Nell’approssimarsi della festa patronale dei giornalisti diffuso il messaggio del Papa per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Si svolgerà nell'ambito della prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali con mons. Napolioni l'annuale incontro del vescovo con i giornalisti, solitamente organizzato per la ricorrenza di san Francesco di Sales (24 gennaio)

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Presentato ufficialmente il 22 gennaio il messaggio di Papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (8 maggio 2016), sul tema: “Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo”. Il testo – un doppio appello a quanti hanno responsabilità istituzionali e ai pastori della Chiesa – è stato diffuso nell’imminenza della memoria liturgica del patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales (24 gennaio). Una ricorrenza che per la Diocesi di Cremona cade quest’anno tra il saluto al vescovo Lafranconi e l’ingresso in diocesi con ordinazione episcopale del suo successore, mons. Napolioni. Per questo non è stato programmato il tradizionale momoento di incontro rivolto agli operatori pastorali. Un appuntamento che slitta proprio alla prossima Giornata delle comunicazioni. “L’appuntamento però è solo rimandato – scrive nella lettera inviata ai giornalisti il direttore dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali, mons. Attilio Cibolini –. Il nuovo Vescovo Antonio Napolioni ci fa sapere che ben volentieri ci incontrerà tutti, magari in occasione della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni l’8 maggio p.v.”.

La lettera di mons. Cibolini ai giornalisti

Il messaggio del Papa

È la misericordia l’unica strada per una corretta comunicazione. Non c’è alternativa. E questo vale sia per i “pastori nella Chiesa” sia per “quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica”. Nel messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che la Chiesa celebrerà il prossimo 8 maggio, Papa Francesco illustra tutto il suo pensiero su come “comunicazione e misericordia” possano stabilire “un incontro fecondo”. E lo fa già dalle battute iniziali del testo invitando “tutte le persone di buona volontà” a “riscoprire il potere della misericordia di sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità”.

La misericordia, infatti, “è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare”. E qui, un po’ a sorpresa, Francesco cita Shakespeare, nell’anno in cui ricorrono i 400 anni dalla morte. “La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve” (Il mercante di Venezia, Atto IV, Scena I).

Il linguaggio della politica. Il “potere” della misericordia, dunque, coinvolge tutti: “famiglie”, “comunità”, “popoli”… E soprattutto chi esercita funzioni pubbliche. Per questo, dice Francesco, “è auspicabile che il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto”. Da qui l’“appello” a “quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato”. Infatti, osserva, “è facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio”. Invece, “ci vuole coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura”.

Le parole dei pastori. Ma la misericordia va applicata, in modo sostanziale, pure nella comunicazione ecclesiale. “Come vorrei – scrive Francesco – che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio”. Per questo, spiega ancora, “lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc. – ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore”. Secondo Francesco, “solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa”.

Prossimità e ascolto. “L’incontro tra la comunicazione e la misericordia – chiarisce il Papa – è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità”. Per questo, è molto importante saper ascoltare. “L’ascolto – sottolinea Bergoglio – ci consente di assumere l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori. Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune”.

E ancora: “Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui”. In definitiva: “Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio” e “saper ascoltare è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo”. Prossimità e ascolto, allora, perché tra “comunicazione e misericordia” ci sia “un incontro fecondo”.

Il messaggio integrale di Papa Francesco

San Francesco di sales, Patrono dei giornalisti

San-Francesco-di-SalesNato a Thorens il 21 agosto 1567, concluse a Lione i suoi giorni, consunto dalle fatiche apostoliche, il 28 dicembre del 1622, l’anno della canonizzazione di San Filippo Neri, che Francesco conosceva attraverso la Vita scritta dal Gallonio, a lui inviata dall’amico Giovanni Giovenale Ancina. Iscritto nell’albo dei Beati nel 1661, fu canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1887 da Leone XIII.

Francesco di Sales si formò alla cultura classica e filosofica alla scuola dei Gesuiti, ricevendo al tempo stesso una solida base di vita spirituale. Il padre, che sognava per lui una brillante carriera giuridica, lo mandò all’università di Padova, dove Francesco si laureò, ma dove pure portò a maturazione la vocazione sacerdotale. Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chablais, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, scegliendo non la contrapposizione polemica, ma il metodo del dialogo.

Per incontrare i molti che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della “roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere dato, nel 1923, come patrono ai giornalisti cattolici.

A Thonon fondò la locale Congregazione dell’Oratorio, eretta da Papa Clemente VIII con la Bolla “Redemptoris et Salvatoris nostri” nel 1598 “iuxta ritum et instituta Congregationis Oratorii de Urbe”. Il suo contatto con il mondo oratoriano non riguardò tanto la persona di P. Filippo, quanto quella di alcuni tra i primi discepoli del Santo, incontrati a Roma quando Francesco vi si recò nel 1598-99: P. Baronio, i PP. Giovanni Giovenale e Matteo Ancina, P. Antonio Gallonio.

L’impegno che Francesco svolse al servizio di una vastissima direzione spirituale, nella profonda convinzione che la via della santità è dono dello Spirito per tutti i fedeli, religiosi e laici, fece di lui uno dei più grandi direttori spirituali. La sua azione pastorale – in cui impegnò tutte le forze della mente e del cuore – e il dono incessante del proprio tempo e delle forze fisiche, ebbe nel dialogo e nella dolcezza, nel sereno ottimismo e nel desiderio di incontro, il proprio fondamento, con uno spirito ed una impostazione che trovano eco profondo nella proposta spirituale di San Filippo Neri, la quale risuona mirabilmente esposta, per innata sintonia di spirito, nelle principali opere del Sales – “Introduzione alla vita devota, o Filotea”, “Trattato dell’amor di Dio, o Teotimo” – come pure nelle Lettere e nei Discorsi.

Fatto vescovo di Ginevra nel 1602, contemporaneamente alla nomina dell’Ancina, continuò con la medesima dedizione la sua opera pastorale. Frutto della direzione spirituale e delle iniziative di carità del Vescovo è la fondazione, in collaborazione con S. Francesca Fremiot de Chantal, dell’Ordine della Visitazione, che diffuse in tutta la Chiesa la spiritualità del S. Cuore di Gesù, soprattutto attraverso le Rivelazioni di Cristo alla visitandina S. Margherita Maria Alacocque, con il conseguente movimento spirituale che ebbe anche in molti Oratori, soprattutto dell’Italia Settentrionale, centri di convinta adesione.

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