San Giuseppe custode della casa di Nazareth

Il 15 ottobre con la prof. Annarosa Dordoni terzo incontro promosso da Parrocchia di Sant’Abbondio e Società storica cremonese nel IV centenario del Santuario lauretano di Cremona. Prossimo incontro

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Da figura secondaria a coprotagonista, fino a diventare personaggio autonomo. L’iconografia di san Giuseppe nei secoli ha compiuto un cammino importante «man mano che si è colta la dignità della sua persona e la sua importanza nel mistero della Redenzione». Su questo tema, il pomeriggio del 14 ottobre al Centro pastorale diocesano di Cremona, si è snodato il terzo incontro del ciclo di conferenze organizzato dalla parrocchia di Sant’Abbondio in collaborazione con la Società storica cremonese per sottolineare i 400 anni dalla fondazione della Santa Casa di Loreto a Cremona.

Ha aperto l’incontro Angela Bellardi, presidente della Società storica, che ha introdotto la relatrice Annarosa Dordoni ricordando «la sua recente collaborazione all’allestimento della mostra, tuttora in corso al Museo diocesano, su San Giuseppe custode della Santa Casa e l’insegnamento, negli anni passati, di Storia del Cristianesimo presso l’Università Cattolica».

Poi la parola è passata alla professoressa Dordoni e alle immagini delle opere d’arte proiettate che hanno segnato, seguendo un ordine temporale, la progressiva affermazione di una figura inizialmente risultata marginale. E questo anche nelle rappresentazioni legate alla Casa di Nazareth dove «rari sono gli esempi della presenza di quest’uomo». Uno per tutti il bozzetto del Tiepolo per un soffitto (andato perduto) per la chiesa di Santa Maria dei Servi a Venezia.

«Nei primi secoli fino all’Alto Medioevo san Giuseppe non era preso in gran considerazione – ha spiegato Dordoni – era visto come un personaggio scomodo e talvolta ingombrante quando si trattava di sottolineare la verginità di Maria». Tanto che «fino al V secolo non compariva nemmeno nelle Natività». Poi quella figura relegata nell’angolo delle opere, di spalle rispetto alla Vergine, rannicchiata, quasi sempre anziana, stanca e dormiente (icononografia legata anche ad alcuni testi apocrifi) viene additata «come esempio di silenzio e umiltà» intorno al XII sec. dagli ordini mendicanti. San Bernardo è uno dei primi a valorizzare Giuseppe. Tante le opere d’arte, dalle tavole alle rappresentazioni sui codici o alle miniature, che segnano un lento cambiamento. Poi la svolta «nel processo di rivalutazione nel 1400 e 1500». Con il Rinascimento «si riscopre il valore della famiglia, del matrimonio, del lavoro». Anche la Chiesa tridentina lo addita quale pater familias.

Tra le personalità che più hanno contribuito al riscatto della figura di san Giuseppe sono da ricordare Jean Gerson, teologo e cancelliere dell’Università di Parigi, «promotore – ha chiarito Dordoni – di una vera e propria battaglia per dare una posizione eminente a san Giuseppe nella Chiesa e nel culto, e i predicatori dell’Osservanza francescana, soprattutto Bernardino da Siena».

Nel 1600, 1700 prevalgono invece toni intimistici, mentre nel 1800 immagini edulcorate per arrivare alle figure di san Giuseppe che da anziano messo ai margini, diventa «figura autonoma» che regge tra le braccia da solo Gesù.

Prossimo appuntamento lunedì 28 ottobre con Angela Bellardi, della Società Storica Cremonese, già direttrice dell’Archivio di Stato di Cremona, che parlerà di  “Feste, ricorrenze e manifestazioni della devozione popolare dal 1630 alla metà del XIX secolo”, per concludere il 6 novembre (sempre alle 17 al Centro pastorale diocesano di Cremona) con il curatore del Museo diocesano di Cremona, Stefano Macconi, che focalizzerà l’attenzione su “Un nucleo unitario di ex voto: le tavolette dipinte, nella prima metà del XVII secolo”.

 

 

Don Foglia con la storia della Santa Casa di Sant’Abbondio ha aperto il ciclo di incontri promosso da Parrocchia e Società storica cremonese

 

La Santa Casa di Loreto a Sant’Abbondio, il 26 settembre al via il ciclo di conferenze

 

Maria Chiara Gamba
TeleRadio Cremona Cittanova
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