Nello Scavo a TDS, il giornalismo dei volti che apre alla speranza

Tra fenomeni migratori e zone di guerra, dal giornalista di Avvenire a "Traiettorie di sguardi" l'invito a non accontentarsi della superficialità nella scelta e nella lettura delle notizie

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L’ospite dell’ultimo incontro di Traiettorie di Sguardi che si è tenuto domenica 16 dicembre è stato Nello Scavo, reporter internazionale, giornalista di Avvenire e scrittore. Definito – dai più – esperto di migrazione, anche se questa etichetta gli va un po’ stretta.

La sua attività inizia, infatti, negli anni ’90 in Sicilia ai tempi di una delle più terribili guerre di mafia. Successivamente si interessò del conflitto nei Balcani, che sollevò una grande solidarietà a livello europeo: migliaia di persone furono portate legalmente in Italia per essere salvate dalla guerra, e da parte di tutta Italia e degli italiani arrivarono aiuti.

Perché oggi, invece, nei confronti dei migranti siamo diventati così egoisti? Due sono gli elementi che sottolinea Nello Scavo: «Innanzitutto il fatto che negli anni ’90 si stava economicamente meglio, e dunque i migranti non erano percepiti come minaccia al nostro benessere, e seconda cosa, non c’era una propaganda così serrata sul tema dell’insicurezza che sembra essere frutto della sola immigrazione».

Ascolta qui l’audio della serata

Ma per andare vicino alla verità è necessario incontrare le persone. Ed è questo che spinge la sua attività di giornalista. «Il giornalista oggi deve raccontare di più lo sguardo di chi ha di fronte. Abbiamo oggi la presunzione di sapere tutto senza approfondire.

L’ipertrofia informativa è come la nebbia , impedisce di vedere bene i contorni delle cose. Le storie allora diventano fondamentali perché pur essendo a sé, sono rappresentative di una storia più grande. Anche se spesso queste storie sono scomode e urtano la sensibilità del lettore».

Questo giornalismo però può salvare quella parte di paese che vuole vederci meglio.

Come possiamo da lettori districarci? «Come per gli acquisti su internet – risponde con un esempio il giornalista di Avvenire – siamo sempre molto attenti prima di acquistare o prima di scegliere il ristorante in cui andare, leggiamo recensioni, facciamo ricerche… Allo stesso modo dovrebbe essere per le informazioni. Perché di fatto non abbiamo nessun filtro. Beviamo qualsiasi cosa».

«Una delle grandi menzogne del nostro tempo – fa notare ad esempio Scavo – è che i migranti e le donne del corno d’Africa che arrivano in Libia non sanno a cosa vanno incontro. In realtà si è scoperto che le donne prima di partire si iniettano un anticoncezionale che dà una copertura per un certo numero di mesi. Quindi sono consapevoli, ma allora perché partono se sanno a cosa vanno incontro? Incontrando queste persone nei campi libici piuttosto che sulla rotta dei Balcani si scopre che hanno qualche motivo in più per venire in Italia che non la speranza di un maggior guadagno. Il fenomeno migratorio è complesso, perché non è solo fatto di persone e storie ma anche di interessi internazionali che si intrecciano ai conflitti dei paesi di provenienza dei migranti».

Tuttavia se il giornalista non trovasse un briciolo di speranza nelle storie che racconta, non avrebbe nessuna ragione per lasciare famiglia e figli e andare in luoghi non turistici. «Se parte è perché trova speranza. Sono queste storie di speranza che tengono in piedi il senso del lavoro di giornalista. E sono queste storie che vanno lette per continuare ad approfondire alcuni temi che rischiano di essere semplificati e banalizzati o anche, come spesso accade, manipolati».

Se la buona informazione è uno dei pilastri della democrazia, – conclude dunque Scavo – allora «serve una nuova alleanza tra chi scrive e chi legge per evitare le fake news e soprattutto la manipolazione di alcune notizie».

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