«Confessione sacramento della misericordia»: le relazioni di don Compiani e mons. Franzini all’incontro di formazione del clero

Oltre cento sacerdoti hanno partecipato, giovedì 26 novembre, all'incontro di formazione in vista del Giubileo

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Un’intera mattinata di studio sulla “Confessione sacramento della misericordia” si è svolta giovedì 26 novembre in Seminario. Fortemente voluto dall’amministratore apostolico, mons. Dante Lafranconi, l’incontro ha visto la partecipazione di oltre cento sacerdoti. Presenti anzitutto coloro che saranno chiamati ad amministrare il perdono sacramentale nelle quattro chiese giubilare durante l’Anno Santo della misericordia: Cattedrale di Cremona, Santuario di Santa Maria del Fonte presso Caravaggio, quello della Misericordia di Castelleone e quello della Fontana di Casalmaggiore.

Un’occasione di formazione che ha coinvolto anche molti altri sacerdoti della diocesi e che ha permesso di approfondire temi quali il significato biblico della misericordia di Dio, la dimensione ecclesiale del perdono, l’aspetto penitenziale della vita del cristiano e non da ultimo gli atteggiamenti fondamentali del confessore.

Al tavolo dei relatori il biblista don Maurizio Compiani che ha svolto una puntuale relazione di carattere biblico-teologico e il teologo, nonchè parroco della Cattedrale di Cremona, mons. Alberto Franzini che si è soffermato più sugli aspetti spirituali e pastorali.

Ad introdurre il breve convegno il vescovo Lafranconi che ha offerto alcune brevi suggestioni: anzitutto ha ricordato che prima di essere confessore il prete è un credente che si confessa, in secondo luogo ha invocato una preparazione previa al ministero perchè nell’accostamento dei penitente occorre fare una preziosa quanto delicata opera di discernimento. Quindi il presule ha invitato i sacerdoti ad abiturare i fedeli a prepararsi alla Confessione, per questo ha disposto che in ogni chiesa ci siano dei sussidi che invitino alla preghiera e all’esame di coscienza prima di accostarsi al sacramento: “Ci sono peccati – ha detto – che le persone non confessano mai: penso, per esempio, alle omissioni nella formazione della propria coscienza, l’assenza totale ai percorsi di catechesi parrocchiale, la mancanza di uno spirito di carità”. Da qui l’invito a investire tempo e risorse sulla formazione interiore delle persone.

Don Maurizio Compiani ha quindi presentato un’avvincente relazione sul significato della misericordia attingendo a piene mani dalla Sacra Scrittura, in modo particolare dalle cosiddette parabole della misericordia dell’evangelista Luca. L’idea cardine del suo intervento – “La misericordia è condizione della nostra salvezza” – è tratta dalla bolla di indizione del Giubileo e trova pieno riscontro nel magistero dei Papi predecessori di Francesco, in modo particolare Giovanni Paolo II con la Dives in misericordia.

Posto il fatto che a fronte di un calo delle confessioni è sempre più difficile per i sacerdoti amministrare questo sacramento, il biblista cremonese ha sottolineato l’importanza di una preparazione biblico-teologica che eviti delle prassi penitenziali diverse le une dalle altre se non addirittura errate.

Per la Sacra Scrittura la misericordia di Dio non è bontà o benevolenza, ma la sua incrollabile fedeltà che sorregge, supporta e salva l’uomo superando ogni ostacolo e in modo particolare l’infedeltà dell’uomo stesso. Don Compiani ha spiegato che la misericordia rivela il male dentro di noi e intorno a noi, fino al punto di poterlo riconoscere in tutta la sua ampiezza e profondità, senza nessuna paura, perchè da esso l’uomo è già per grazia salvato. A tal proposito il relatore ha commentato in maniera approfondita la parabola del figliol prodigo evidenziando l’atteggiamento del padre che, con la sua compassione infinita, spiazza sia il figlio minore sia quello maggiore invitandoli a riconoscersi fratelli. Infine il biblista ha ricordato che il perdono, pur essendo sempre personale, si fa presente nella comunità: esso conduce la comunità verso il peccatore e al tempo stesso riconduce il peccatore entro la comunità. Quest’ultima, infatti, è chiamata a farsi carico del perdono di Dio che trova la sua efficacia nel mistero Pasquale ove l’amore di Dio manifestatosi nel Crocifisso trionfa per sempre.

Da parte sua mons. Franzini si è soffermato più sugli aspetti pratici. Anzitutto ha ricordato che la confessione, per essere davvero efficace, deve rientrare in un contesto organico di vita penitenziale, altrimenti rimane una “Cattedrale nel deserto” che incide davvero poco sull’impegno di conversione. Da qui l’invito a riscoprire alcune pratiche che possono sembrare anche faticose e pesanti, ma che in realtà conducono ad una profonda libertà interiore. Il teologo ha poi riflettutto sull’importanza della personalizzazione della confessione che permette un dialogo tra penitente e confessore così da riuscire a scavare nel profondo del proprio cuore svelando efficacemente il male che lo attanaglia. Importante è ancora la distinzione tra peccati veniali e mortali, così come la capacità di consegnare delle penitenze che siano serie e che non si limitino a qualche preghiera recitata velocemente.

Quali poi gli attegiamenti del confessore? Un’adeguata preparazione teologico-dottrinale che escluda l’utilizzo di private opinioni e che, però, aiuti a tenere conto del contesto culturale e sociale in cui si svolge il proprio ministero e dei condizionamenti concreti del penitente, in modo da riuscire a distinguere il più possibile, nel misterioso ambito della coscienza, l’atto veramente umano, il solo moralmente responsabile, dall’atto “dell’uomo”, spesso condizionato da meccanismi psicologici che tolgono o diminuiscono la responsabilità.

Infine la raccomandazione alla prudenza nei gesti e nelle parole e la capacità di dare dei consigli così da aiutare il penitente a formarsi una coscienza: un compito oggi quasi totalmente dimenticato, ma che è la premessa sia per una fruttuosa confessione sia per una più significativa conversione della propria vita.

Il tema sarà sviluppato nelle singole zone pastorali, durante la prossima riunione del clero, grazie ad una schema appositamente redatta da don Compiani e mons. Franzini.

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