L’ordinazione episcopale del cremasco mons. Franco Manenti. Presente anche il vescovo Lafranconi

Curioso avvicendamento di presuli tra il nostro territorio e le Marche: mentre Crema dona un vescovo a Senigallia, la diocesi di Camerino offre un presule a Cremona

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Festa di Chiesa e festa di popolo nella diocesi sorella di Crema: il vicario generale e parroco della Santissima Trinità, mons. Franco Manenti, nel pomeriggio di domenica 22 novembre è stato ordinato vescovo. Eletto il 17 ottobre titolare della Chiesa di Senigallia, vi farà il suo ingresso il 10 gennaio. A concelebrare questa solenne liturgia anche l’amministratore apostolico di Cremona Dante Lafranconi, accompagnato dal segretario e cerimoniere don Flavio Meani e da alcuni sacerdoti docenti dell’Istituto superiore di scienze religiose colleghi del nuovo vescovo. Presente anche il rettore del Seminario, don Enrico Trevisi.

Occasione doppiamente significativa, quella di oggi: il nuovo presule che ha scelto come motto “È vicino a voi il Regno di Dio” ha infatti ricevuto la consacrazione nella solennità di Cristo, re dell’universo. “Provvidenziale coincidenza” la definisce nell’omelia il vescovo di Crema, Oscar Cantoni, che subito dopo sottolinea come “oggi siamo chiamati a contemplare il volto di Cristo crocifisso e risorto, centro del tempo e Signore della storia”. E sempre in tema di concomitanze: nella solennità di Cristo re, la cattedrale di Crema venera anche il crocefisso “miracoloso”. Curioso poi l’avvicendamento di presuli tra il nostro territorio e la regione ecclesiastica Marche: mentre Crema dona un vescovo a Senigallia, la diocesi di Camerino – San Severino offre un presule a Cremona. E’ il vescovo eletto Antonio Napolioni.

 

Accanto a monsignor Cantoni, ieri, stanno una decina di confratelli. Tra questi, i 4 “conconsacranti”: innanzitutto Giuseppe Orlandoni, amministratore apostolico di Senigallia e predecessore di monsignor Manenti; poi i presuli di origine cremasca: Carlo Ghidelli, arcivescovo emerito di Lanciano-Ortona, Rosolino Bianchetti, vescovo di Quiché (Guatemala) e Franco Croci, titolare di Potenza Picena. Numerosissimi i sacerdoti. E tantissimi cremaschi a gremire sia la cattedrale, sia la vicina sussidiaria di San Bernardino collegata in diretta audiovideo. Senza dimenticare i ben 150 senigalliesi che non hanno voluto mancare l’occasione.

 

Liturgia eucaristica solenne, dunque: animata dal canto della Missa de Angelis, a significare l’unità della Chiesa locale con quella universale; e impreziosita dal rito di consacrazione episcopale, “effusione di grazia” sul nuovo presule. Che presiderà la diocesi marchigiana “con il mandato del Papa”, ricorda la formula di presentazione dell’eletto, ma solo dopo che lo stesso – secondo “l’antica tradizione dei santi padri” – ha assunto l’impegno di adempiere il ministero degli apostoli. Scaturisce da qui la preghiera di ordinazione: rivolta al Dio che ha “costituito capi e sacerdoti” per non “lasciare mai senza ministero” il suo “santuario”, affinchè quello stesso Dio “effonda” sull’eletto lo “Spirito” trasmesso “ai santi apostoli che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa”. Parole solenni, quella della liturgia, accompagnate dall’imposizione delle mani e seguite dai riti esplicativi: l’unzione del capo con il sacro crisma, la consegna del libro dei Vangeli, dell’anello e del pastorale, e l’imposizione della mitria. Monsignor Manenti è vescovo, e accede alla pienezza del sacerdozio. A suggellare questa sua nuova condizione, lo stesso “Tu es sacerdos” composto dallo zio defunto – omonimo, compaesano di Sergnano, e per decenni maestro di cappella in Duomo – per l’ordinazione presbiterale, il 28 giugno 1975. Ad eseguirlo, prima dello scambio di pace del nuovo presule con i confratelli, la polifonica “Francesco Cavalli” della cattedrale diretta da Alberto Dossena, accompagnata all’organo da Luca Tommaseo e alla tromba Gioele Uberti Foppa.

 

Durante l’omelia, al “caro don Franco” monsignor Cantoni aveva chiesto “la totale donazione di sè” e il “quotidiano martirio d’amore” per la sua Chiesa, sull’esempio del “pastore dei pastori” che “non si stanca mai di trasmettere sgli uomini la ricchezza soprannaturale del suo amore”. Subito dopo, gli aveva ricordato che quello vescovile “non è un titolo d’onore ma di servizio”, e che egli dovrà essere “servo dei servi di Dio”, lontano dal fascino delle “apparenze immediate”. E lo aveva invitato a seguire l’esempio “dei grandi pastori che hanno illuminato la Chiesa di Crema”: il cardinale Marco Cè, patriarca di Venezia originario della diocesi, e il vescovo Carlo Manziana da cui il nuovo vescovo ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale.

 

Mons. Manenti prende la parola dopo la Comunione, e le sue parole diventano subito un inno di gratitudine alla famiglia e alla Chiesa di Crema. “Ricordo i miei genitori – dice visibilmente emozionato –: un padre muratore che ha rinunciato a costruirsi la casa per far studiare noi 4 figli; e una madre che al già gravoso lavoro domestico ne aggiungeva altro fuori. Li immagino oggi, felici in Paradiso”. Poi il ricordo di “questa cattedrale, nella quale 40 anni fa sono stato ordinato prete, per poi servirla 10 anni nel ruolo di coadiutore”. Il suo pensiero va quindi ai numerosi sacerdoti e ai vescovi che l’hanno accompagnato nel dispegarsi della sua vocazione. Infine ai parrocchiani della Santissima Trinità “che ora provano sentimenti contrastanti: di gioia, perchè il loro parroco è diventato vescovo; e di tristezza, perchè se ne va”. Quindi un saluto ai fedeli giunti da Senigallia (“Terra forse un po’ lontana”), guidati da sindaco e vicesindaco. Per tutti, l’accorato appello a “proseguire nella preghiera”.

 

Dopo la consacrazione ecclesiale, martedì sarà la volta di una decisamente più laica: presso il Rotary club Crema, il vescovo Franco riceverà la massima onoreficenza del sodalizio quale illustre cittadino che – attraverso il servizio al prossimo – porterà lontano il nome della città e della provincia.
Marcello Palmieri
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Foto “La Nuova Immagine” di Crema
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