Il Vescovo nel Pontificale del 27 marzo: «Mi auguro che Cremona sia una città della Pasqua»

Da mons. Napolioni l'auspicio che la città del Torrazzo possa sempre custodire e trasmette la gioia della fede con dinamismo e un ammonimento: «Corriamo troppo per ciò che non ci dà speranza»

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«Oggi sono molto emozionato e contento, perché il vescovo è il testimone del Risorto«». È con queste parole che mons. Antonio Napolioni ha aperto l’omelia della solenne Messa pontificale di Pasqua, presieduta in Cattedrale nella mattina di domenica 27 marzo.

E subito il riferimento è andato al suo predecessore, anch’egli presente in presbiterio, e alla successione apostolica garanzia di quel lieto annunzio che è il cuore della Pasqua. «Io, Antonio, – ha affermato il Vescovo – non potrei essere testimone del Risorto se non avessi ricevuto da Dante, e lui da Sandro e ogni vescovo da colui che l’ha consacrato, il Vangelo, la notizia, il fatto, ciò che i primi discepoli hanno visto e udito». «Questa notizia che viene da lontano e che è affidata alla Chiesa si incarna in noi».

Poi lo sguardo è andato alla bella Catterdale, «innalzata per la fede nel Risorto». «Tra un po’ compirà mille anni. Pensavo: resisterà ancora per secoli e, magari quando verranno un giorno da qualche altro pianeta e la vedranno, racconterà la nostra fede. Mi auguro non come quelle bomboniere bellissime che mettiamo sull’armadio e si impolverano. Da fuori questa Cattedrale è ricamata nella pietra, dentro canta le meraviglie di Dio. Ma se non ci fossimo noi a renderla viva, a riempirla, e a riaprirla sul mondo e sulla città, se non la facessimo vivere come casa di Dio e dei suoi figli, sarebbe triste, sarebbe la conferma di una storia inutile quella che è stata raffigurata con tanta arte, che è solo un museo». E ha continuato: «Mi auguro che Cremona sia bella come i suoi cremonesi e i cremonesi siano vivi come la loro cattedrale. Mi auguro che Cremona sia una città della Pasqua». «Una città della Pasqua – ha precisato – perché in essa si custodisce e si trasmette la gioia della fede, la certezza della fede e il dinamismo della fede».

Facendo riferimento alle letture mons. Napolioni si è quindi soffermato su tre verbi: partire, correre e salire. Il riferimento è stato anzitutto a Pietro che, dopo il tradimento, ha saputo trovare il coraggio e partire per la missione di annunciatore del Regno. «Possiamo ripartire! – ha affermato il Vescovo – È un nuovo principio di vita quello che il Signore risorto ha posto nella storia. Non semplicemente il suo lieto fine, ma il nostro lieto inizio. L’inizio della speranza, l’inizio della capacità d’amare, l’inizio di una nuova giustizia».

Poi la corsa delle donne dopo la scoperta della tomba vuota e la corsa degli apostoli al sepolcro. «Noi corriamo troppo per ciò che non ci dà speranza! – ha messo in guardia il Vescovo – Dobbiamo ritrovare la capacità di correre con l’anima, laddove il Signore ci dà appuntamento, dove si rivela, dove ci rincuora, dove si chiede di essere le sue mani e i suoi piedi per coloro che lo cercano e non ne hanno l’esperienza. Correre là dove c’è bisogno di servire, di amare, di annunciare il Vangelo».

Infine «salire», rivolgendo il pensiero alle cose di lassù, ma non per una fuga dalle responsabilità: «I cristiani che credono nel Cristo morto e risorto – ha precisato il Vescovo – non si estraneo dalla storia, ma ne conoscono l’orizzonte definitivo. Sanno dove porta la sequela di lui. Queste verità ci fanno mobilitare allora tutte le energie della mente, del corpo, dello spirito per vivere pienamente l’oggi che c’è stato dato, ma senza paura che i giorni che passano ci sottraggano qualcosa».

Da qui l’augurio per questo giorno di Risurrezione: «Viviamo allora il giorno di Pasqua – ha concluso il Vescovo – come un Natale, con un nuovo indirizzo, come un nuovo punto di partenza per noi e per le situazioni che più sentiamo appesantite e ingarbugliate. Preghiamo il Signore, che ci dona il suo spirito, perché ci suggerisca le parole e i gesti, i silenzi e i sorrisi, tutto ciò che sarà opportuno per testimoniare che davvero Lui il risorto e che la nostra vita ha un senso grande al quale egli è fedele, lo porterà a compimento. Questo giorno fatto dal Signore non tramonterà. E allora anche la notte non farà più paura».

Insieme al vescovo Antonio hanno concelebrato l’Eucaristia l’emerito, mons. Dante Lafranconi, e i canonici del Capitolo, insieme anche al delegato episcopale per la Pastorale.

A caratterizzare il canto della medievale “Sequenza di Pasqua” prima della proclamazione del Vangelo e l’aspersione dei fedeli con l’acqua benedetta all’inizio della celebrazione: la stessa acqua che durante la veglia pasquale è servita per battezzare 14 catecumeni che proprio mons. Napolioni ha voluto ricordare nella preghiera dei fedeli, insieme a tutti i ragazzi che nelle prossime settimane riceveranno, nelle proprie parrocchie, i sacramenti dell’Iniziazione cristiana.

La Messa, che ha visto la presenza per il servizio d’ordine dell’Associazione nazionale carabinieri, è stata animata con il canto dal Coro della Cattedrale, diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi. L’accompagnamento musicale è stato affidato agli organisti Fausto Caporali (al Mascioni) e Marco Ruggeri (al Positivo), insieme al trombettista Giovanni Grandi.

Il servizio liturgico, coordinato dal cerimoniere vescovile don Flavio Meani, era affidato, come per tutte le celebrazioni della Settimana Santa, ai seminaristi diocesani, con il diacono don Francesco Gandioli che ha servito all’altare.

La celebrazione, trasmessa in diretta televisiva su Cremona1, come le liturgie dell’intera Settimana Santa è stata trasmessa anche via radio su RCN e in streaming audio-video sul nostro portale, grazie alla sinergia con il centro di produzione televisiva diocesano diretto da mons. Attilio Cibolini.

Alle 17 in Cattedrale l’ultimo appuntamento del Triduo Pasquale, con il canto dei Secondi Vespri di Pasqua presieduti dal vescovo Napolioni alla presenza dei canonici del Perinsigne Capitolo della Cattedrale.

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