Albania, l’impegno della Chiesa cremonese nel segno della continuità

Si è conclusa la visita del vescovo Napolioni nelle comunità di don Fiocchi: lunedì l'incontro con i vescovi Massafra e Kulli tra le tante testimonianze degli orrori sotto il regime

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Con il rientro in Italia, nella mattinata di martedì 24 luglio, si è concluso il viaggio del vescovo Antonio Napolioni in Albania. Occasione per conoscere più da vicino, insieme all’incaricato diocesano per la Pastorale missionaria don Marizio Ghilardi, la realtà in cui, da ormai vent’anni, opera il sacerdote “fidei” donum” cremonese don Giovanni Fiocchi.

 

La giornata di lunedì 23 luglio è iniziata facendo tappa a Scutari incontrando l’arcivescovo metropolita di Scutari-Pult, mons. Angelo Massafra, francescano originario di San Marzano di San Giuseppe, storica comunità albanese della Puglia.

Toccante rivedere nelle foto d’epoca la Cattedrale di Scutari, che il regime ha radicalmente trasformato architettonicamente, così come nell’uso, per farne il Palazzo dello sport.

 

Quindi il rientro nella diocesi di Sape (nel cui territorio opera don Fiocchi) per l’incontro con il vescovo Simon Kulli: di 44 anni, con 18 anni di Messa, è il primo vescovo originario della diocesi dopo il regime comunista. Tra i temi affrontati nel dialogo tra i vescovi c’è stato naturalmente il servizio del sacerdote cremonese, la cui continuità è stata garantita da mons. Napolioni in attesa del possibile avvicendamento con qualche altro sacerdote cremonese che offrisse la propria disponibilità.

 

Insieme alla visita alla Cattedrale non sono mancati neppure alcuni altri incontri, come quello con Violetta, la segretaria della Curia, che ha presentato la figura di una suora Stimmatina che, costretta, durante il regime, a vestire in modo laico e lavorare in fabbrica con le altre donne, ha comunque continuato la sua missione battezzando, di nascosto, decine e decine di bambini. Tra loro proprio Violetta e anche il vescovo Kulli.

 

Le drammatiche storie di quegli anni di terrore e violenza, senza alcun tipo di libertà religiosa, sono continuate anche nelle parole di questa anziana donna che per trent’anni, mettendo a rischio la propria vita e quella dei suoi familiari, ha continuato a far visita in carcere ai sacerdoti che conosceva. Visite che si sono fermate quando un giorno ha scoperto che erano stati tutti fucilati.

 

Tiene viva la memoria del martirio di tanti sacerdoti anche questo particolare oggetto: un porta tabacco con attaccato sopra un portacenere. Era in esso, tra il tabacco e le cartine di sigarette, che i parenti dei preti nascondevano le particole, per garantire ai propri cari di poter celebrare comunque l’Eucaristia.

 

L’opposizione del regime per la religiosa è chiara anche nella storia di questa statua di santa Teresa di Gesù Bambino, che durante il regime fu esposta a Tirana nel Museo dell’ateismo e della superstizione.

Oggi la statua è conservata all’interno nel monastero delle Carmelitane presente in diocesi di Sape. Un ulteriore luogo che racconta gli anni del regime: tra la chiesa del monastero e il monastero stesso, infatti, si trovano i resti dell’originario episcopio, che fu distrutto con i trattori e a picconate.

 

Nell’ultima giornata albanese della delegazione cremonese non è mancata neppure la vista a una delle “case della carità” dove sono accolti anziani e disabili gravi. Una realtà gestita dalla suore della Congregazione mariana delle case della carità, nata in Italia, nella diocesi di Reggio Emilia.

 

Nel pomeriggio anche l’incontro con la comunità delle Suore di madre Teresa, dove è stata celebrate l’Eucaristia.

 

Al termine della giornata c’è un’immagine che rimane fissa nel cuore della delegazione cremonese: è l’immagine del Risorto, in un particolare della Cattedrale di Sape. «Dopo aver visto ciò che ha vissuto questo popolo e aver condiviso l’esperienza di ita e di fede di queste persone, l’immagine del Risorto è quanto mai significativa: con tutto quello che il regime, e l’impero ottomano prima, ha fatto passare a questo popolo che ha senz’altro bisogno di risorgere».

 

 

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