Il canto della speranza: il Vescovo chiude il Giubileo con le corali da tutta la diocesi

Oltre 270 cantori hanno animato la Messa di chiusura dell'anno santo presieduta da mons. Napolioni in Cattedrale

image_pdfimage_print

Guarda la fotogallery completa

 

La speranza prorompe in un canto nuovo. Un inno di gioia, gratitudine e desiderio di annunciare lo stupore di una salvezza a portata di ciascuno nel proprio viaggio della vita. È il canto di un Giubileo che si perla Chiesa cremonese si è concluso nel pomeriggio del 28 dicembre, con la Messa solenne presieduta in Cattedrale dal vescovo Napolioni.

Un anno di riflessioni, celebrazioni, momenti comunitari nel segno di una rinnovata fiducia nell’umanità, nel futuro, nel mondo con lo sguardo di Dio fatto uomo. «Abbiamo fatto il pieno della speranza, comunione e misericordia che diventa un canto che fiorisce. È un giubilo che riapre il cammino, si proietta sulla storia, ci impegna a dare testimonianza. Rendiamo grazie al Signore, colui che ci ricolma delle ragioni profonde della nostra speranza che non delude».

In una Cattedrale gremita ben oltre il numero di posti a sedere, la Santa Messa di conclusione del Giubileo 2025, concelebrata insieme al vescovo emerito Dante Lafranconi, a mons. Carmelo Scampa e mons. Eliseo Ariotti, il Capitolo della Cattedrale e dai sacerdoti del territorio diocesano, è stata animata e impreziosita dai canti intonati all’unisono da ben 16 corali, con 273 cantori provenienti da tutto il territorio diocesano per il loro Giubileo e guidati nel canto liturgico da don Graziano Ghisolfi.

Proprio un canto nuovo è il primo risultato tangibile di un Anno Santo; un canto di gratitudine, di gioia, di consapevolezza di una presenza viva nel quotidiano. «Dobbiamo davvero cantare tanto, cantare in tanti, cantare sempre perché è un’immagine di Chiesa, non tanto per quanti siamo ma perché siamo un coro di cori, una chiesa di chiese, un popolo di popoli. Dove l’unità non cancella le originalità, le storie, ma gustando la coralità più che la bravura dei solisti» ha aggiunto il vescovo.

La lettura del Vangelo della domenica della famiglia di Nazareth ha infatti invitato monsignor Napolioni a vivere la conclusione del Giubileo non come un «bilancio» ma come un rinnovato slancio alla propria vocazione di pellegrini. «Riconoscere questa crescita nascosta, umile, di Dio in noi – ha proseguito mons. Napolioni – una crescita fatta di esperienze e relazioni con il Signore». Da qui l’invito del vescovo alla chiesa cremonese di «gustare quindi la sinodalità maturata come armonia di doni e ministeri, di vocazioni diverse, di storie diverse, dai fedelissimi agli ultimi arrivati, di diversità riconciliate e arricchenti che ci fanno scoprire la forza rivoluzionaria del canto dei poveri e dei martiri». Cogliere la bellezza straordinaria di un tempo e portarlo nel ritmo ordinario. A «prenderci cura del piccolo Gesù che c’è nei nostri cuori, nelle nostre esistenze del briciolo di fede che custodiamo. Nell’omelia di un anno fa dicevo come è bello già pensare come terminerà il Giubileo. “Scese con loro e venne ad abitare a Nazareth e stava loro sottomesso”. Si prevedeva già che dopo il tempo straordinario, la presenza di Gesù entra nella vita nascosta nella bottega del falegname, dove cresceva in età sapienza e grazia. Il Vangelo ci ha ripetuto quattro volte lo stesso deciso invito, “alzati, prendi con te il bambino e sua madre”. Giuseppe lo fa. Facciamolo anche noi, se non riusciamo a farlo come Giuseppe, facciamolo almeno come frate asino, anche quando invecchia, alla gioia di essere con Gesù e con la sua chiesa».

Pellegrini di speranza, dunque. Da Roma ai santuari alla Cattedrale. Dal carcere ai luoghi di sofferenza, fino alla porta accanto. «E ora proseguiamo questo viaggio. Non solo mendicanti di speranza, ma pieni di speranza, rimessi nella speranza che è Gesù risorto e vivo». Se abbiamo ricevuto tanta indulgenza da Dio, «ora tocca a noi spartirla» ha detto il vescovo. «Benevolenza, meno rabbia, meno ostilità. Meno durezza, più gentilezza, più disponibilità. Paolo ci indica come fare il metodo sicuro delle nostre comunità. La parola di Dio abiti noi, si faccia ancora carne, leggendola, pregandola da soli e insieme. Così, rivestiti di carità, l’abito dell’uomo nuovo che esce dal battesimo e da ogni eucarestia capace dell’amore ricevuto, fa sì che la pace regni nei nostri cuori e si diffonda».

Al termine della celebrazione, conclusa dal canto del Magnificat intonato dalle corali di tutta la diocesi, il vescovo ha portato la croce giubilare, segno del cammino vissuto in questo Anno Santo dalla chiesa di Cremona, verso la porta della Cattedrale per benedire la città. Un gesto conclusivo a rappresentare l’invito a continuare nella vita quotidiana ciò che i fedeli hanno vissuto durante il Giubileo. «Attraverso i sacramenti, il pellegrinaggio, la preghiera, abbiamo fatto una intensa esperienza della misericordia di Dio – ha concluso monsignor Napolioni –. Abbiamo comunicato nella fede e nella carità al mistero di Cristo lungo i tempi liturgici. Ora rinfrancati da questa esperienza di conversione, torniamo al ritmo quotidiano della nostra vita. E come i discepoli che hanno visto il volto del Signore e custodiamo la gioia e manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso».

 

Il video integrale della celebrazione

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

Jacopo Orlo
TeleRadio Cremona Cittanova
condividi su