Una Chiesa che scommette tutto sull’amore

Lunedì 19 settembre il vescovo Antonio ha presentato in Cattedrale le linee pastorali 2016/2017

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«Tutti abbiamo bisogno di questo amico che non viene meno, che non tradisce, che non ci vende e che capisce il dolore dell’uomo». L’inconfondibile tagliente voce di don Primo Mazzolari, uno dei parroci santi della Chiesa cremonese, ha aperto ufficialmente, nella serata di lunedì 19 settembre, in Cattedrale l’incontro di presentazione delle linee pastorali 2016/2017: «La nostra Chiesa. Un sogno… un cantiere». Le sue parole cariche di profezia hanno caratterizzato il video che ha preceduto l’ingresso  in presbiterio del vescovo Antonio, dell’emerito Lafranconi, del vicario generale don Calvi e del vicario per la pastorale e del clero don Maccagni. Dieci minuti intensi nei quali è risuonato l’appello ad essere Chiesa aperta e missionaria – piazza ed ospedale da campo – formulato da Papa Francesco al convegno ecclesiale di Firenze del 2015. E tra una strofe e l’altra della preghiera mazzolariana “Ci impegniamo” tre testimonianze: una coppia di sposi – Marina e Simone – che hanno spiegato di sognare una Chiesa accogliente e forte nella proposta educativa per il proprio figlio che nascerà tra poco; poi un prete – don Martinelli del Cambonino – che ha auspicato una Chiesa pronta al dialogo soprattutto con i lontani e i credenti di altre religioni; infine un giovane – Giovanni di San Michele in città – che ha invocato una Chiesa capace di far riscoprire la bellezza delle cose profonde.

La celebrazione, accompagnata dal coro giovanile diocesano, è iniziata con l’invito del vescovo Antonio a ringraziare il proprio vicino di banco della sua presenza nella consapevolezza che non si può costruire niente da soli. Poi l’invocazione allo Spirito Santo e l’accoglienza del libro dei Vangeli portato solennemente per tutta la navata centrale da un diacono.

 

L’intervento del vescovo Antonio

Dopo la proclamazione del Vangelo delle beatitudini secondo Matteo che «tante volte ha scosso il nostro cuore in momenti lieti e tristi della vita», ha preso la parola mons. Napolioni. Il presule, reduce dal corso di formazione per i nuovi vescovi tenuto nei giorni scorsi in Vaticano, ha anzitutto portato ai sacerdoti «l’abbraccio del Papa e l’apprezzamento per la loro opera generosa». Durante la serata più volte Napolioni ha citato papa Francesco, in modo particolare i suoi interventi al convegno di Firenze così come il discorso pronunciato tre giorni prima davanti ai nuovi pastori della Chiesa universale. Non sono mancati anche accenni al pensiero di Benedetto XVI, in modo particolare un passo del suo recentissimo libro intervista “Ultime conversazione”, dove il Papa emerito sottolinea la dinamicità della Chiesa «non congelata in schemi», ma pronta a recepire novità sorprendenti che la rendono ancora più viva e in movimento.

È in fondo questa la Chiesa che sogna don Antonio: «inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti», una Chiesa – sono parole di papa Francesco a Firenze – «lieta col volto di mamma che comprende, accompagna, accarezza».

Poi il Vescovo ha ricordato con gratitudine la sua chiamata a guidare il popolo di Dio di Cremona, un disegno che non era certo nei suoi sogni, ma che ora sta sognando ad occhi aperti, giorno dopo giorno, «scoprendo la ricchezza di fede, speranza e operasa carità che mi è stata consegnata dal vescovo Dante e che oggi condivido con voi». «Sono davvero felice di appartenere a questa Chiesa – ha proseguito – che desidero servire con semplicità e gioia».

Per mons. Napolioni è bello sognare, lo hanno fatto tanti personaggi della Bibbia, senza dimenticare che proprio in quella esperienza il Signore si è rivelato: «il sogno assicura l’accompagnamento di Dio al compito affidato all’uomo… traccia un cammino, spinge avanti, apre prospettive, mette al lavoro e deve diventare un “cantiere“».

Ed ecco la seconda parola d’ordine: cantiere. Dal sogno al cantiere, dal desiderio all’opera. In questo impegno decisivo la Chiesa cremonese sarà aiutata, nei prossimi cinque anni, dai «potenti» discorsi di Gesù contenuti nel vangelo di Matteo. È dall’ascolto della Parola che il cantiere prende davvero forma. Quest’anno protagonista sarà il discorso della montagna nel quale al centro c’è il Padre nostro: «non una preghiera che abbiamo imparato a dire, ma il linguaggio di una relazione vitale, intima perchè universale, che abbiamo ricevuto in dono dall’Unico Figlio, Gesù». E poi ci sono le beatitudini «in cui il futuro riveste di speranza e senso anche il presente più duro».

