Cenni biografici di Padre Valentino Bosio

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  Padre Valentino Bosio nasce a San Giovanni in Croce, provincia e diocesi di Cremona, il 23 gennaio 1938. È il primogenito di quattro fratelli e sorelle ed ha la grazia di crescere in una famiglia profondamente cristiana, che rispetta la sua vocazione e, anzi, si sente onorata di avere un missionario fra i suoi membri. Ne è segno e testimonianza la fede con cui la mamma, Caterina, accetta il sacrificio della lontananza del figlio e l’umile, costante preghiera con cui ella accompagna il suo apostolato in missione. Nel 1983, in uno dei suoi brevi ritorni in Italia, Padre Valentino la trova ormai gravemente inferma. Da tempo un tumore ha aggredito il suo fisico e, tra cobalto e medicine, compie inarrestabile la sua opera di distruzione. Eppure mamma Caterina non si lamenta, non si ribella e attinge nell’assidua preghiera la forza di mantenersi serena e abbandonata alla volontà di Dio. Un giorno P. Rolando, un Confratello di P. Valentino, la stuzzica: “Mamma Caterina, il permesso di Valentino di rimanere in Italia sta per scadere. Cosa pensate di fare?”. Ella è consapevole dello stadio avanzato del suo male e della morte ormai vicina ma, come Abramo, non esita: “Valentino deve tornare in missione. A me penserà il Signore”.

  Anche la maestra di scuola, a modo suo, coltiva il terreno sul quale sta germogliando il seme della vocazione missionaria del suo piccolo allievo. Tra grammatica e aritmetica insegna al vivace Valentino che le monache di clausura sono “i parafulmini della società”. Egli ascolta un po’ stupito e solo quando la maestra lo richiama con tono solenne: “Valentino, sta fermo! Altrimenti ti fulmino!” riesce a intuire che forse Dio, che è un Padre buono, misericordioso e provvidente, “manda i fulmini” alla gente non per cattiveria, ma per amore, come chi corregge e castiga per educare e far crescere.

  Il 31 ottobre 1962, vale a dire a ventiquattro anni, Valentino entra come vocazione adulta nella Congregazione dei Preti della Missione, chiamati anche “Lazzaristi” o, più comunemente, “Vincenziani” perché fondati a Parigi, nel 1625, da San Vincenzo de Paoli, un grande santo della carità.

  Egli incontra qualche difficoltà negli studi, ma si impegna tenacemente e soprattutto manifesta un sincero desiderio ed una ferma volontà di acquisire le virtù caratteristiche dello spirito vincenziano che, secondo le Regole dei Missionari, devono essere “le cinque pietre di Davide” ossia la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per la salvezza delle anime. Il 15 agosto 1970 viene ordinato sacerdote con in cuore tanta gratitudine e un’irresistibile urgenza di raggiungere la missione. I Superiori, di fatto, non lo fanno attendere a lungo. Quattro mesi dopo l’ordinazione è già in Indonesia e termina nel suo nuovo campo di lavoro un anno ricco di emozioni e di grazie.

  La sua tattica missionaria consiste nel coinvolgere i piccoli, con i quali riesce a dialogare fin dall’inizio. Qualche caramella gli è sufficiente per superare l’impaccio iniziale del periodo di apprendimento della lingua locale. Poi, attraverso i piccoli, raggiunge i grandi e inizia la sua vera opera di evangelizzazione. Ben presto i poveri cominciano a chiamarlo “uomo dal cuore buono”, e non mancano di notare che
P. Valentino si dimentica a volte persino di dormire o di mangiare pur di aiutarli. Come quando, per trasportare un ammalato in un ospedale distante circa 200 chilometri dal villaggio, rimane digiuno due giorni e ritorna alla missione con un appetito formidabile. O come quando, senza prendere in considerazione pericoli, disagi e fatiche, compie lunghi viaggi tra fiumi e foreste per portare la Parola e i Sacramenti anche ai residenti più lontano.

  Il suo apostolato è contrassegnato da una dedizione illimitata. Chi non lo conosce a fondo lo ritiene perfino stravagante e indiscreto. In realtà, se P. Valentino eccede nel trascurare la sua salute e supera a volte i limiti della prudenza “normale”, non trascura mai però il primato di Dio e non dimentica le esigenze della vita spirituale. Se è esuberante, generoso, vivace, non di meno è silenzioso, contemplativo, un vero uomo di preghiera. La sua abituale unione con Dio rende stabile e costante il suo buon umore temperamentale, mentre il suo nativo ottimismo, temprato in situazioni ben poco confortevoli, diviene salda speranza e letizia cristiana.

  Rimane in Indonesia 34 anni, prima nell’Isola di Giava, poi più all’interno, tra gli indigeni del Borneo, nei villaggi attorno al fiume Melawi, Diocesi di Sintang.

  La morte lo coglie all’improvviso, l’8 giugno 2004, dopo la celebrazione eucaristica. Forse ha da tempo problemi di salute. Ma lui non si lamenta mai e nessuno è al corrente di qualche sua malattia. Dopo la S. Messa, celebrata alle sei del mattino, i fedeli e il Concelebrante escono dalla Cappella. Nessuno si sorprende se P. Valentino si ferma per prolungare il suo ringraziamento. Sanno che gli piace sostare, senza fretta, in preghiera. Solo dopo qualche ora, non vedendolo occupato nelle consuete attività, iniziano a cercarlo. Lo ritrovano in Cappella, ancora rivestito dei paramenti liturgici, nel banco dove aveva celebrato al sorgere del sole. È passato così, silenziosamente, sostenuto dal Pane di vita eterna, da un’esistenza terrena vissuta in umile rendimento di grazie, alla festa senza fine che ha atteso e preparato lavorando, senza risparmiarsi
nell’ “Isola delle meraviglie”.