Mons. Lafranconi: “È l’uomo che fa il volto della società”

Nella prima domenica di Avvento il tradizionale incontro del Vescovo con il mondo politico, amministrativo, economico e sociale. Lo sguardo al nuovo umanesimo radicato in Gesù Cristo, con l’impegno a vivere come opportunità le tante sfide del mondo d’oggi

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È un vero e proprio cambiamento d’epoca quello che la società sta vivendo. Tante le sfide da poter cogliere come opportunità. Lo ha sottolineato il vescovo Lafranconi nel tradizionale incontro di inizio Avvento con i rappresentanti del mondo politico, amministrativo, economico e sociale. Una lunga e articolata riflessione che ha preso spunto dal Convegno ecclesiale nazionale di Firenze “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Proprio Cirsto risulta, infatti, l’esemplare originale di cui ogni uomo è copia, e nello stesso tempo il criterio per giudicare l’uomo e tutto ciò che è umano.

Si è aperto con alcune citazioni del discorso di Papa Francesco al recente Convegno ecclesiale nazionale il tradizionale incontro tra il Vescovo e i rappresentanti del mondo politico, amministrativo, economico e sociale promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro diretto da Sante Mussetola. L’appuntamento è stato presso il salone Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona nella mattina del 29 novembre, come ormai tradizione nella prima domenica di Avvento.

Tra i presenti non mancavano il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, con alcuni assessori e consiglieri, alcuni membri del Consiglio provinciale, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Luciano Pizzetti, e il consigliere regionale Carlo Malvezzi. E ancora il capo di Gabinetto della Prefettura, Beaumont Bortone, insieme al vicequestore vicario Gerardo Acquaviva e altri rappresentanti delle forze di polizia.

Al centro dell’incontro il tema del Convegno di Firenze “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. E proprio sulla figura di Gesù, Dio che si fa uomo nel Natale, si è soffermato mons. Dante Lafranconi nella propria riflessione, con un riferimento anche all’immagine del cristo Glorioso raffigurato nella cupola del duomo toscano, al quale Papa Francesco aveva guardato per sottolineare le realtà di re e giudice del Figlio di Dio, ma anche la sua condizione umana e di povertà espressa nell’ “Ecce homo” con cui Pilato lo mostra da condannato alla folla.

Gesù Cristo, dunque, come riferimento per l’uomo, ha evidenziato mons. Lafranconi sottolineandone una duplice funzione: da un lato l’esemplare originale di cui ogni uomo è copia; dall’altro il criterio per giudicare l’uomo e ciò che è umano. “Gesù Cristo punto di riferimento per ogni uomo – ha sottolineato – perché si è fatto uomo come tutti: sia per coloro che lo accettano che per quelli che lo rifiutano, per i quali non cessa di essere uomo”.

In questa prospettiva l’amministratore apostolico, sulla falsariga del discorso pronunciato dal Pontefice a Firenze, si è soffermato su tre termini.

Anzitutto l’umiltà, che porta all’apprezzamento e alla stima dell’altro. “Nella mia vita – si è domandato il Vescovo – è vero che io considero gli altri superiori a me stesso? O il mio essere uomo procede su parametri diversi: la ricerca del prestigio, del consenso, …?”

Quindi il disinteresse. “Spesso il proprio interesse – ha spiegato –fa dimenticare quello degli altri, o induce a creare una comunanza di interessi non sempre veri”. Da qui l’invito a cercare davvero il bene dell’altro: nei rapporti interpersonali, così come in quelli istituzionali. E qui un piccolo sfogo del Vescovo sul termine “opposizione” usato in politica. “Come se la funzione della minoranza – ha detto – fosse quella di andare contro, invece di cercare il bene vero in un confronto capace di aiutare chi è al governo a fare un passo oltre. Quando supereremo questo linguaggio erroneo? E soprattutto quando supereremo questa dinamica?”.

Infine il termine “beatitudine”. L’uomo beato è quello che ispira la propria condotta a quella di Gesù, dando così un senso a tutto ciò che deve affrontare nella propria vita”.

Un Cristo giudice – quello rappresentato nel duomo di Firenze – ma anche condannato a morte, che dunque invita a riconoscere ogni uomo cosi come si presenta, anche con le proprie povertà. Mons. Lafranconi ha fatto esempi molto concreti: da quanti vivono forme di disabilità a coloro che hanno compiuto malvagità, da chi è deturpato dal vizio o dalla malattia, da chi è malridotto da alcool e droga o sfregiato dalla violenza di altri uomini. In ogni caso del tutto simili a quel Gesù che Pilato ha mostrato alla folla dicendo “Ecce homo”. Proprio guardando a questo Gesù sfigurato – ha precisato il Vescovo – “riconosco che nessun uomo può essere considerato materiale di scarto”. Un riconoscimento della realtà umana in tanti uomini sfigurati che – ha ricordato il Presule – viene riconosciuta in tante espressioni di volontariato e di servizio. Da qui, con un riferimento al prossimo Giubileo della Misericordia, l’attenzione si è postata sulle opere di misericordia corporali e spirituali.

Guardare al Cristo come esempio di umanità, dunque, ma anche come criterio di giudizio, come ricorda il capitolo 25 del Vangelo di Marco (quello che avrete fatto a questi piccoli l’avrete fatto a me). “Non dimentichiamo, ed è bello pensare – ha detto in questo senso – che il criterio che costituirà la base del nostro essere gudicati e questo. Non c’è differenza di riferimento tra chi l’ha conosciuto e chi non l’ha conosciuto”.

