Messa per i cento anni di vita di mons. Cavalleri. Il Vescovo: “Ha sempre operato per gli altri!”. Il festeggiato: “Mi preparo per l’eternità”

L'8 novembre presso la Casa di Cura delle Ancelle della Carità di Cremona

image_pdfimage_print
Nel pomeriggio di domenica 8 novembre in occasione dei 100 anni di don Mario Cavalleri, il vescovo Dante Lafranconi ha presieduto una Santa Messa di ringraziamento presso la Cappella della Casa di Cura “Ancelle della Carità” di Cremona insieme al festeggiato, a una ventina di sacerdoti e a un’assemblea di fedeli e amici, tra cui molti africani e diversi membri del cammino neocatecumenale. Una celebrazione calorosa e piena di affetto verso don Mario, allietata da canti gospel e seguita dall’immancabile taglio della torta.

Oltre a mons. Lafranconi erano presenti il vicario generale, mons. Mario Marchesi, il presidente del capitolo mons. Giuseppe Perotti, alcuni canonici, il delegato episcopale per la pastorale don Irvano Maglia e diversi preti che vivono con don Mario a Villa Flaminia, la casa del clero di via Miradori.

Il Presule nell’omelia si è soffermato sulla figura delle due vedove protagoniste della prima lettura e del Vangelo. L’immagine della vedova richiama la persona fragile, esposta alla povertà, alla non considerazione perché senza sostegno del marito e quindi facilmente manipolabile.

«Queste due donne ci propongono due riflessioni – ha affermato il Vescovo –. La prima è che Dio comunque ha a cuore queste persone, ha cura anche miracolosamente del povero dell’indifeso, del piccolo. Per questo Gesù ci dice ripetutamente nel Vangelo “siate piccoli, convertitevi, prendete la condizione del discepolo che si sente umile, che ha come suo appoggio vero su cui conta l’appoggio di Dio e non altri”».

Mons. Lafranconi accennando al compleanno di don Mario ha affermato che quest’ultimo «in cento anni  di vita può dare un’infinità di testimonianze per dire che Dio si è sempre preso cura di lui».

La seconda considerazione riguarda la fede delle due vedove:  esse sono così convinte che Dio ha a cuore la loro esistenza che non si preoccupano più di tanto della loro esistenza, ma donano con gioia. «Anche qui – ha proseguito – è bello pensare quanto don Mario ha distribuito nella sua vita, non solo gli spiccioli, ma anche tanto interessamento per il più povero, per chi veniva da terre lontane, per gli immigrati. Ha dato tanto per far crescere nella fede le persone che cercavano una solidità più consistente della loro vita cristiana. Ha dato tanto nelle forme che all’esterno non sono conoscibili, ma che lui facendole passare nella sua mente le riconosce bene: non per farne un vanto davanti a Dio ma per avere un motivo ancora in più per lodarlo e ringraziarlo. Perché tutto quello che noi possiamo fare in ordine alla Salvezza eterna è quello che Dio mette nelle nostre mani: noi siamo coloro che fanno passare da Dio agli uomini qualcosa che non è nostro: se anche volte può sembrare poco, leggero come due monete è infinitamente prezioso perché tocca la vita eterna».

Nel terminare l’omelia mons. Lafranconi ha quindi affermato che «in questo giorno mi sembra bello riaffermare che Dio è sempre provvidenza per noi. Egli, inoltre, ci invita ad essere aperti, generosi accoglienti nei confronti degli altri. Auguriamo a don Mario che la memoria del suo quaderno di vita fatto di tante pagine susciti dentro di lui questa gioiosa e fiduciosa consapevolezza: Dio ha a cuore la sua vita e ha voluto servirsi di lui non per dare due semplici monete ma per dare il dono della vita eterna. E con questo auguriamo a don Mario tutto il tempo di vita che Dio vorrà. Noi non sappiamo la prospettiva di Dio, sappiamo però che ogni giorno è un giorno prezioso segnato dall’Amore di Dio per noi e segnato dalla nostra risposta nel gustare noi e nel far passare anche agli altri ciò che Dio ha messo nelle nostre mani».

