Carcere: «Sarà Giubileo se…». Martedì 15 dicembre Messa natalizia di mons. Lafranconi all’interno della Casa circondariale di Cremona

Le provocazioni del diacono Marco Ruggeri operatore Caritas nel penitenziario cittadino

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«Il mio pensiero va anche ai carcerati, che sperimentano la limitazione della loro libertà… Nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà». Con queste parole il Santo Padre ha voluto ancora una volta manifestare la vicinanza sua e della Chiesa al mondo penitenziario. Anche a Cremona il Giubileo sarà una preziosa occasione di incontro e comunione con questa realtà, tanto che il Vescovo Lafranconi aveva espresso il desiderio che il giorno dell’apertura del Giubileo in Diocesi, in Cattedrale, potesse essere presente una delegazione di detenuti del carcere cittadino.

Martedì 15 alle ore 15 il presule sarà presente in carcere per la Messa natalizia e porterà un forte messaggio di pace e di misericordia. Intanto i cappellani, don Roberto Musa e don Graziano Ghisolfi, stanno mettendo a punto tutta una serie di iniziative, centrate soprattutto sulle opere di misericordia spirituale e corporale, per accompagnare i detenuti, ma anche il personale penitenziario, verso un proficuo cammino giubilare. Di seguito riportiamo alcune riflessioni del diacono Marco Ruggeri, responsabile dei servizi Caritas in carcere e collaboratore della Cappellania penitenziaria.

Se mi si chiede come sarà vissuto il Giubileo nel nostro carcere, l’unica risposta onesta è: “Non lo so”. Non lo so perché di fatto non esiste il “carcere”, ma circa cinquecento modi diversi di vivere la reclusione e quindi di essere toccati, o non toccati per nulla, da un evento come il Giubileo. Però, in qualunque caso e in qualunque modo, sarà Giubileo e Giubileo della Misericordia.

Sarà Giubileo per quelli che vengono a Messa perché è il solo posto dove si possono incontrare con i detenuti di altre sezioni per scambiarsi notizie, e pazienza se si disturba chi vuole pregare.

Sarà Giubileo per chi, proprio dietro le sbarre, ha ritrovato il Signore e vive una strana altalena fra la gioia dell’incontro con Lui e il sincero dolore per le ferite provocate a tanti.

Sarà Giubileo per coloro i quali la fede è fare collezione di santini da appendere alle pareti della cella fianco a fianco con il decolté di Belen.

Sarà Giubileo per i fratelli che fanno fatica a credere che l’amore di Dio è più grande del loro reato.

Sarà Giubileo per quelli che ti chiedono tutti i giorni una corona del Rosario, ma bella, perché la si deve mettere al collo come collana.

Sarà Giubileo per chi c’è rimasto male perché ha scambiato il Giubileo con l’amnistia.

Sarà Giubileo per chi pur avendo tutto, prova sempre a fregarti qualcosa e le uniche litanie che conosce, sono gli insulti che ti lascia quando gli neghi un francobollo a lui che può permettersi una tabaccheria.

Sarà Giubileo per chi non ha davvero niente e non ti chiede niente, perché ha vergogna.

Sarà Giubileo per il fratello musulmano che ogni volta che ti vede, si passa il pollice sotto la gola e ti ricorda che presto arriverà l’ISIS, però nell’attesa i vestiti li pretende dalla Caritas.

Sarà Giubileo per il fratello musulmano che quando ti augura “pace” senti che sta pregando per te l’unico Dio con tutto se stesso, e stare con lui ti fa bene.

Sarà Giubileo per il tossico con i neuroni bruciati e per chi si annienta in un fiume di psicofarmaci.

Sarà Giubileo per chi ha scelto di essere rapinatore o spacciatore o truffatore o ladro per sempre perché “io non lavoro 38 ore alle settimana per 1.000 euro al mese”, e lo sarà per chi preferirà finire sotto un ponte piuttosto che commettere un altro reato.