Ma come tutto questo incide sulla vita sociale? Anzitutto tenendo presente la fondamentale dignità dell’uomo. Con due prospettive.

La prima quella di un impegno spicciolo, senza etichette, ma contrassegnato da scelte personali consapevoli, nelle quali ciascuno “l’uomo fa il volto della società in cui vive, dando il proprio contributo perché questa società sia una famiglia di persone che si stimano e si aiutano reciprocamente”. “Questa presenza, non connotata socialmente – ha sottolineato – ma segnata dal vivere una coscienza rettamente ispirata ai valori umani è tanto più importante in un clima democratico. Perché non si costituisce nessuna società veramente umana con l’apporto democratico di tutti se il tessuto umano non porta dentro di sé il desiderio e l’impegno per il bene. Abbiamo tutti quanti sotto gli occhi le conseguenze dell’esportazione della democrazia. Se non c’è una mentalità che aiuti ogni persona a riconoscere la propria dignità, la propria responsabilità, a sentirsi parte attiva di questo tessuto organico che è il corpo sociale, quello che può garantire alla meno peggio è un regime totalitario”. E ancora: “Si apre davanti a questa nostra era un percorso che è estremamente affascinate: quello di far crescere la consapevolezza della dignità di ogni persona in tutti i popoli, in tutte le culture, in tutte le forme istituzionali, in ogni pase. In fondo mi sembra il costante richiamo di questi vaggi del Papa nelle periferie”.

Ma è possibile dare un contributo alla società umana anche affrontando i cambiamenti in atto tenendo fermi i criteri di quell’umanesimo espresso in Gesù Cristo. “Sul piano del pensiero e dell’agire – ha detto ancora mons- Lafranconi – perché insieme creano cultura e cercano le strade per andare incontro al riconososcimento e all’affermazione delle dignità di ogni uomo. Da questo punto di vista io credo che viviamo il nostro tempo, con tutti i suoi cambiamenti, non tanto pensando che costituiscono problemi, ma belle sfide!”. Per usare l’espressione di Papa Francesco, non un’epoca di cambiamento, ma il cambiamento di un’epoca.

E qui il Vescovo ha voluto soffermarsi sulla principali sfide di fronte a cui l’uomo si trova oggi, pur nella consapevolezza che se da un lato offrono meravigliose opportunità sino ad ora impensate, dall’altra, però, devono essere affrontate con attenzione e consapevolezza. Come nel caso delle biotecnologie o delle questioni legate alla procreazione.

Poi la necessità di azzerare le discriminazioni, “che, pero, non vuol dire parificare tutto e tutti”, anzi “riconoscere ogni individualità”. Dal tema della famiglia a quello dell’immigrazione, davanti al quale “non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte ai pericoli, ma non possiamo neppure chiudere le frontiere”. Sino ad arrivare al tema dell’ecologia, nella consapevolezza che tali sfide si possono affrontare solo con il dialogo, che non può essere sinonimo di negoziazione.

Il pensiero di mons. Lafranconi è quindi tornato a quell’umanesimo nuovo che trae ispirazione ed esempio dal Cristo. E qui, con un accenno agli attentati di Francia e all’attenzione premurosa dimostrata dai parigini nei confronti di quanti erano rimasti coinvolti loro malgrado negli attacchi, anche un’iniezione di speranza guardando a quelle tante persone che nella propria esistenza vivono almeno un po’ di questa una nuova umanità. “Questi segni – ha concluso l’amministratore apostolico – dicono il riconoscimento della dignità di ogni uomo e quella radice profonda che vede in ogni uomo la possibilità di andare incontro a chi è smarrito. Anche questo è un segno bello di speranza che, unita alla continuità dell’opera di Dio in noi, ci dà la sicurezza che si possono affrontare le sfide di oggi e anche trovare quelle strade che, anche se lunghe, portano a soluzioni buone”.

 

Relazione di mons. Dante Lafranconi

 

Al termine dell’articolato intervento del Vescovo, durato poco meno di un’ora, Sante Mussetola ha voluto ringraziare mons. Lafranconi, al termine del suo episcopato, per quanto fatto in questi anni in ambito sociale. È quindi seguito il dibattito con gli interventi di alcuni dei presenti.

 

Intervento di Sante Mussetola

 

A rompere il ghiaccio è stato l’imprenditore Gianni Mainaridi, già presidente dell’Ucid, seguito da Rocco Rossetti, esponente del Partito Cristiano Europeo, e da un membro del coordinamento di Banca Etica. Ha quindi preso la parola il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, seguito dal consigliere regionale Carlo Malvezzi. Da ultimo al microfono è andato Erminio Trevisi, docente dell’Università Cattolica e membro della Commissione diocesana per la Pastorale sociale e del lavoro.

 

Dibattito e conclusione di mons. Lafranconi

 

La mattinata si è quindi conclusa nella cappella del Centro pastorale diocesano dove mons. Lafranconi ha presieduto l’Eucaristia. La Messa è stata concelebrata da don Irvano Maglia, delegato episcopale per la Pastorale e direttore del Centro pastorale diocesano.

 

Omelia di mons. Dante Lafranconi

 

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