San Giuseppe, il Vescovo: «Oggi è la festa di uno che si prende cura degli altri. Ognuno di noi può essere un po’ padre e madre di chi incontra»

Nella solennità del 19 marzo consueto appuntamento per monsignor Napolioni tra la comunità dei Frati Cappuccini di Cremona

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Un clima di comunione e famiglia ha caratterizzato la celebrazione nella solennità di san Giuseppe che nel pomeriggio di mercoledì 19 marzo il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto come tradizione nella chiesa dei Frati Cappuccini di Cremona, intitolata proprio al santo. E il pensiero del vescovo dalla Casa di Nazaret, dalla quale attingere l’essenziale della salvezza, è andato alle «nostre case, che a volte hanno difficoltà di intesa, ci fanno soffrire solitudini e paure» ma possono diventare insieme «la casa della famiglia dei figli di Dio».

La celebrazione è stata introdotta dal saluto del guardiano, padre Andrea Cassinelli, che ha concelebrato l’Eucaristia insieme agli altri sacerdoti della comunità francescana e una rappresentanza delle comunità religiose presenti in città e alcuni sacerdoti diocesani.

Nell’omelia il vescovo ha anzitutto preso spunto dal ritornello del Salmo: “In eterno durerà la sua discendenza”. «Ma sembra una presa in giro – ha detto il vescovo –. Dov’è questa discendenza di Giuseppe?». Occorre, infatti, cambiare prospettiva, perché «non è la discendenza secondo la carne; non è la discendenza fisica, biologica, naturale. Nessuna singola famiglia dura in eterno. Giuseppe brilla per una discendenza secondo lo Spirito, che non è aria, non è parole, è la vera potenza della vita. Lo Spirito Santo è Signore e dà la vita. Lo Spirito Santo non fa solo concepire Maria, ma illumina anche Giuseppe ad accondiscendere alla condiscendenza di Dio».

Monsignor Napolioni ha voluto soffermarsi sul termine «condiscendenza», che richiama «come Dio si è immerso per primo: è lui che è disceso per stare con noi, mettersi nella nostra carne, nel Figlio e, dunque, generare un nuovo ordine delle cose, una nuova famiglia umana in cui il centro non fosse la natura o peggio ancora l’istinto che diventa facilmente istinto di possesso». E ha proseguito: «Il modo di dire “i miei figli” fa male: non è il possesso che genera una discendenza felice, ma è il noi e la comunione».

Proprio per la discendenza secondo lo Spirito di Giuseppe, ha affermato Napolioni, «le nostre paternità spirituali riscoprono la loro dignità. Oggi è la festa di uno che si prende cura degli altri». In tal modo «ognuno di noi può essere un po’ padre e un po’ madre di chi incontra, nel momento in cui asseconda quello Spirito che ci fa scendere dallo scalino, fare un passo verso l’altro».

In questo senso, in conclusione, il vescovo ha voluto ricordare Papa Francesco, che celebrò la Messa d’inizio pontificato proprio il 19 marzo 2013, e che oggi pur nella malattia «può essere padre, continuare a esercitare il suo ministero finché se la sente, finché lo Spirito non gli suggerisce che è venuto il momento di consegnare ad altri la paternità della Chiesa».

Al termine della celebrazione, dopo aver fatto gli auguri a tutti i Giuseppe e le Giuseppine presenti, ancora in segno di comunione, il vescovo ha voluto ricordare il pellegrinaggio giubilare diocesano a Roma in programma da venerdì 21 a domenica 23 marzo.

 

Omelia del vescovo Napolioni

 

 

Giulia Gambazzi
TeleRadio Cremona Cittanova
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