Sarà Giubileo per chi è marito e padre, per chi è stato lasciato, per chi ha una famiglia e amici che non lo abbandonano e per chi è stato ripudiato da tutti.

Sarà Giubileo per chi trova forza per resistere e prova a farcela perché fuori c’é un cane che lo aspetta, e per chi vuole farla finita anche se fuori ha moglie e figli che possono contare solo su di lui.

Sarà Giubileo per chi è colpevole e lo sarà per chi, innocente, trema all’idea che un errore giudiziario possa toccare a lui.

Sarà Giubileo per chi è depresso perché ha davanti una vagonata di anni, e lo sarà per chi è in ansia perché fra poche settimane uscirà e non sa dove andare.

Davvero difficile immaginare come tutte queste persone vivranno il Giubileo. Sarà però importante provare a farne davvero un’occasione di incontro con quel Dio che non ti perdona perché ti sei pentito, ma che ti cambia perché il suo perdono anticipa e genera il tuo pentimento. Sarà importante mettersi in gioco seriamente riprendendo in mano, come ci invita a fare il Papa, le opere di misericordia spirituale e corporale, e provare a ridare linfa vitale all’umano sfregiato dal male, dato e ricevuto. Sarà importante guardare con occhi nuovi le porte delle celle che per profetica intuizione di Papa Francesco diventeranno non segno di prigionia, ma luogo di passaggio, di esodo, verso una libertà che i blindi non possono togliere. Sarà importante dare spazio, e non essere di ostacolo, alla grazia e alla fantasia dello Spirito che agirà come vuole e che darà frutti immediati o quando sarà tempo propizio che solo il Signore conosce.

Cosa sarà e cosa genererà il Giubileo in carcere resta così un mistero. Mistero non però nel senso di oscuro e inaccessibile, ma nel senso liturgico cristiano di “evento”, “fatto”, “accadimento” storico salvifico, con Cristo che non smette di farsi buon samaritano dell’umano. Un buon samaritano che curiosamente in questo caso volge la sua azione non sul malcapitato vittima di criminali, ma sui criminali stessi, invitando i suoi discepoli a fare altrettanto.

E certamente su questo aspetto si apre una pagina amara. La verità dei fatti dice che, salvo delle rarissime eccezioni da guardare con ammirazione e gratitudine, nelle comunità parrocchiali diocesane l’opera di misericordia corporale di “visitare i carcerati” può al massimo essere occasione di una rapida riflessione in occasioni particolari come il Giubileo, ma non di impegno concreto, non di attenzione vera al mondo del carcere (o almeno ai parrocchiani detenuti e alle loro famiglie), non di interesse autentico su come si vive in un penitenziario. Purtroppo la vita (e la morte) dei carcerati, ma aggiungo certamente gli agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, non rientrano fra quelli che qualcuno definisce in modo discutibile “valori non negoziabili” e così di quanto accade al di là delle sbarre sostanzialmente alle comunità cristiane non interessa, restano silenti, non chiedono e non propongono nulla alla politica e, quando giunge la notizia di un suicidio, molti battezzati riescono a dire solamente, come in qualunque bar, “Un delinquente in meno”.

Possa l’amore di Dio, in questo tempo santo, toccare il cuore di chi, dietro i muri, deve ritrovare se stesso, ma ancora di più possa convertire il cuore di chi, fuori da quei muri, si crede a posto e si arroga il diritto di esprimere giudizi che appartengono solo al Signore. E se è vero che secondo le logiche del Regno c’è più gioia per la conversione di un solo peccatore che non per novantanove giusti convinti di non aver bisogno di conversione, chissà che non si riesca a organizzare al Signore, tutti insieme, una festa completa: peccatori e presunti giusti che insieme, da fratelli e sorelle, si accompagnano e si sostengono sul cammino dell’umanizzazione, nutriti dalla misericordia infinita del Padre.

Diacono Marco Ruggeri

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