Decisivo sarà poi sanare quella frattura tra Vangelo e cultura, tra fede e vita che è, senza dubbio, il dramma della nostra epoca secolarizzata, consumistica, sempre più liquida! Le strutture e gli schemi passati non possono più bastare! Ora è necessario puntare  su «l’ascolto umile della vita reale di ciascuno, l’incontro paziente con ogni frammento di umanità, l’apertura di cuore riguardo i sentimenti profondi, l’accoglienza della diversità e di tante forme di disagio, l’autocritica onesta delle comunità e delle loro strategie pastorali a partire dalle nuove sfide». Serve una vera e profonda compassione per gli altri: l’amore di Cristo «sfida la nostra libertà a commuoversi e convertirsi alla missione».

Non è più dunque il tempo di attardarsi alla manuntezione di strutture e modelli obsoleti: non è questo il cantiere che desidera il vescovo Antonio. Egli, invece, sogna una Chiesa che sa stare in intimità itinerante con il suo Signore, a cominciare dall’ascolto della sua Parola, quella scritta e quella incarnata nella storia e nelle ferite di tanti». E da qui un auspicio: quello di vedere preti e laici che insieme preparano l’Eucaristia domenicale anzitutto meditando la Parola.

Mons Napolioni, poi, sogna una Chiesa autentica nelle relazioni fraterne e pronta alla corresponsabilità battesimale! Non è più il tempo di «ruoli che a volte, irrigendendosi, possono congelare la vita e impedire la missione». Non più apparati e organigrammi, ma l’amore come principio attivo che ricostruisce il tessuto cristiano della comunità ecclesiale. Un amore che prima di tutto deve manifestarsi all’interno della comunità attraverso «la fraternità presbiterale e battesimale, la stima reciproca, il sentir bisogno gli uni degli altri, l’amore alla pluriformità sinfonica della vita ecclesiale, la comune passione per il Regno di Dio».

Una parola, poi,  sul Giubileo della Misericordia! Se il 13 novembre si concluderà questo anno straordinario, la Chiesa cremonese avrà il compito di «rendere pastorale la misericordia dio» nelle opere e nei gesti.

Infine l’accenno ai cambiamenti riguardo le zone pastorali e alla nascita delle unità pastorali fra parrocchie: questo progetto ambizioso, che troverà forma dopo un ascolto attento e rispettoso di ogni voce, nasce dalla consapevolezza che «insieme è meglio»! Lo sguardo al futuro, sarà, poi assicurato dal Sinodo dei giovani che permetterà di andare incontro alle nuove generazioni con maggior fiducia, «nella certezza che il Signore chiama alla santità anche i suoi figli del terzo millennio».

E se all’inizio mons. Napolioni aveva citato Mazzolari riguardo alla necessità della comunione e corresponsabilità nella Chiesa, alla fine ha ricordato altri due “santi” di casa nostra: Vincenzo Grossi, il “prete contento”, e padre Arsenio da Trigolo. Nel musical allestito dai giovani di Annicco dedicato a questo piccolo frate si parla proprio di un sogno: «un luogo sicuro dove i ragazzi possano far sorgere un nuovo futuro». Su questo mons. Napolioni vuole lavorare. Insieme.

Il testo dell’intervento del Vescovo

 

L’intervento del vicario generale

Don Massimo Calvi, nuovo vicario generale, è intervenuto brevemente per ricordare che nel nuovo anno pastorale si rifletterà «sulla figura e il ruolo delle zone pastorali ed ancor più delle unità pastorali che si sono costituite negli anni passati o che dovranno essere costituite in un futuro sempre più prossimo» Questo ripensamento del territorio, però,  «dovrà essere condotto non nello stile di una ristrutturazione aziendale per un migliore impiego di risorse e persone, e soprattutto del clero in progressiva diminuzione». «Ogni volta che ci impegneremo a ridisegnare i confini di una zona pastorale oppure ci si orienterà verso la costituzione di una nuova unità pastorale tra diverse parrocchie – ha precisato -, ci si dovrà misurare con il criterio della prossimità ed interrogarsi se e in che modo la nuova organizzazione territoriale sia in funzione di una maggiore e più significativa vicinanza alla vita concreta e alle esigenze spirituale dei fedeli che ne faranno parte».

