad affrontare il tema “Amate i vostri nemici. L’avversario politico è il prossimo?” saranno il teologo don Bruno Bignami e il prof. Pierpaolo Triani dell’Università Cattolica di Milano, alla presenza anche del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti.

Tre le serate di questo percorso che si è sviluppato a partire dalla metà maggio, con i primi due appuntamenti presso il Centro pastorale diocesano e l’ultimo, appunto, in Comune. Per ogni serata protagonista un sacerdote cremonese (biblista o teologo) e un esperto per aiutare a sviluppare la riflessione nella quotidianità, secondo la tematica propria della serata.

«Il primo input per questa iniziativa – ricorda Sante Mussetola, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro – è venuto dalle linee pastorali di quest’anno, impostate sul capitolo 5 del Vangelo di Matteo, il “Discorso della montagna” appunto. Come Ufficio, in raccordo con il tavolo pastorale “Nel mondo con lo stile del servizio”, il programma pastorale è stato elaborato cercando di cogliere, proprio da quel brano evangelico, i passaggi che più provocano l’attualità del vivere quotidiano: la relazione con la giustizia; la relazione tra le persone; la relazione nella politica e tra il politici».

 

«Il titolo “Spazio comune del Vangelo” – precisa ancora Mussetola – evoca uno “spazio” di riflessione che il “Vangelo” offre a tutti, cioè su un terreno “comune”, indipendentemente dal credo, dalle convinzioni politiche, dai ruoli, dall’attività amministrativa intrapresa o dal lavoro svolto, nel pubblico così come in ambito sindacale o privato».

Questa iniziativa ha lo scopo di avvicinare il mondo sociale e politico alla novità del Vangelo, da leggere appunto nel contesto socio-politico attuale. Vuole essere uno spazio intergenerazionale davvero aperto a tutti, in una conversazione altrettanto aperta sul Vangelo di Matteo 5.

La locandina

 

Resoconto dei precedenti incontri:




Cristiani perseguitati, l’8 giugno a Cremona serata di sensibilizzazione

“Cristiani perseguitati in Pakistan: l’indifferenza dell’Occidente”. Questo il titolo dell’incontro che si terrà giovedì 8 giugno, alle 21, presso l’Auditorium ACLI di via Cardinal Massaia 22, a Cremona. Si tratta di un incontro di riflessione, testimonianza e solidarietà sulla realtà della persecuzione religiosa nel mondo.

Riflettere, come Chiesa e come cittadini, sulla libertà religiosa, sul suo valore e sulle sue violazioni è lo scopo della serata. Il tema, di per sé attuale quanto vasto, sarà presentato con particolare riferimento alla discriminazione e alle sofferenze delle minoranze cristiane del Pakistan.

Tra i relatori, il prof. Shahid Mobeen, presidente dell’Associazione pakistani cristiani in Italia, porterà la testimonianza del martirio dei cristiani Pakistani di oggi. Da Asia Bibi, la giovane incarcerata nel 2009 e tuttora detenuta con accuse di blasfemia, a Shahbaz Bhatti, ex-ministro per le Minoranze, assassinato il 2 marzo 2011 a Islamabad, i cristiani perseguitati in Pakistan sono circa 4 milioni e rappresentano circa il 2% della popolazione. La loro situazione riflette quella di tante altre comunità cristiane nel mondo che, secondo stime, raggiunge un totale di circa 200 milioni di persone.

Nel panel anche Sante Maletta, professore associato di Filosofia politica all’Università di Bergamo, per il Comitato Nazarat, e il dott. Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre in Italia. Quest’ultimo presenterà la sintesi del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, uno studio dettagliato sulle condizioni delle minoranze religiose e sul quadro giuridico della libertà religiosa in 180 Paesi.

Durante la serata, moderata dal giornalista Giovanni Rossi, sono previsti interventi e domande del pubblico.

Al termine si raccoglieranno offerte spontanee a sostegno del Seminario Minore “San Tommaso Apostolo” di Faisalabad, in Pakistan, quale segno di solidarietà concreta alla minoranza cristiana di quella terra.

L’incontro è promosso dal “Comitato Nazarat per i cristiani perseguitati in Medio Oriente” e dalla Fondazione Pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona.

Locandina

 

Il Comitato Nazarat è sorto per fare sentire la vicinanza ai cristiani perseguitati in Medio Oriente.  Essa si manifesta con la preghiera e con progetti di aiuto materiale. In particolare il Comitato è presente in 15 città d’Italia (tra cui Cremona) e in Svizzera, dove ogni giorno 20 del mese i membri delle sezioni locali si riuniscono nelle piazze per pregare il Rosario. Una iniziativa che ha recentemente ricevuto il plauso del Patriarca di Babilonia dei Caldei.

Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) è una fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 e presente nel mondo attraverso 23 Segretariati Nazionali. Sin dalla fondazione essa è a fianco della Chiesa che soffre nei cristiani perseguitati di tutto il mondo, e si adopera in attività di informazione e sensibilizzazione e di sostegno materiale. Nel 2015 ACS ha sostenuto più di 6.000 progetti di aiuto alla pastorale della Chiesa in 146 Paesi del mondo.