Al termine dell’omelia del Vescovo, don Mario ha espresso alcune sue riflessioni per la lieta occasione «mi domando: diventare troppo vecchi è un bene o è un male? Può essere un bene se mi rimane un po’ dell’intelletto e sempre in grazia di Dio se posso dare qualche buon esempio, se posso dare qualche buona parola».

Don Cavalleri non ha nascosto di aver sofferto molto nella sua lunga esistenza: «Sono stato afflitto da una malattia capricciosa, la depressione. Anche oggi ho combatutto per stare a galla. Mons. Vescovo non ha fatto come qualcun altro che ha espresso dei giudizi superficiali…».

Al termine del suo breve ma vivace ed emozionato intervento ha riflettuto «adesso che son arrivato a cent’anni devo pensare che son già vicinissimo all’eternità, e chiedo che mi si aiuti con le preghiere. Ringrazio di tutti questi auguri che ho ricevuto, però saranno validi se li convogliamo in questa carità di poter portare avanti questo povero prete davanti al Signore».

La festa è stata allietata anche da un telegramma di auguri di Papa Francesco a firma del Segretario di Stato vaticano Parolin, letto dal vicario generale mons. Mario Marchesi.

Matteo Lodigiani

Photogallery

Audio:

 

Biografia di don Cavalleri
Don Mario entrò giovanissimo nel Seminario di Cremona mentre risiedeva a Castelnuovo del Zappa nella cui parrocchia si impegnò da subito come ministranti sotto la guida di Angelo Dondeo, fratello del Vescovo Virginio.

Il 18 maggio 1940, al mattino presto alla presenza di pochissime persone, l’ordinazione sacerdotale per le mani del grande arcivescovo Cazzani – del quale è stato avviato il processo di beatificazione -. Dopo il rito il presule diede subito a tutti la destinazione: per don Mario si aprivano le porte della comunità di Sesto Cremonese guidata da don Achille Carpi,  “uomo intelligente e riservato” con il quale il novello sacerdote passò nove anni.

Nel 1949 il trasferimento a Rivolta d’Adda dove era parroco mons. Stefano Renzi “anziano ma ben presente”. Don Mario, nato in campagna, cominciò a trovarsi a suo agio frequentando le tante cascine della borgata. Una grave malattia costrinse il giovane prete  a un ricovero presso l’ospedale  Fatebenefratelli dei Pilastroni di Brescia. Dopo quattro mesi di cura don Cavelleri fu dimesso, ma non tornò a Rivolta, bensì fu dirottato al ricovero di Castelverde dove c’era un piccolo reparto per sacerdoti. Durante il lungo periodo di convalescenza il sacerdote fu chiamato in Curia come dattilografo. In seguito fu nominato vicario della Cattedrale con parroco mons. Carlo Boccazzi e  mansionario del Capitolo, compito che attese con diligenza per cinquant’anni fino a quando nel 2006 il vescovo Lafranconi lo nominò canonico effettivo.

Ma don Mario resta famoso a Cremona per la sua Casetta, un’esperienza di carità e di accoglienza durata circa trent’anni prima presso la casa vicariale della Cattedrale e poi in via Patecchio. Le porte della Casetta sono state aperte a centinaia di persone: poveri della città, etilisti, drogati e negli ultimi anni immigrati in cerca di un futuro migliore. Per tutti don Mario è stato un padre amorevole.

La sconfinata carità di don Cavalleri è giunta anche in Africa: nei suoi venti viaggi nel Continente Nero il sacerdote cremonese ha portato a termine tanti progetti soprattutto a Socrogbo in Costa d’Avorio. In quello sperduto villaggio, grazie alla generosità di tanti cremonesi, sono stati costruiti la chiesa, il campo da calcio, l’ambulatorio e un reparto di maternità.

Don Mario, inoltre, è un ottimo poeta e una valido musicista, ha anche scritto una messa in italiano ad una voce.

In cento anni mons. Cavalleri ha attraversato tante epoche della storia sociale ed ecclesiale, rimanendo sempre un curioso e meravigliato amante della Vita.

Facebooktwittermail