O misteriosa sovrabbondanza di Grazia! Pasqua divina!

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Ti preghiamo Signore Dio,

Cristo, Re spirituale ed eterno,

stendi le tue grandi mani sulla tua santa Chiesa e sul tuo popolo santo,

difendilo, custodiscilo, conservalo in eterno…

Tua è la gloria e la potenza nei secoli.

Amen.

   Già splendono i raggi della santa luce di Cristo, sorgono gli astri puri del puro Spirito, e mostrano i tesori della gloria celeste e della regale divinità. La notte densa e oscura è stata debellata e l’odiosa morte condannata all’oscurità; la vita irrompe nel mondo, tutto trabocca di luce perenne, e quanti nascono entrano in possesso del mondo nuovo: il Cristo, generato prima dell’aurora, risplende per tutti, immortale e grande più del sole. Perciò a noi che crediamo in lui si avvicina sfolgorante il giorno senza tramonto, la mistica Pasqua, già prefigurata e celebrata dalla legge. La Pasqua, mirabile opera della forza onnipotente di Dio, è davvero la festa e il legittimo memoriale perenne: essa è impassibilità dopo la Passione, immortalità dalla morte, vita dal seme, medicina dalla piaga, risurrezione dalla caduta, ascensione dalla discesa. Così Dio opera cose grandi, dall’impossibile crea cose stupende, per mostrare che lui solo può tutto ciò che vuole. Scioglie i legami della morte, usando del suo potere sovrano, come quando disse: “Lazzaro, vieni fuori” (Gv 11,43); e “Fanciulla, alzati” (Mc 5,41), per mostrare l’efficacia del suo potere. E perciò si consegnò totalmente alla morte, perché in lui fosse uccisa quella belva feroce, e sciolto l’insolubile vincolo.

   In quel corpo impeccabile la morte cercava ovunque il nutrimento che le è proprio: cercava se vi fossero tendenze voluttuose, o ira, o disobbedienza, o almeno l’antico peccato, prima esca della morte; infatti “il pungiglione della morte è il peccato” (1 Cor 15,56). Ma poiché in lui non trovava nulla di cui nutrirsi, prigioniera di se stessa e stremata dalla mancanza di cibo, la morte fu morte a se stessa, come tanti giusti andavano annunciando e profetizzando che sarebbe avvenuto quando il primogenito fosse risuscitato dai morti. Egli rimase sotto terra per tre giorni, per salvare attraverso di sé tutto il genere umano, anche quello che era esistito prima della legge.

Da un’”Omelia” attribuita a sant’Ippolito, sacerdote.

Immagine: Beato Angelico, La tomba vuota, cella n. 8, Museo S. Marco, Firenze.