Clausura e Missione

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  “Bisogna prendere in considerazione il mondo contemplativo, stabilire un ponte fra le due sponde essenziali alla Chiesa e alla civiltà. La sponda della contemplazione e la sponda dell’azione. Ma, ahimè, bisogna fare attenzione perché l’azione deve scaturire dalla contemplazione. Altrimenti è un girare a vuoto, come un motore ingolfato che fa molto rumore ma non riesce a partire; oppure come delle ruote che girano a vuoto nel fango ma non attaccano …”.

Così diceva il grande e indimenticabile Giorgio La Pira. Padre Valentino Bosio, Vincenziano (1938-2004), missionario in Borneo, scrisse varie lettere alle Monache Domenicane di clausura del Monastero San Giuseppe, allora situato in Fontanellato (Parma). Esse rappresentano un bell’esempio di come si può concretizzare questa esortazione di Giorgio La Pira. Un missionario del nostro tempo, morto 1’8 giugno 2004 e rimasto in missione circa 34 anni (dalla fine del 1970), scrive alle suore Domenicane amiche, per chiedere preghiere e raccontare le sue avventure nelle foreste del Borneo, con toni avvincenti, commossi: da un lato partecipa alle sorelle la sua singolare esperienza fra popolazioni tribali che stanno scoprendo Cristo, dall’altro vuol partecipare alle ricchezze della loro contemplazione.

  Un giovane missionario italiano, a diecimila chilometri dall’Italia e immerso nelle foreste del Borneo indonesiano (oggi si chiama Kalimantan Barat), fra popoli “primitivi” distanti mille miglia dalla nostra cultura e religione, leggendo il settimanale diocesano di Cremona “La Vita Cattolica”, nel 1995 scopre che a Fontanellato c’è una suora, una sorella di clausura nata vicino al suo paese in provincia di Cremona, e le scrive entrando così in comunicazione con le Domenicane. Prima non si conoscevano, poi la fede li rende fratello e sorella in modo autentico: si vogliono bene, si scrivono partecipando i loro problemi, gioie e sofferenze, soprattutto pregano a vicenda e si aiutano spiritualmente, che in fondo è la cosa più importante.

Queste preghiere e questa corrispondenza hanno illuminato il missionario, per volgerlo ancor più all’unione con Dio e alla contemplazione che, come dice lui stesso, aumenta la nostra capacità di lavorare. Potrebbe sembrare un assurdo: se tolgo spazio al lavoro, la produttività diminuisce; invece è vero il contrario, la capacità e il rendimento nel lavoro aumentano. È uno dei tanti misteri della fede, che chi non ha fede, o ne ha poca, non riesce a capire. Citando Paolo VI, padre Valentino definisce le claustrali “cuore della Chiesa” e “le compagne dell’ evangelizzazione”.

Giusto e bello, lo sappiamo tutti, ma ci pensiamo poco. Portare il Vangelo agli uomini, e soprattutto infondere efficacia soprannaturale alle nostre attività di evangelizzazione, non è opera di noi uomini, della nostra intelligenza e capacità, ma solo di Dio. Noi siamo, e lo ripetiamo spesso, “servi inutili”, cioè strumenti di cui Dio si serve per toccare il cuore degli uomini e convertirli: chi ci rende utili, nelle nostre piccole e povere attività umane, è solo l’aiuto, la forza, la grazia di Dio!

  Le lettere di padre Bosio meritano di essere lette, anzi sono una buona lettura spirituale e possono servire di meditazione anche alle persone più distratte. Non sono infatti minestrine riscaldate di verità astratte che abbiamo letto e sentito tante volte, ma portano in un mondo lontano e interessante, raccontano esperienze molto concrete di Vangelo di cui abbiamo urgenza anche noi in Italia; e poi, nel dialogo fraterno con le sorelle di clausura, ci fanno capire che la vocazione delle Domenicane come di tutte le suore dei monasteri italiani di contemplazione, è una vocazione missionaria al cento per cento! Sono donne consacrate a Dio e alla preghiera che “abbracciano già il mondo intero con l’amore di Gesù Cristo”, come scrive una di loro; o, come diceva un’insegnante di catechismo ricordata in queste lettere, con le loro preghiere e la loro stessa vita sono “i parafulmini della società”. Questa è una “buona notizia”: ci dà coraggio, ci fa sapere che non siamo soli nel combattere l’unica guerra giusta, che è quella contro le forze del male e perché il Vangelo diventi la luce e la norma di vita per tutti gli uomini e tutti i popoli.

                                                                        Estratto dalla Prefazione alla prima edizione delle lettere, 2005.
                                                                        Piero Gheddo, missionario del PIME