In Sant’Omobono l’esempio del nuovo umanesimo

Nell'omelia del Pontificale del patrono mons. Lafranconi ha ricordato alcuni tratti fondamentali del Santo: la preghiera, la carità e la sua instancabile opera di pacificazione tra opposte fazioni

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Omobono come modello di quel nuovo umanesimo che la Chiesa italiana sta ricercando attraverso le riflessioni del Convegno di Firenze e che senza dubbio mostra i tratti della vita di Gesù nell’intensa preghiera, nell’instancabile carità e nella continua opera di pace. Così mons. Lafranconi, reduce dalla grande assise del capoluogo toscano che si conclude proprio oggi, ha tratteggiato la figura del patrono della città nel Pontificale solenne presieduto in mattinata in Cattedrale  e concelebrato da una cinquantina di sacerdoti, tra i quali il vicario generale, mons. Mario Marchesi, i delegati episcopali e i canonici del Capitolo. Ad impreziosire la celebrazione i canti del coro della Cattedrale diretto da don Graziano Ghisolfi e accompagnato all’organo dal maestro Fausto Caporali. Come al solito il servizio liturgico è stato assicurato dai seminaristi diocesani e dai diaconi permanenti coordinati dal cerimonieri don Flavio Meani. Il Vangelo è stato proclamato da don Francesco Gandioli, di Gallignano, che il prossimo  11 giugno sarà ordinato sacerdote.

In prima fila le massime autorità del territorio con in testa il prefetto Picciafuochi, il sindaco Galimberti con buona parte della giunta, il questore Bonaccorso, il vicepresidente della Provincia Davide Viola e i rappresentanti delle forze di polizia e di quelle armate. In seconda fila i rappresentanti dei sarti che, come ogni anno, all’offertorio, hanno offerto al Cescovo, oltre che una cospicua offerta, anche delle stoffe da donare alla Caritas diocesana. Molti i cremonesi presenti in una Cattedrale sfavillante di colori e di fiori: nessuno, prima o dopo la celebrazione, ha rinunciato a scendere in cripta dove, nella preziosa urna, è conservato il corpo di Santo, primo laico non nobile ad essere elevato agli onori degli altari. Il notevole afflusso di pellegrini è stato ben regolato dai membri dell’Associazione Nazionale Carabinieri che hanno assicurato il servizio di vigilanza per l’intera giornata.
Particolarmente attesa l’omelia di mons. Lafranconi che ha ricordato il Convegno nazionale di Firenze che si è chiuso proprio il 13 novembre dal titolo: “In Cristo Gesù un nuovo umanesimo”. Come il Papa, che nel suo discorso di martedì 11 novembre ha additato i santi come modelli di un vero umanesimo, così il vescovo Dante ha richiamato alcuni tratti fondamentali di Omobono che possono aiutare le persone e la società tutta a ritrovare il senso ultimo del vivere e del vivere bene.

Il primo è la sua radicale conversione al Vangelo avvenuta già in età avanzata: «Prima – ha ricordato il celebrante – non è che fosse una persona iniqua o un delinquente, ma certamente in quel momento di svolta egli ha preso coscienza della sua condizione di discepolo di Cristo». Così pur non abbandonando il suo lavoro e la sua famiglia egli si è lasciato afferrare dai poveri ed ha continuato a vivere nel mondo “senza però lasciarsi catturare dalla logica mondana”.

Un secondo tratto, conseguente al primo, è la sua intensa e continua preghiera: “In questo modo – ha spiegato il presule – Omobono ha messo in capo alla sua vita e alle sue scelte Cristo e il suo Vangelo”. Grazie alla preghiera egli ha riposto la sua totale fiducia nella Provvidenza e ha assimilato gli stessi sentimenti che furono di Cristo: umiltà, spirito di servizio, donazione di sé. A tal proposito mons. Lafranconi ha rivolta alla folta e attenta assemblea alcune domande a bruciapelo sul tempo della settimana dedicato alla preghiera e alla Messa: “Ricordiamoci che i momenti che doniamo alla preghiera ci permette di ritrovare la nostra vera umanità”.

Un terzo tratto è l’ardente carità: Omobono visse un’epoca segnata da grandi carestie che hanno creato folle di poveri: “Egli ha risposta a delle vere e proprie emergenze sociali e si è piegato sui poveri perché in essi vedeva il volto di Cristo”.  Mons. Lafranconi ha quindi ricordato il capitolo 25 di Matteo dove si parla del giudizio finale e dove si ricorda che il cristiano sarà giudicato sulla sua capacità di seminare amore attraverso le cosiddette opere di misericordia corporale: “Quel brano evangelico ci dice che il povero ricopre le fattezze di questo Dio che facendosi uomo si è svuotato e ha umiliato se stesso”. Il presule, molto concretamente, ha elencato quelle che sono le emergenze di oggi: la continua disoccupazione – da qui l’invito ad utilizzare i contratti di solidarietà -, il fenomeno dei padri separati e divorziati spesso ridotti sul lastrico per mantenere la famiglia,   l’immigrazione che dovrebbe spingere a costruire ponti e non dei muri, gli anziani nelle case di riposo spesso lasciati soli anche dai figli.
Non è mancato un plauso al mondo del volontariato e a quella carità spicciola, quotidiana, che spesso sopperisce le istituzioni: “Apriamo gli occhi” ha concluso mons. Lafranconi.

Infine un quarto aspetto di Omobono è la sua costante opera di pace non solo tra i nobili e la nuova classe emergente, i mercanti appunto, ma anche tra i cattolici e gli eretici che a Cremona avevano trovato terreno fertile.

Mons. Lafranconi ha quindi concluso riprendendo ancora la bella e tremenda pagina di Matteo dedicata al giudizio finale: “Come nell’affresco della cupola del Duomo di Firenze il Cristo giudice rimanda all’Ecce homo della passione, così noi dobbiamo sempre ricordare che ogni volta che incontriamo un uomo sfigurato, umiliato, fuggiasco, pellegrino o senza lavoro noi incrociamo Gesù. Egli ci riconoscerà suoi discepoli se nel corso della nostra vita lo avremo riconosciuto nei tratti del povero”.

La celebrazione si è conclusa con la benedizione apostolica con annessa indulgenza plenaria e con l’inno di Sant’Omobono, tanto caro alla devozione popolare.

Photogallery della celebrazione

Ascolta l’omelia

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