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«Ora tocca anche a noi, a ciascuno di noi, anche chi ha i capelli bianchi e ha bisogno del bastone, dare testimonianza fino in fondo di ciò che è essenziale: essere un signore e profeta del lavoro umile, onesto, libero». Sono parole forti, un’esortazione accorata all’impegno e alla ricerca di una solidarietà reciproca quelle pronunciate da monsignor Antonio Napolioni a concludere il Giubileo dei Lavoratori celebrato mercoledì 30 aprile al Santuario della Fontana di Casalmaggiore. Un appuntamento promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Cremona, in occasione della Festa dei Lavoratori, e dedicato proprio al mondo del lavoro e al valore dell’attività umana per la costruzione del bene comune.
A partire dal titolo Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza, l’annuale incontro il cui invito era rivolto a operai, impiegati e dipendenti insieme anche a imprenditori e liberi professionisti, si è svolto in due grandi momenti. Accompagnato dall’incaricato dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro Eugenio Bignardi, il vescovo ha visitato l’azienda Eurotessuti, incontrando i titolari Michela e Matteo Formica insieme ai dirigenti e al personale. Tra gli scaffali pieni di rotoli e i macchinari di lavorazione dei materiali tessili, monsignor Napolioni ha ascoltato il racconto della storia e l’attività imprenditoriale dell’azienda. Erano presenti anche il parroco delle UP di Casalmaggiore, Vicoboneghisio, Cappella e Camminata don Claudio Rubagotti, il sindaco del comune maggiorino Filippo Bongiovanni, il vicepresidente della Provincia di Cremona Luciano Toscani, la presidente provinciale delle Acli cremonesi Valeria Patelli e il console provinciale della Federazione nazionale Maestri del lavoro Guido Tosi, accompagnati da rappresentanti del mondo associativo e di categoria.
«Abbiamo voluto organizzare questo momento di incontro con i lavoratori in un clima di familiarità e informalità» ha detto Bignardi nel ringraziare l’azienda per l’accoglienza e i partecipanti. «Lo scopo è di camminare da un luogo di lavoro verso un luogo dove incontrare chi ci dà speranza». Infatti, prendendo l’immagine del converter, monsignor Napolioni ha terminato il tour dell’azienda ricordando come il Giubileo «è il tempo del cambiamento, per rilanciare la possibilità di una vita nella pace e nella giustizia; un’urgenza drammaticamente attuale». Poi il gruppo si è incamminato, in un breve pellegrinaggio, verso l’ingresso del Santuario della Fontana e ha varcato la soglia di una delle chiese giubilari in diocesi, prima di fermarsi in un momento di approfondimento e ascolto sui temi di attualità legati alla dimensione lavorativa, con gli interventi di Patelli e Tosi. Poi è seguita la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo assieme ai sacerdoti e ai frati Cappuccini guidati da padre Fabrizio Dell’Acqua.
Durante l’omelia, monsignor Napolioni ha così riflettuto a partire dalle testimonianze e dal Vangelo, nel quale «la Parola di Dio vuole che tutti siano signori e profeti del lavoro». Dal momento che il Dominus «ci ha fatto a sua immagine e tratta con gentilezza, saggezza, umanità le sue creature», il vescovo si è interrogato dunque su cosa significhi essere “signore”, anche nel linguaggio comune, nella vita lavorativa e personale; sia per l’imprenditore sia per l’operaio o il contadino. «La signoria di Dio risplende nella signoria dei suoi figli. Allora far bene le proprie cose, il proprio mestiere, come un pezzetto nella catena di montaggio, alimenta la fiducia e porta un po’ di bene al prossimo». Un processo di costruzione di un ambiente di vita e di lavoro, tuttavia, oggi compromesso non solo «da una sfiducia serpeggiante, come se tutti fossimo potenziali criminali», ma anche da logiche di mercato e di consumo sempre più esasperate. Anche sui lavoratori stessi. «Se non ci si mette d’accordo, se non c’è solidarietà, se non si ricostruisce un patto tra le nazioni, tra i popoli, tra i vari poteri, vi è la legge del più forte: la legge del pescecane». La signoria di Dio, secondo il vescovo, «è nelle piccole cose fatte da uomini e donne che risplendono della sua stessa luce». Qualcosa di «scandaloso», come fu il Cristo disprezzato dal suo popolo. «E andare fino in fondo in questa nostra vocazione costa. Perché significa andare contrari alla corrente, perché la corrente di questo mondo mercantile e finanziario è inquinata». Eppure, nonostante gli infortuni e i morti sul lavoro, gli stipendi sempre più ridotti, il precariato e la cura dell’ambiente lavorativo, «è nei cristiani, nei lavoratori, negli imprenditori osare con coraggio dire la verità che gli viene da Dio», ha concluso il vescovo. «Non mollano, nello stile con cui operano». Il Giubileo dei Lavoratori, insomma, «serve a ritrovare quella forza, quella speranza per un cammino in salita ma che ha come vetta la piena realizzazione della nostra umanità». Fino all’appello finale ad essere «signori e profeti» di un lavoro più giusto, inclusivo e carico di speranza.