Il vicario generale ha poi ricordato che nelle prossime settimane,  la diocesi sarà impegnata nel rinnovo degli organismi di partecipazione ecclesiale, in particolare del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale diocesano: «Sono luoghi concreti nei quali, insieme, riflettere, ragionare e consigliare per affrontare meglio i difficili compiti dell’annuncio del Vangelo e della vita pastorale della diocesi. L’obiettivo sarà quello di far si che questi organismi siano e diventino sempre più  il luogo in cui  le persone che li compongono ogni volta mettano in gioco la propria esperienza e la propria vita, corrano il rischio di condividere le idee e la fede, tentino, nelle varie circostanze della vita ecclesiale diocesana, di indicare sentieri e direzioni per tutta la compagine ecclesiale». Non sarà, dunque, una operazione puramente burocratica ed istituzionale, bensì «una vera esperienza di Chiesa, stabile, concreta, prolungata nel tempo, affinché in ogni azione o attività la nostra Chiesa particolare risponda sempre più e meglio al compito evangelico di essere sale della terra e luce del mondo».

 

L’intervento del vicario episcopale per il clero e la pastorale

Don Giampaolo Maccagni, vicario episcopale per il clero e la pastorale, ha insistito sulla qualità delle vita e della testimonianza dei sacerdoti chiamati a sentirsi parte «di un unico presbiterio, uniti in comunione tra di loro e con il Vescovo che il Signore ha messo a guida della Chiesa di Cristo che è in Cremona. Pur diversi per età, stili, sensibilità sono accomunati da un’unica chiamata a essere pastori e dalla stessa passione che li spinge a mettere tutto se stessi a servizio dell’annuncio del Vangelo».
Forte l’invito a partecipare ai diversi momenti di formazione e di spiritualità che caratterizzeranno il nuovo anno: momenti che permetteranno di crescere nelle relazioni fraterne e autentiche fondate sul Vangelo e costruite sullo stile del Vangelo.

Per il vicario episcopale i sacerdoti: «Sono chiamati ad essere uomini che vivono la bellezza e la fatica della comunione per poter essere costruttori infaticabili di comunione là dove sono inviati a svolgere il proprio servizio pastorale, suscitatori di carismi, capaci di valorizzare i doni di ogni battezzato, capaci di ascolto, dialogo con tutti».

E infine: «Più che difensori di principi e ripetitori di una dottrina dovranno sentirsi impegnati a vivere e far vivere la bellezza del Vangelo che viene trasmesso attraverso la vita di una comunità che si alimenta alla Parola, si nutre di Eucarestia e vive la carità con tutti e soprattutto con i più fragili».

 

L’intervento di don Paolo Arienti

Ultimo intervento quello di don Paolo Arienti, tutto proteso al Sinodo dei giovani che sta avviando i suoi primi passi dopo l’assemblea dell’8 settembre scorso.

«A Cracovia – ha spiegato il sacerdote –  abbiamo sperimentato un cammino condiviso in cui tanti giovani hanno accettato di mettersi in gioco. Hanno chiesto, hanno fatto domande, hanno ascoltato. Tornati in Italia ecco i primi passi del sinodo dei giovani che il Vescovo Antonio propone alla diocesi. Non per parlare di loro, ma per coinvolgere proprio loro, oltre numeri falsi e parate inutili, ed ascoltare la loro capacità di sogno e di provocazione. Anche questo fa parte del tratto di strada che abbiamo davanti: quel “sogno di Chiesa” che occorre onorare con tutte le forze».

«Dopo l’Assemblea degli oratori – ha proseguito – stiamo elaborando le proposte per il prossimo gennaio e per i mesi a seguire: sarà la fase della preparazione al sinodo vero e proprio. La fase della preparazione la vivremo il prossimo gennaio, con la settimana dell’educazione».  E infine: «Quanto penseremo e proporremo arriverà agli Oratori, ai gruppi ecclesiali e a chiunque voglia ascoltarci e farsi ascoltare. Come un pendolo virtuoso. Come una cinghia di trasmissione giocata sulla fiducia.
Nel frattempo ci impegniamo nella preghiera, nella stima, nella fiducia, nel desiderio di non perdere occasioni anche piccole. Piccole, ma preziose».

 

La conclusione della celebrazione

La celebrazione si è conclusa con la recita del Padre nostro e la consegna ai vicari zonali e ai rappresentati dei consigli pastorali parrocchiali delle nuove linee pastorali.

Don Maccagni ha quindi ricordato i prossimi impegni diocesani, in modo particolare il pellegrinaggio diocesano di domenica 25 settembre al Santuario mariano di Caravaggio.

 

Photogallery della serata

 

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