«Riavvolto il rotolo, guardiamoci negli occhi…»: in Cattedrale la Messa crismale con il vescovo e il clero diocesano (VIDEO e FOTO)

Nella celebrazione del Giovedì Santo il rinnovamento delle promesse sacerdotali, il ricordo dei preti morti nell'ultimo anno e degli anniversari di ordinazione. Durante la liturgia benedetti gli oli per i sacramenti

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«Cosa abbiamo da dirci? Cosa dobbiamo fare? Chi me lo fa fare?». Tre domande per un dialogo schietto e cordiale che il vescovo Napolioni ha proposto al clero diocesano riunito in Cattedrale per la Messa Crismale in cui, nella mattinata del Giovedì Santo, all’ingresso nel Triduo Pasquale, i sacerdoti rinnovano le promesse, ricordando i confratelli che festeggiano anniversari importanti e quello che nell’ultimo anno hanno lasciato questo mondo.

La celebrazione è dunque occasione annuale per una condivisione e una riflessione sul cuore del ministero sacerdotale: «Siamo qui per guardarci negli occhi, per aprire il cuore ad una confidenza di famiglia» ha detto monsignor Napolioni,  «perché – ha aggiunto poco dopo – il nostro sacerdozio sia più Suo che mio, più nostro che mio, più della gente che mio».

Per questo la Messa si è aperta con un pensiero dei sacerdoti e dei diaconi che non hanno potuto essere presenti in Cattedrale: «Li sentiamo vicini – ha detto introducendo la celebrazione – ci sentiamo uniti a chi è provato nella malattia, pensiamo ai confratelli in servizio fuori dalla Diocesi, presso la Santa Sede e nelle missioni; pensiamo – ha aggiungo – all’unità profonda che il dono di grazia costituisce nella nostra vita»

La fotogallery completa della celebrazione

Nelle prime file di un’assemblea che ha tinto del bianco delle vesti dei presbiteri tutta la navata centrale, i sacerdoti che proprio in questa occasione hanno festeggiato gli anniversari di ordinazione. Occasione significativa per il clero diocesano che all’inizio del Triduo Pasquale torna a ritrovarsi in Cattedrale (lo scorso anno la “Messa del clero diocesano” era stata posticipata a causa del lockdown) per il ricordo e il rinnovamento delle promesse sacerdotali.

Durante la sua omelia il vescovo li ha ricordati, insieme ai confratelli morti in questi ultimi dodici mesi: «Oggi lodiamo il Signore insieme a tanti nostri fratelli, umili e generosi nel compimento dei doveri della missione ricevuta, in modi e contesti assai diversi e tutti preziosi. Ricorrono infatti il 60° di sacerdozio di don Mario Aldighieri, don Antonio Aresi, mons. Felice Bosio, don Romeo Cavedo, don Umberto Leoni, don Angelo Ramella, don Giosuè Regonesi, don Attilio Sarzi Sartori; il 50° di don Ezio Bellini, don Gianfranco Castelli, don Gianni Maccalli, mons. Primo Margini, don Carlo Rodolfi, don Marco Tizzi, don Carlo Valli; il 25° di don Marino Dalé, don Gianluca Gaiardi, don Roberto Musa, don Davide Osio, don Diego Poli, don Fabio Santambrogio, don Antonio Trapattoni. L’oggi eterno della contemplazione del volto di Dio è iniziato per don Emilio Doldi, don Giancarlo Regazzetti, don Giuseppe Giussani e don Franco Regonaschi, defunti nel tempo che va dalla Messa Crismale del 2020 ad oggi».

Tra gli anniversari da ricordare anche il 50° di ordinazione di monsignor Carmelo Scampa, oggi vescovo emerito di Sao Luis de Montes Belos in Brasile.

«Io e il carissimo fratello Dante – ha iniziato la sua omelia monsignor Napolioni con un riferimento al vescovo emerito Lafranconi, presente tra i concelebranti – vi guardiamo con gratitudine, simpatia e tenerezza».

