Il grido di don Mazzolari «Misericordia per Giuda»

Editato per EDB di Bologna un libretto che raccoglie alcuni scritti del parroco di Bozzolo sull'amore sconfinato di Dio per il peccatore. Curatori don Bignami e il prof. Vecchio

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Pochi giorni prima dell’avvio Giubileo straordinario è uscito nelle librerie, per i tipi dell’Edizioni Dehoniane di Bologna, un piccolo volumetto dal titolo «Misericordia per Giuda» che raccoglie alcuni interventi di don Primo Mazzolari proprio sul tema della misericordia da parte di Dio, ma anche da parte degli uomini . L’opera è stata curata da don Bruno Bignami, presidente della Fondazione Mazzolari di Bozzolo e dal prof. Giorgio Vecchio presidente del comitato scientifico della medesima fondazione. Pubblichiamo integralmente l’introduzione di questo sussidio che certamente potrà aiutare a vivere ancora con più intensità l’Anno Santo. Sono parole profetiche che nonostante siano state pronunciate decine di anni fa sono ancora attualissime e provocatorie

Misericordia anche per Giuda?

Come spesso capita, nei testi di don Primo Mazzolari la provocazione aiuta a entrare nel mistero cristiano. Il tema della misericordia attraversa tutta l’esperienza pastorale e la riflessione del sacerdote cremonese. Da La più bella avventura del 1934 alle omelie degli ultimi anni, la misericordia è la cifra sintetica del messaggio evangelico nella spiritualità mazzolariana.
La misericordia è innanzi tutto caratteristica di Dio. E’ il volto del Padre rivelato da Gesù mentre percorre la strada verso Gerusalemme, beneficando e offrendo salvezza. Dio sovrabbonda in misericordia, la riversa sull’umanità senza misura: non ha altro modo per presentarsi se non amando gratuitamente. Egli, infatti, «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Si fa conoscere per misericordia, con misericordia e in misericordia.

Se Dio è amore, la risposta dell’uomo più coerente sta nel comandamento evangelico: «Siate misericordiosi» (Lc 6,36). Le opere di misericordia sono l’invito più credibile alla conversione dell’uomo. Mazzolari ne è convinto: «C’è più cielo nella stalla di Betlemme che nelle Somme dei teologi: c’è più speranza in una parola indulgente che in un decreto del S. Uffizio: più Natale nel bacio di un malato o di un prigioniero sulla mano di Giovanni XXIII che in certe genuflessioni rituali» (Adesso, 15 gennaio 1959). Il cristianesimo è annuncio della misericordia di Dio attraverso la misericordia umana. La «misera e la misericordia» di agostiniana memoria, ossia il divario tra il peccato umano e la gratuità del dono di Dio, non bastano più per il parroco di Bozzolo. Le nostre scelte umane, fondate sulla benevolenza, annunciano il volto di Dio. La sua misericordia si fa strada nel cuore dell’uomo anche grazie alla misericordia umana. E’ un annuncio fatto di gesti e di parole (DV 2)!

Il punto culminante della riflessione mazzolariana si trova nella celeberrima omelia del 3 aprile 1958: «Ma io voglio bene anche a Giuda». Un lettore dovrebbe usare la pazienza di ascoltarne la registrazione. Il parroco di Bozzolo tuona la misericordia con una voce incalzante e, insieme, invitante. Giuda è il traditore per eccellenza. L’uomo perduto per il quale non c’è più nulla da fare. Eppure sorge la domanda del credente: davvero la condanna è l’ultima parola? Il Mazzolari pastore intuisce nella tenerezza di Cristo, che si rivolge a Giuda chiamandolo «amico», la strada che la misericordia si è aperta innanzi a sé. E’ un abbraccio di carità che ha tormentato l’animo di Giuda. Un traditore inquieto, verrebbe da pensare con gli occhi di don Primo!
La misericordia di Dio disarma il cuore, scava in profondità, non lascia nulla d’intentato. Anche davanti al commercio di trenta denari che equivalgono al prezzo del Cristo, la risposta del Figlio di Dio sta in quel sussurro all’orecchio: «amico».

I testi qui raccolti risultano un felice leitmotiv del pensiero di don Mazzolari. Rivelano l’anelito pastorale del parroco dei lontani.
La vita in parrocchia a Cicognara e a Bozzolo è stata all’altezza di così elevato messaggio? Difficile dirlo. Nell’esperienza di don Primo non sono mancati episodi d’incomprensione, soprattutto negli anni Cinquanta. Delazioni, processi, ricorsi a tribunali, accuse… lo hanno segnato. Sono stati momenti che possono far pensare a un abisso tra il dire e il fare. In realtà questi eventi attestano che vivere all’altezza della misericordia di Dio è dono.

Don Primo ha testimoniato senza dubbio una pastorale della misericordia: nell’attenzione ai lontani, nella preferenza dei poveri, nella ricerca di un dialogo con tutti, nell’aprire nuove frontiere all’apostolato cristiano… Come non ricordare gli episodi di perdono di cui si è reso protagonista? L’indomani del gesto intimidatorio dei fascisti di Cicognara che attentarono alla sua vita (2 agosto 1931), la sua risposta fu di rinunciare alla denuncia. E dopo il 25 aprile 1945, restò a lungo nel cuore di molti bozzolesi la visita al carcere con la celebrazione dell’Eucaristia per i detenuti che avevano militato con la RSI, ovvero per quelli che fino a pochi mesi prima gli avevano dato la caccia disposti a eliminarlo. Non la vendetta, ma la misericordia cristiana genera una novità di atteggiamenti. Nulla è mai scontato!

Per questo don Mazzolari può scrivere opportunamente: «L’uomo ha più bisogno di misericordia che di giustizia» (p. 23). Per essere misericordiosi occorre aver incontrato la misericordia, aver fatto l’esperienza del proprio limite per vivere l’affidamento pieno a Dio. Sono parole che possono lasciare il segno anche oggi. Soprattutto laddove si è tentati di invocare una giustizia senza misericordia. Pretendere la giustizia indicando i limiti altrui, è comodo. L’uomo troppo giusto può giungere a uccidere in nome di una presunta superiorità. Mazzolari lo ricorda ad esempio pensando ai carcerati, nel discorso a Cremona alla Lega di preghiera e carità pro carcerati (27 giugno 1949). Solo la fragile misericordia può salvare. Seminare gesti di misericordia richiama alla profezia di un mondo nuovo. Non appartiene alla debolezza di chi si arrende a tutto. Rimanda, invece, al modo di amare di Dio, al di fuori della cui paternità nulla esiste.

edb

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