“Nei gesti quotidiani dei nostri sacerdoti c’è l’amore di Dio. Sostieni la loro missione con un’Offerta. Un abbraccio fraterno, una parola di conforto, un momento di preghiera condivisa…con i loro gesti i nostri sacerdoti ci trasmettono l’amore di Dio. Tutti loro vivono con noi, ogni giorno, una Chiesa solidale e partecipe.” Questo il senso della 31esima Giornata nazionale delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti diocesani che si celebra il 24 novembre, domenica dedicata a Cristo Re.
È l’appuntamento annuale che richiama l’attenzione sulla missione dei 34mila sacerdoti, sulla loro opera e sulle offerte che sono dedicate al loro sostentamento. In questa occasione vogliamo porre tre domande antipatiche sul loro sostengo economico.
“Essere prete” non è un lavoro: come si può, dunque, valutarlo in termini economici? È la prima delle questioni e sembra parecchio impertinente e indelicata. Però la domanda è attuale e appropriata: per le competenze che a lui si chiedono (educative, predicative, caritative, artistiche, psicologiche, spirituali, gestionali, motivazionali…), per l’estensione del suo servizio. Se venisse a mancare, quanto si sarebbe disposti a metterci ogni mese per la sua opera e la sua presenza? Come per un maestro di scuola? O un operaio con turni di otto ore? Come un impiegato bancario o come un trasportatore di merci? Come un professionista idraulico o elettrico oppure come un direttore d’azienda? La risposta è la stessa che si darebbe dovendo sostituire in famiglia un genitore: il massimo. Si darebbe il massimo per nostro padre o nostra madre!
Signor parroco, quanto prende di stipendio? È la seconda delle domande “antipatiche”. E sarebbe già un buon segno se venisse effettivamente formulata, perché per molti cristiani ancora, il parroco non prende uno stipendio, dato che tutto “sarebbe suo”. E invece non è così! Un tempo avveniva praticamente così, ma dal 1989 non più: gli enti affidati (parrocchie) sono persone giuridiche con la propria amministrazione, diversa da quella della persona fisica del parroco. Un parroco percepisce tra i 900 e i 1.300 euro, al mese in base all’età e ai servizi svolti (con i contributi già pagati). Tanto? Poco? Quanto basta per una vita più che dignitosa (un posto fisso in una “multinazionale” che mai fallirà per protezione divina).
Ma veniamo alla terza domanda: chi paga lo stipendio al parroco? Il principio guida è che ogni comunità cristiana si faccia carico del mantenimento dei suoi preti. Per evitare, però, che chi serve comunità più abbienti si arricchisca a svantaggio dei preti impegnati in comunità più povere, nella Chiesa italiana vige da circa 30 anni un sistema che gli altri paesi europei ci invidiano.
Non c’è lo spazio per descrivere il meccanismo che garantisce ai 32mila preti italiani il loro sostentamento mensile. Ci sarà occasione a partire da gennaio, attraverso gli incontri formativi sul territorio diocesano.
Qui basta richiamare che domenica 24 novembre cade la giornata annuale, le cui offerte raccolte nelle Chiese italiane saranno destinate al sostegno economico di tutti i preti. Li ringraziamo e non mancheremo di fare la nostra parte!