La riflessione ha preso le mosse dallo sguardo anche sulla realtà di questo tempo di prova: «Riavvolto il rotolo, anche voi sedete e fissate gli occhi sul vostro Vescovo, per ascoltare il suo discorso annuale al Presbiterio…  no, non può essere tutto qui! La tempesta di dolore e paura che ancora infuria non ce lo permette».

In questo contesto risuonano le domande sulla missione di una vita consacrata: «È Gesù – ha detto il Vescovo – che mal tollera una Chiesa ridotta a cerimonia, routine, come un volume polveroso che una volta all’anno esce dallo scaffale per ritornarvi dopo il consueto uso».

I riferimenti sono alla fraternità del clero, alla prossimità con le comunità, al rinnovamento di una pastorale autenticamente ancorata alla vita di Cristo presente nella Parola: «Cosa dobbiamo fare, alla ripresa delle attività? Cosa dobbiamo fare, in un mondo che cambia così vorticosamente, in una Chiesa che sempre ha da riformarsi per conformarsi a Cristo, in una realtà pastorale in cui sembrano crollare sicurezze e tradizioni cui eravamo stati preparati con cura? Dobbiamo compiere le Scritture […] Non possiamo allontanarcene, pena l’insignificanza, l’eresia e la sterilità. Dobbiamo leggerle e “farle” le Scritture, oggi».

Anche l’esperienza della visita pastorale in corso è segno di questo cammino e questa ricerca che accomuna tutta la Chiesa locale: «Quando vengo nelle comunità – ha osservato monsignor Napolioni – imparo da buoni preti la vicinanza discreta a tanti fratelli e sorelle sofferenti, che ci fanno scuola di pazienza, sono testimoni di fede e segno sicuro del Regno di Dio». «Possiamo dirci: “grazie, coraggio, ti ascolto, da amico…”, – ha aggiunto – riscoprendo l’alfabeto di un’evangelizzazione reciproca che è sempre un bisogno, mai un mestiere. Vi chiedo perdono se anche io non l’ho fatto abbastanza, sempre, con tutti, e ringrazio quelli che mi aiutano a declinare concretamente la carità fraterna nel nostro Presbiterio».

E come  esempio di amicizia e condivisione tra confratelli ha terminato citando un passaggio da una lettera scritta nel 1919 all’amico don Guido Astori e raccolta di recente nel volume “Ho bisogno di amicizia” curato da don Bruno Bignami e don Umberto Zanaboni per le edizioni dehoniane (il libro sarà presentato in un convegno organizzato online da Fondazione Mazzolari il prossimo 10 aprile): «…io guardo quasi con indifferenza questo attimo che si sfascia, alla Chiesa che si irrigidisce in uno sforzo vano di resistenza materiale – scriveva il giovane don Primo –  e ad ogni crollo cerco con il cuore piangente ed esultante le pietre che serviranno per il nuovo edificio. Non è un sogno il mio, perché è fede, la mia fede. E anche se io dovessi morire senza che nulla di quanto io vedo si approssimi nella realtà tangibile, la mia fiducia rimarrebbe incrollabile».

La liturgia è poi proseguita con il rinnovo delle promesse sacerdotali, la preghiera per il vescovo e per tutti i presbiteri e la benedizione degli oli che saranno utilizzati per l’amministrazione dei Sacramenti in Diocesi nel corso dell’anno: l’olio degli infermi, quello dei catecumeni e il Sacro Crisma.

Al termine della Messa, all’uscita dalla Cattedrale i sacerdoti hanno dato il proprio contributo alla tradizionale raccolta di offerte a sostegno del Seminario diocesano. Dal vicario generale don Massimo Calvi l’invito a coinvolgere le comunità anche alla Colletta per la Terra Santa nella giornata del Venerdì Santo.

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