Alla Messa conclusiva del pellegrinaggio a Roma il vescovo Antonio ricorda la giovanissima Gaia Sacchetti deceduta improvvisamente

La trasferta romana si è conclusa intorno alle ore 16 nella basilica papale di San Paolo fuori le mura

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Intorno alle 16, nella basilica papale di San Paolo fuori le mura, si è concluso il pellegrinaggio diocesano giubilare a Roma iniziato lunedì 22 febbraio e presieduto dal vescovo Antonio insieme all’emerito Lafranconi e a una quindicina di sacerdoti. Nel grande tempio che conserva la memoria del martirio dell’Apostolo delle genti i pellegrini si sono raccolti brevemente in preghiera e a seguire hanno compiuto una brevissima visita.

Prima del pranzo, immediatamente dopo l’udienza generale in piazza S. Pietro, il gruppo cremonese si è ritrovato nella chiesa di S. Maria delle Fornaci, a pochi metri dal Vaticano, retta dai padri Trinitari. Qui il vescovo Antonio ha presieduto l’Eucaristia durante la quale sono stati ricordate tutte le necessità della Chiesa di Cremona, ma anche le tante situazioni dolorose: il presule ha pregato in modo particolare per Gaia Sacchetti, la 14enne di Pieve San Giacomo deceduta improvvisamente nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 febbraio.

Nell’omelia mons. Napolioni ha scherzato sui primi posti riservati ai cremonesi all’udienza papale: “Ora torniamo a casa: siamo disposti a riprenderci l’ultimo posto? Siamo pronti a tornare in famiglia, a scuola, sul lavoro dove c’è da ‘tirare la carretta’ tutti i giorni?'”.

Per il presule il segreto per vivere al meglio il pellegrinaggio una volta tornati alla vita di ogni giorno è di quello diventare un poco profeti, così come indicava la prima lettura del giorno: “Profeta non è colui che indovina il futuro, che giudica il mondo secondo la sua testa, ma è colui che ascolta talmente il Signore da non poter tacere ciò che ha ascoltato da Lui e lo comunica, lo grida, lo canta, lo sussurra: a seconda dei momenti e delle situazioni in cui viviamo. I genitori devono essere profeti di Dio in famiglia, i nonni lo stesso. Un bambino che va a scuola può essere testimone di Gesù in mezzo ai compagni. A maggior ragione il vescovo, i preti, i catechisti devono essere profeti di Dio”.

Il vescovo Antonio si è domandato come concretizzare questo compito: “Occorre ritornare a casa come pellegrini: rimettendosi in ascolto tutti i giorni. Compiendo il nostro piccolo pellegrinaggio dalla casa alla chiesa, ma anche il piccolo pellegrinaggio dal cuore al Crocifisso, al Vangelo, all’Eucaristia, allo sguardo di Maria, a quei segni forti e sicuri che ci fanno dire: ‘Non sono solo! Lui mi guida, lui mi parla, lui c’è'”.

E prendendo esempio dal Papa che quotidianamente si mette a servizio del popolo di Dio mons. Napolioni ha proseguito: “Se anche noi impariamo a essere non schiavi, ma servi, umile e gioiosi, gli uni degli altri, questo servizio si moltiplica nei nostri giorni e ci fa sentire che la nostra vita non è sprecata mai, perché non ci è mai impedito di ascoltarli, di amare e di servire. Allora sarà bello immaginare una nuova fioritura delle nostre chiese”.

E così ha concluso: “Questo pellegrinaggio non sia solo un fatto personale, familiare: ma un fatto ecclesiale. Tornando a casa raccontatelo con semplicità, ma, soprattutto, vivetelo ancora insieme a tutti”.

Prima della benedizione conclusiva don Rota, responsabile del Segretariato diocesano pellegrinaggi, ha ringraziato i vescovi Antonio e Dante, i diversi sacerdoti presenti e, soprattutto, i pellegrini  che hanno dimostrato grande attenzione e disponibilità a farsi coinvolgere spiritualmente e umanamente.

Photogallery 

 

L’omelia di mons. Napolioni a Santa Maria delle Fornaci

 

Gli altri momenti del viaggio a Roma

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