On-line e off-line: due diversi mondi da abitare per vivere esperienze importanti

La relazione del prof. Aroldi al convegno dell'Ufficio scuola il 10 ottobre 2015 al Centro pastorale diocesano

image_pdfimage_print
Lo si chiama mondo “virtuale”, eppure si possono vivere esperienze e relazioni importanti, proprio come in quello che si definisce “mondo reale”. È con questa consapevolezza che il prof. Piermarco Aroldi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Media e culture dell’infanzia e Teorie e tecniche dei nuovi media presso l’Università Cattolica di Milano, nel pomeriggio di sabato 10 ottobre è intervenuto al Centro pastorale diocesano di Cremona al convegno “Generazione 3.0: sempre connessi. Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook” che ha aperto l’annuale corso di formazione, promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica insieme alle associazioni di categoria, per insegnanti, educatori e genitori. Quello che adulti e ragazzi abitano nella rete, secondo il docente della Cattolica, è un mondo “on-line”, che non risulta affatto contrapposto e separato da quello “off-line”.

Brochure del corso

Contributi audio (mp3):

L’intenso pomeriggio di approfondimento è stato una iniezione di fiducia sull’uso delle nuove tecnologie: un vero e proprio mondo che debitamente conosciuto e abitato da veri cittadini, può rappresentare una significativa risorsa da affrontare.

Ad apertura del convegno il saluto di don Claudio Anselmi, responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale scolastica, seguito da quello dell’assessore alle Politiche educative del Comune di Cremona, il vicesindaco Maura Ruggeri.

I lavori, moderati dalla maestra Disma Vezzosi, hanno proso spunto anche dal trailer del film “The Social Network”, la storia biografica della nascita di Facebook, prima che la professoressa Luisa Tinelli introducesse il relatore e l’argomento del corso di quest’anno.

La parola è quindi passata al prof. Aroldi che si è anzitutto soffermato sull’equivoco lessicale di “virtuale”. E per farlo è partito dalla lettera pastorale del 1991 del card. Martini che profeticamente esprimeva la percezione di essere immersi in un ecosistema nel quale i media sono una forma dell’esperienza. Da qui alla Mediapolis di Roger Silverstone per arrivare a dire che, pur con qualità differenti, anche nelle rete si fanno esperienze. Quindi la scelta di abbandonare il fuorviante “virtuale” (inteso come irreale) per il termine “on-line”, visto in continuità e non in contrapposizione con “off-line” (il mondo comunemente detto “reale”).

Proprio sulla difficoltà di tracciare un confine tra questi due mondi si aprono molte questioni. Perché, nonostante alcuni rischi, anche l’esperienza on-line ha una rilevanza per la formazione dei ragazzi, rappresentando un ambito prezioso in cui essi giocano i loro compiti di sviluppo fondamentali e di relazione con gli altri. Dunque internet come luogo antropologico reale, e non virtuale, dove intessere relazioni e coltivare interessi, dove reperire informazioni ed esprimere la propria opinione. L’on-line, dunque, come secondo ambito di esperienza accanto all’off-line: due mondi dove la propria immagine non dipende solo da se stessi.

Il prof. Aroldi si è quindi soffermato su alcuni dei condizionamenti dell’on-line: il fatto che non vi siano piattaforme neutre (ma che condizionano i percorsi di costruzione dell’identità e l’ingresso in relazione con gli altri); il fatto che la rete rafforzi legami deboli, ma non quelli forti (se non tra pari). E ancora: il collasso dei contesti (che rende essenziale le competenza d’uso e la visibilità reciproca. In particolare l’attenzione è andata a Facebook, un vero e proprio luogo di controllo reciproco e sociale dove, ad essere attenti, si potrebbero intercettare bisogni e conflittualità. L’immagine è quella del “salotto” di altri tempi, dove ciò che conta più del contenuto è mantenere la conversazione, cioè lo stare insieme. Per questo il linguaggio è ben codificato: deve essere brillante e leggero, di tipo paritario, personale ma non intimo, apparire spontanea ed essere accomodante al limite del conformismo. Eppure in grado, nello stesso tempo, di mettere in gioco meccanismi di riflessività, che gli adulti hanno poi il compito di far diventare davvero occasioni di riflessione. Tra i limiti anche l’omofilia dei network, che rischia di chiudere all’interno di chi la pensa come noi. Senza dimenticare la questione dei tempi: bisogna sempre essere on-line per non perdere l’occasione giusta di inserirsi nelle relazioni, altrimenti – ha detto come esempio il prof. Aroldi – sarebbe come andare al bar quando gli amici se ne sono già andati tutti.

Dopo aver guardato alle contaminazione dell’on-line, l’attenzione si è focalizzata anche su alcuni limiti oggettivi di questo mezzo. Temi caldi quali cyberbullismo, sexting e dipendenza, ma nella consapevolezza che si tratta di fenomeni che, già presenti nell’off-line, arrivano a contagiare anche l’on-line.

Un articolato e variegato excursus, analizzato dal punto di vista sociologico, che non ha tralasciato di analizzare le modalità di vivere l’on-line: sempre più da smartphone che non da desktop, soprattutto in casa e principalmente nella camera da letto. L’età del primo cellulare dagli 11/13 anni è scesa tra gli 8/9 anni con i ragazzi tra i 13 e 15 anni che quasi nella totalità frequentano i social, mentre è la generazione dei 30/40enni la più presente su Facebbok.

Non è mancato il tempo per le domande, con qualche preoccupazione dei genitori sul controllo e la sicurezza, e un po’ di serenità negli insegnanti al sapere che la scuola è il luogo dove meno si è on-line. Meno distrazioni e più sicurezza nelle verifiche, ma certo un mondo che ancora una volta risulta un po’ lontano dalla vita concreta dei ragazzi. Eppure spesso sono proprio gli inseganti a cui viene chiesta l’amicizia, e non ai genitori: altri problemi, di opportunità e di privacy che si intrecciano, insieme al controllo e all’accompagnamento. La vera sfida di essere on-line, che forse non è poi così facile che abitare il mondo off-line.

L’immagine conclusiva proposta dal prof. Aroldi è stata quella del bambino che impara ad andare in bicicletta, accompagnato dal genitore nelle prime falcate senza rotelle, poi osservato da lontano mentre svolta l’angolo per fare il giro del quartiere; un percorso che proseguirà negli anni non senza cadute, che provocano qualche botta ma aiutano a imparare a essere più responsabili e dunque più sicuri. È quello che genitori, educatori e insegnanti devono fare nei confronti delle giovani generazioni anche rispetto alle nuove tecnologie.

Prossimo appuntamento nel pomeriggio di venerdì 19 febbraio sul tema “Educazione alle emozioni: il nuovo alfabeto giovanile” con il prof. Giuseppe Mari, docente ordinario di Pedagogia generale all’Università Cattolica di Milano e membro del Comitato direttivo del Centro studi e ricerche sul disagio e sulle povertà educative.

La conclusione del percorso venerdì 8 aprile con il prof. Cesare Rivoltella, docente ordinario di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento dell’Università Cattolica di Milano. Rivoltella, che ha fondato e dirige il CREMIT (Centro di ricerca per l’educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia), si soffermerà sul “Progetto Image.me” per le scuole, mentre i rappresentanti delle associazioni professionali illustreranno “Progetti ed esperienze in atto”, con particolare riguardo alla realtà scolastica locale.

Facebooktwittermail