Il 12 settembre si terrà il congresso provinciale delle Acli cremonesi. Nel rispetto delle norme anticovid, l’evento, che si svolgerà dalle 14 alle 19 presso la sede in via cardinal Massaia 22, sarà aperto solo ai 108 delegati delle strutture di base, dei Servizi e delle Associazioni specifiche. Un congresso interno all’associazione che punterà soprattutto sui contenuti e sul dare spazio al confronto e alla discussione dei partecipanti.
Si farà il punto sulla vita e l’impegno dell’associazione in un momento sociale delicato e difficile per l’esplodere delle disuguaglianze, della povertà e della perdita diffusa del lavoro. Le Acli, presenti sul territorio provinciale da 75 anni a fianco dei lavoratori e delle loro famiglie, oggi, svolgono un’azione socio-politica e culturale e offrono servizi in materia di assistenza fiscale, patronato e di formazione professionale attraverso Enaip.
Il tema del lavoro, dell’uguaglianza e della giustizia sociale – temi fondamentali del movimento – saranno al centro della riflessione congressuale (dal titolo “Acli 2020: più eguali. Viviamo il presente costruiamo il futuro”) per declinare al presente e al futuro quelle politiche sociali che si rivolgono agli ultimi e ai penultimi, ad un ceto popolare sempre più schiacciato verso il basso a causa della globalizzazione, della scarsa attenzione della politica ed anche dalla crisi generata dal covid. La questione sociale sarà legata, inevitabilmente, a quella della sostenibilità economica sociale e ambientale come via da percorrere se si vuole costruire il futuro.
Il dibattito tra i delegati aprirà il confronto sulle linee programmatiche da mettere in atto per dare continuità al processo formativo e progettuale avviato in questi anni. I delegati saranno poi chiamati ad eleggere il nuovo consiglio provinciale che, in un momento successivo, nominerà il nuovo presidente.
Alle soglie del Congresso provinciale abbiamo intervistato Carla Bellani, cremonese e presidente uscente, in carica dal 2016 ad oggi.
Siamo alle soglie anche di un congresso nazionale che è stato più volte rimandato a causa della pandemia. Come si sono preparate le Acli Cremonesi ad affrontare questo importante momento nella vita dell’associazione ?
«C’è una preparazione remota perché un congresso è frutto del cammino fatto negli ultimi quattro anni e c’è, invece, una preparazione prossima all’evento. Questa ha compreso un’articolata attività svolta con i diversi settori Acli: una verifica del lavoro svolto durante il mandato, un laboratorio con i circoli per ragionare sul loro rilancio, un tavolo specifico su cosa significa essere e fare Acli in tempi di pandemia; una riflessione sulle tesi congressuali e una commissione per tradurle in linee operative da presentare nella mozione finale del congresso. Ripetuti momenti di preghiera hanno accompagnato questi passaggi. È stato fatto pure un lavoro di sintesi del nostro impegno sulla scia della Laudato si’ e dell’Economy of Francesco: argomento che prevedeva una serie di eventi proprio nei mesi del lockdown e perciò annullati».
Sappiamo che il titolo dato al congresso nazionale è stato “Acli 2020 Più eguali. Viviamo il presente, costruiamo il domani”. Qual è il futuro, secondo lei, per il mondo dell’associazionismo in generale e per le Acli in particolare?
«Le disuguaglianze, la crescita della povertà, il lavoro che manca o che non è dignitoso erano questioni pressanti già prima del Covid; ora, sono letteralmente “esplose”. Il presente riserva una serie di problemi sanitari, economici, sociali, che possono essere affrontati solo in una sinergia tra attori istituzionali, privati e associazioni del Terzo settore che stanno sul territorio. La situazione è tale che occorre muoversi insieme se si vuole rispondere in modo efficace ai bisogni, superando così l’autoreferenzialità delle singole associazioni. Il Terzo settore è stato in prima linea nel fronteggiare l’emergenza sanitaria e sociale della pandemia, e con la sua azione di prossimità è arrivato là dove né lo Stato né il Mercato potevano arrivare. Ha pertanto le credenziali per progettare con il pubblico e il privato le politiche economiche e sociali del territorio portando il suo specifico contributo per raggiungere obiettivi di bene comune e di sostenibilità. Le Acli nazionali sono su questa strada e quelle cremonesi hanno aperto cantieri ed iniziative in questa direzione».
Alla luce di quanto ha appena detto, qual è Il rapporto tra Acli nazionali, regionali e provinciali? Per quanto ha vissuto nella sua esperienza di questi ultimi quattro anni, c’è sempre stata collaborazione e unità di intenti tra le parti?
