Il Vescovo ai cremonesi alla processione della Sacra Spina: «Sono commosso e fiero di servire questo popolo»

Per mons. Napolioni questo tradizionale gesto cittadino del Venerdì Santo è stato segno di unità e devozione: «Grazie perché mi educate»

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«Sono commosso e fiero di servire questo popolo che stasera ha vissuto così il Venerdì Santo. Un segno di unità tra le comunità parrocchiali, per le quali ringrazio i parroci e le famiglie. Un segno di fede e di devozione, vissuto con grande dignità e consapevolezza. Grazie! Grazie perché mi educate, mi trasmettete la fede che avete ricevuto». Sono state queste le prime parole che il vescovo Napolioni ha rivolto ai tanti cremonesi che gremivano la Cattedrale al termine della tradizionale processione serale del Venerdì Santo per le vie cittadine.

La processione si era svolta poco dopo le 21, una volta che i ministranti e i sacerdoti avevano raggiunto il presbiterio. Dietro la croce in tanti si sono messi in cammino. Un folto e variegato insieme di persone delle diverse parrocchie cittadine. Basti pensare che mentre la testa del gruppo iniziava il passaggio nei pressi dei Giardini Pubblici, dopo aver percorso largo Boccaccino, via Mercatello e corso Mazzini, l’ultima parte della processione ancora doveva lasciare piazza del Comune.

Dopo i fedeli laici, lo spazio riservato alle religiose, cui seguivano i ministranti e i sacerdoti della città con i parroci nei loro piviali. Tra loro anche il vicario zonale, don Gianpaolo Maccagni.

Quindi i canonici del Capitolo, seguiti dal vescovo emerito mons. Dante Lafranconi.

Subito dietro due turiboli fumiganti aprivano la strada al baldacchino sotto il quale vi era il vescovo Antonio Napolioni, che reggeva la preziosa reliquia: secondo la tradizione un frammento della corona di spine usata da Cristo, donata, subito dopo l’elezione al Soglio di Pietro, da Gregorio XIV alla città di Cremona, della quale era stato vescovo.

Dietro il baldacchino il gonfalone del Comune di Cremona e la rappresentanza dell’Amministrazione comunale, formata dal sindaco Gianluca Galimberti con la moglie, l’assessore Barbara Manfredini, il consigliere Luca Burgazzi e il comandante della Polizia Locale Pierluigi Sforza.

Seguivano alcuni altri fedeli e tra loro anche alcuni anziani in carrozzina, ospiti della casa di riposo di via Massarotti che hanno potuto prendere parte a questo momento tradizionale per la città di Cremona grazie alla disponibilità di alcuni volontari.

Il lungo corteo dopo essere passato per corso Cavour, via Verdi e piazza Stradivari ha imboccato via Baldesio per raggiungere nuovamente piazza del Comune e fare ingresso in Cattedrale. Circa un quarto d’ora è stato necessario per consentire l’ingresso a quanti erano in processione.

In una Cattedrale gremita, con tutti i posti a sedere occupati, nella navata centrale così come nel transetto settentrionale e le navate laterali affollate di gente, ha preso la parola il Vescovo che ha focalizzato l’attenzione principalmente su due aspetti.

Anzitutto il riferimento ai fatti tragici che hanno segnato questo inizio di Settimana Santa, proprio come avvenne nel 2009, quando il Lunedì Santo ci fu il terremoto a L’Aquila. Proprio con riferimento a quell’evento il Vescovo ha proposto una preghiera che, proposta quel giorno nella Liturgia delle Ore, lo aiutò a vivere quel momento difficile: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio”. E qui il riferimento alla debolezza umana. «Dio l’ha condivisa – ha detto il Vescovo –. Non l’ha solamente tollerata: l’ha trasformata. Per cui gli possiamo dire: fa’ che la nostra umanità riprenda vita. Quante volte abbiamo ripreso vita! E quante volte ancora la possiamo riprendere! Non si compra in un negozio e neppure in chiesa, ma fiorisce in noi perché Lui c’è, perché la sua morte, quella sua spina, quel suo dolore, non è un dolore qualsiasi, non è una morte qualsiasi. È la misericordia di Dio che splende. È la verità di Dio che è crocifissa. È l’amore di Dio che è eterno».

E poi ha proseguito: «C’è un modo concreto anche per assaporare e partecipare questa vita più forte della morte: accoglierci! Mettere da parte i pregiudizi, guardarci con benevolenza, tendere la mano». Quindi, facendo riferimento alla parabola del padre misericordioso, ha affermato: «Quante energie di vita sono nascoste anche dentro i nostri momenti di dolore! Perché è la passione del Figlio di Dio che manda avanti le nostre anime, le attira, le rende forti, le rende attente a quelle degli altri, ci impasta gli uni con gli altri. L’Eucaristia ci nutre: fa di noi il suo corpo. Noi completiamo la sua passione che dà vita al mondo».

In secondo luogo mons. Napolioni si è soffermato sulla data del 25 marzo, che al di fuori della Settimana Santa sarebbe la festa dell’Annunciazione. «Eccola lassù – ha detto il Vescovo, indicando l’affresco nel catino absidale – più in alto possibile l’hanno voluta i nostri padri e gli artisti che lavoravano per esprimere la fede dei nostri padri. Qualcosa sta nascendo. Nella morte di Cristo il terreno è fecondo: il grembo di Dio e della Chiesa è gravido di vita nuova. Noi qui diciamo un grande sì alla vita. È vita anche la morte, anche al di là della morte la vita trionfa».

«Pregustiamo allora – ha detto ancora – non solo la celebrazione della Pasqua, domani notte, il giorno di domenica, ma in tutte le situazioni in cui ci troveremo a lottare tra la vita e la morte, saremo provati e spremuti. Il Signore concepisce sempre una novità per noi: il Figlio! Crescerà suo Figlio dentro le nostre macerie, dentro i nostri apparenti fallimenti. Abbandoniamoci a Lui! Farà della nostra terra e dei nostri giorni, giorni santi, una terra santa, un luogo santo. Non perché siamo bravi, ma perché siamo continuamente purificati e rigenerati da Lui che è sempre nuovo, è sempre giovane, è sempre all’inizio della vita». «È l’augurio più grande che vi faccio – ha concluso –: vivere insieme queste ore, questi giorni e tutto quello che il Signore ci darà da vivere stupendoci sempre di più di quanto Egli è fedele ai suoi figli: non li abbandona. Non solo li consola, ma li rigenera nel profondo.

La celebrazione si è conclusa con la raccolta di offerte per le necessità della Chiesa in Terra Santa e la benedizione episcopale con la reliquia della Sacra Spina.

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