La domenica albanese del vescovo Napolioni con il battesimo di Eugenio

Le giovani comunità di oggi devono tutto a quei cristiani che, durante il regime comunista, di nascosto e pericolosamente, hanno consegnato ai propri figli e nipoti l’eredità della fede in Cristo

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Nella giornata di domenica 22 luglio, in Albania, sono proseguiti gli incontri del vescovo Antonio Napolioni con le parrocchie di don Giovanni Fiocchi, sacerdote “fidei donum” cremonese ormai da vent’anni in questa terra. Comunità che devono la loro esistenza a quei cristiani che, durante il regime comunista, di nascosto e pericolosamente, nonostante tutto hanno consegnato ai propri figli e nipoti l’eredità della fede in Cristo. Quella fede che oggi riunisce realtà anagraficamente molto giovani: si pensi che, solo nella zona pastorale di don Fiocchi, c’è una media di 200 battesimi ogni anno. Uno di questi è stato celebrato proprio domenica 22 luglio a Puke, dove il vescovo Napolioni ha battezzato Eugenio, di 13 anni.

Photogallery della Messa a Puke con il battesimo di Eugenio

«L’uomo – sottolinea don Maurizio Ghilardi, incaricato diocesano per la Pastorale missionaria cremonese, in Albania insieme a mons. Napolioni – teme chi urla, chi minaccia, chi alza la voce costantemente, chi divide, chi è violento. Ma non teme colui che si fa servizio, condivisione, salvezza e chiama ognuno ad assumersi le proprie responsabilità». «Se per decenni – afferma ancora il sacerdote – un popolo intero, con la coercizione, si convince del fatto che la vera liberà è non possederla affatto, perché l’unico bene è lo Stato e solo allo Stato bisogna rendere conto, quando questo popolo si risveglia non sa come vivere la libertà e quindi anche la propria libera iniziativa. Dunque o si ricrea un riferimento altrettanto forte oppure si rieduca, e come un bambino deve reimparare a camminare».

La canonica di Puke

«Nel Vangelo di questa domenica – continua don Ghilardi – Gesù riserva uno sguardo compassionevole sulla gente che sembra vagare come un gregge senza pastore. Forse il popolo albanese nel 1991, quando finalmente ha potuto riassaporare la libertà, si è reso consapevole che i tanti “pastori” che ha avuto non erano altro che mercenari. Essere pastori è un’altra cosa. Ed essere popolo è altrettanto un’altra cosa».

In attesa della costruzione della nuova chiesa, in fase di realizzazione anche con il contributo di Cremona (Leggi per saperne di più sulla nuova chiesa), la Messa domenicale è stata celebrata in quella che in questi anni sta fungendo da aula liturgica: un prefabbricato giunto dall’Italia dopo il suo utilizzo a servizio delle popolazioni terremotate del Friuli, negli anni Settanta.

Photogallery del cantiere della nuova chiesa

 

 

La giornata è proseguita con l’incontro con la comunità di Kcira. Anche qui l’età media è bassissima ed è molto numerosa la rappresentanza di giovani e adolescenti.

 

Ulteriore tappa a Shkose (circa un’ora da Puke). La chiesa è ancora quella di prima del regime, durante il quale, però, fu adibita a casa per i maestri delle scuole elementari. Per questo la struttura fu lasciata intatta, mentre gli arredi sacri furono depredati: solo qualcosa è stato salvato dai cristiani del villaggio, che riuscirono a nasconderli in tempo. All’arrivo di don Fiocchi, 20 anni fa, rimanevano solo i muri perimetrali. Con gente del luogo e gli amici cremonesi della “Drum Bun” è stato ricostruito il tetto e la chiesa è stata riaperta.

Photogallery dell’incontro con la comunità di Shkose

 

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