«Le Acli sono una realtà composita e strutturata a vasi comunicanti. Dal Nazionale in questi anni sono arrivati buoni spunti di analisi, prese di posizione politica su questioni sociali importanti, il lancio di campagne sui temi del welfare e di contrasto alla povertà (l’Alleanza contro la povertà) e varie iniziative per un lavoro decente e dignitoso. C’è stata attenzione costante al tema migratorio e alle politiche di accoglienza; alla famiglia e ad altre questioni. Il Regionale Acli si interfaccia direttamente con i livelli provinciali in uno scambio frequente tra i presidenti delle singole province. Un raccordo utile per pianificare percorsi formativi comuni, progetti e campagne specifiche come quella sul caregiver, per chiedere alla Regione Lombardia più sostegno alle persone che curano un familiare malato o non autosufficiente. Quanto all’unità d’intenti nell’associazione, credo che le Acli debbano sempre ricercare un equilibrio tra la dimensione d’impresa e quella della gratuità del movimento. La sfida è il riuscire a far convivere l’efficacia e l’efficienza aziendale coi valori di un movimento che, per statuto, è “educativo e sociale” e punta sulla formazione delle coscienze oltre che sul tutelare, accompagnare, difendere i diritti dei cittadini tramite i servizi di Patronato e Caf».
Veniamo al Congresso delle Acli Cremonesi, che si terrà il 12 settembre. Quali sono state le linee condivise che avete seguito, negli ultimi quattro anni? Quali le priorità che avete individuato e perseguito?
«Ci ha guidato in questi anni, soprattutto, l’enciclica Laudato si’ che abbiamo approfondito a lungo perché è la via maestra che conduce verso un altro paradigma economico, sociale e ambientale. Il Covid è l’ennesima prova che un pianeta super sfruttato e con gli ecosistemi al collasso fa male alla vita delle persone e le uccide. “Abbiamo creduto di poter restare sani in un mondo malato”, ha detto papa Francesco. Legare la questione sociale a quella ambientale non è un dato percepito da tutti come di importanza vitale. Tanti sono ancora i negazionisti dichiarati o silenziosi, gli indifferenti, e quanti decidono e operano a livello personale, di comunità o politico, ignorando il problema. Per questo abbiamo condotto un ampio sforzo divulgativo dentro e fuori l’associazione sui temi della Laudato si’ e abbiamo promosso progetti di economia sostenibile e di finanza etica: tasselli di un’economia che genera benessere per tanti, non per pochi, e che rispetta l’ambiente».
C’è un aspetto particolare della Laudato si’ che avete più sviluppato?
«La Laudato si’ chiede di combattere l’economia dello scarto. Ciò implica il chiedersi se il welfare che le Acli costruiscono attraverso i servizi, le imprese sociali, l’Enaip, e altro… è generativo di giustizia sociale e se redistribuisce opportunità di riscatto soprattutto per le persone più fragili ed ai margini. È una domanda che mette in atto un processo di revisione interna da portare avanti nel tempo come priorità e che pone in primo piano l’impegno dell’associazione nel contrastare le disuguaglianze e la povertà. “Primo i poveri” diceva don Mazzolari. È la regola d’oro e il valore centrale da custodire e vivere perché dà senso ad un’associazione di promozione sociale che si definisce solidale e popolare e che si ispira alla Dottrina sociale della Chiesa».
Alla luce del contesto sociale attuale, con quali preoccupazioni vi apprestate a costituire il prossimo Direttivo provinciale e quali ritenete saranno i bisogni a cui le Acli cremonesi dovranno dare risposte immediate e concrete?
«Le Acli cremonesi hanno 75 anni ed hanno resistito dentro le varie intemperie della storia cercando di rispondere ai bisogni dei lavoratori e delle loro famiglie. Oggi, il cammino prosegue nella consapevolezza di essere semplici ‘operai della vigna’ a cui è chiesto di restare vigili, agili nel pensare e nel cercare risposte adeguate ai bisogni del momento. Certo, di fronte al cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, alle crisi lasciate dal Covid, è possibile sentirsi smarriti e rifugiarsi in un’idea di Acli del passato, ma tutto ciò è poco consono alla Speranza. Le Acli cremonesi hanno risorse ed energie capaci di decifrare i contesti, di progettare innovazione sociale e promuovere inclusione, di creare opportunità di occupazione nell’economia sociale, di formare al lavoro, di stare dalla parte della gente e delle comunità. Occorre dare spazio a queste risorse per lo più giovani, competenti e motivate. Il titolo del congresso dice: “vivere il presente, costruire il domani”. Costruisce il futuro chi nel presente guarda avanti e ha una visione, chi ha voglia di vivere, di giocare le proprie competenze e capacità per dei valori in cui crede e per il cambiamento. I 75 anni delle Acli cremonesi portano con sé tanti meriti, ma inevitabilmente, dei segni di stanchezza che vanno bypassati».
Un’ultima domanda. Lei è donna, moglie, madre, nonna. Come ha vissuto il suo essere anche donna “pubblica” e come ha saputo conciliare il tempo familiare con quello professionale ?
«Non vedrei alcuna separazione. La Costituzione chiede a ciascuno di noi di concorrere a costruire il bene comune conforme alle proprie possibilità e risorse. La fede chiede di giocare la vita non solo nei recinti familiari ma di spaziare con coraggio senza confini. L’ambito e l’orizzonte in cui spaziare dipende dalla sensibilità e dalla struttura personale, oltre che dalle situazioni contingenti di vita. Ho sempre cercato di non separare la cura degli spazi privati e professionali da quelli sociali/pubblici perché ci salviamo tutti insieme, e i due livelli di impegno si possono integrare a vicenda in uno scambio ricco e fecondo, nonostante qualche fatica».