Papa Francesco a Bozzolo – Foto Cristian Chiodelli
«C’è una grande consonanza tra Papa Francesco e don Primo Mazzolari. Erano due uomini che si somigliavano per stile, ma anche per temperamento – evidenzia il vescovo Antonio Napolioni –. Tutti e due molto esigenti con se stessi e anche con gli altri, laboriosamente docili al Vangelo e allo Spirito, inquieti di un’inquietudine autenticamente evangelica».
Il ricordo è vivo nella memoria e nel cuore. Quella mattinata a Bozzolo, il 20 giugno del 2017, è più che mai oggi l’occasione per ripensare a quanta verità evangelica ci hanno donato con la loro testimonianza don Primo e Francesco.
«Il Papa venendo in Italia aveva scoperto – continua il vescovo – la figura di don Primo e la grande corrispondenza di stile e di contenuto rispetto al suo ministero». Per questo aveva deciso di andare, in forma quasi privata, a Bozzolo per vedere di persona la tomba, il suo studio, i suoi scritti, per conoscerlo meglio. «Non lo avevamo invitato», è stata una scelta personale di Francesco farsi pellegrini sulla tomba di don Primo Mazzolari.
Un volo in elicottero, l’arrivo alle 9.30 circa, lo scambio di saluti con i ragazzi del Grest di quella zona e poi un discorso significativo in chiesa, preceduto dalla preghiera alla tomba. Poi in canonica e di nuovo in elicottero diretto a Barbiana.
«Aveva avuto l’idea di unire don Primo a don Milani in una giornata di riconoscimento e rilancio di due figure di preti che hanno segnato il ‘900 e che ancora oggi ispirano tanto impegno educativo e pastorale», prosegue Napolioni.
Un’intuizione importante: «Quella visita è stato un rilancio della testimonianza di don Primo e un’attestazione quasi di giustizia nei suoi confronti – commenta don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per i problemi sociali e il lavoro e postulatore della causa di beatificazione del parroco di Bozzolo, che nel 2017 era presidente della Fondazione “Don Primo Mazzolari” –. È stata una sorta di riconsegna del messaggio di don Mazzolari, figura profetica come Don Milani».
Già nei mesi precedenti nella visita “il parroco d’Italia” era ben presente al Papa. «Aveva mandato – ricorda il vescovo di Cremona – una rosa d’argento da porre sulla tomba di Mazzolari». Un piccolo segno, un gesto di gratitudine che dice tanto anche di Francesco.
«Era un prete scomodo don Primo», ha detto Papa Francesco nella chiesa di Bozzolo davanti a qualche autorità e tanti sacerdoti del clero cremonese. Un prete che vedeva oltre, avanti e di cui la Chiesa cremonese deve essere «orgogliosa di aver generato preti così». Le parole del Papa avevano colpito nel segno.
«Si era soffermato – sottolinea il vescovo Napolioni – su tre concetti chiave: fiume, cascina e pianura». Tre elementi che fanno da sfondo al vissuto di don Primo e raccontano la terra della Bassa Padana.
Quella terra che il 20 giugno 2017 «ha vissuto con trepidazione l’arrivo del Pontefice. Tutti conservano un ricordo personale», chiarisce don Francesco Cortellini, attuale parroco di Bozzolo.
Maria Sole Albertinj, che era tra i ragazzi del Grest in piazza quel 20 giugno, ricorda del Papa «il sorriso genuino, la grande umanità». Filippo Storti è emozionato al pensiero di quell’abbraccio ricevuto quando aveva 11 anni: ora il ricordo è custodito tutto in una foto preziosa più che mai in questi giorni di dolore per Francesco. Giulia Cizzani, anche lei in quella piazza sotto il sole ma piena di gioia e di cappellini che sventolavano, si era appuntata un ricordo per iscritto, per non dimenticare quell’incontro: «Francesco ci ha donato un grande incoraggiamento a non spegnere mai le luci delle nostre speranze».
Speranze che oggi si fanno eredità importanti da portare avanti. E di cui «la comunità di Bozzolo e la Chiesa cremonese – conclude don Cortellini – si sentono eredi».