La giornata del malato a Cremona Solidale. Il Vescovo: “Vengo a scuola da chi custodisce la sapienza e il segreto della vita”

Mons. Napolioni: “Oggi ho scoperto che Cremona ha un nome in più: Cremona Solidale. Chissà che voi non siate l'inizio di una Cremona nuova in cui davvero si è più forti perché più uniti”.

image_pdfimage_print

“Vengo a scuola!”. Così il vescovo Napolioni ha configurato la propria visita a Cremona Solidale. Il giorno non era casuale: l’11 febbraio, memoria dell’apparizione della Madonna di Lourdes, giornata mondiale del malato. Alle 16 in cappella l’Eucaristia, con la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria, anche per i molti anziani e infermi che l’hanno seguita in televisione nelle proprie abitazioni o nelle casa di riposo del territorio. Poi l’incontro con gli ospiti della struttura, con i quali il Vescovo si è intrattenuto con semplicità e amicizia, offrendo parole di conforto e speranza.

L’intenso pomeriggio a Cremona Solidale è iniziato alle 15.30 quando gli ospiti radunati in cappella hanno iniziato la preghiera del Rosario, animata dalle dame e i barellieri dell’Unitalsi.

Poco prima delle 16 l’arrivo del vescovo Antonio, accolto dal Consiglio di amministrazione: il presidente Emilio Arcaini, la vicepresidente Maria Cristina Manfredini, i consiglieri, il direttore generale Emilio Tanzi e l’assessore comunale alla Vivibilità sociale Rosita Viola. Presenti anche il responsabile diocesano per la Pastorale della salute, don Maurizio Lucini, e l’infaticabile cappellano don Goffredo Crema, in servizio all’ex Soldi da 24 anni.

Nel suo indirizzo di saluto al Vescovo, il presidente Arcaini ha tracciato il quadro di questa istituzione, aperta il 5 aprile 1915. Suddivisa in tre grandi strutture, con ciascuna 120 ospiti, la struttura conta anche una clinica riabilitativa da 80 posti. Quattro centri diurni integrati per anziani (di cui uno Alzaimer), tre centri diurni per disabili, una comunità socio-sanitaria per disabili, una comunità alloggio di 24 posti. Oltre a servizi a domicilio, per la disabilità e per l’accoglienza e una serie di ambulatori aperti anche agli esterni. Oltre 400 i dipendenti, che quotidianamente assistono una media di 2.200 persone.

“Pur consapevoli della realtà – ha affermato Arcaini – in questa “giornata del malato” non vogliamo insistere su questo aspetto: vogliamo invece dipingere questo luogo, ma anche le altre strutture, numerose in provincia e in diocesi, come il luogo dei rapporti autentici e della relazione concreta, nel quale un sorriso strappato non è mai di circostanza, nel quale una carezza è sempre dolce e parte dal cuore. È il luogo dell’espressione dell’amore filiale, così messo a dura prova! È il luogo della solidarietà e dell’accoglienza, attraverso il quale la società si prende cura delle persone, che qui, come nelle altre strutture, non sono mai considerate degli “scarti”. Il luogo della presenza di persone generose, che con opera di volontariato, oggi così indispensabile, esprimono la loro solidarietà per alleviare, fin dove è possibile, sofferenze fisiche e morali”.

“L’obiettivo primario di noi che siamo stati chiamati a sostenere la responsabilità di questa grande struttura e quello di tutti gli operatori, ciascuno per le sue competenze, – ha assicurato ancora il presidente – è di operare al meglio per strappare sempre più sorrisi, dare tranquillità, assicurare assistenza, trasmettere calore umano … Tutto questo con le preoccupazioni per far quadrare i conti in un periodi di crisi economica e con la professionalità e la competenza che il nostro servizio richiede”. E ha concluso: “Voglio ringraziare per l’attenzione che la Chiesa cremonese ha sempre riservato alla nostra Istituzione: la presenza di due sacerdoti, con la figura storica di don Goffredo e quella di don Franco, assicura la cura spirituale per queste persone che sono nel bisogno. Ringrazio don Maurizio per averci offerto l’opportunità di questa visita e celebrazione. Nell’auspicare la sua costante attenzione anche verso questa parte della citta di Cremona, Le auguriamo ogni bene per la sua missione fra di noi e chiediamo per tutti noi la sua benedizione”.

Parola a cui il Vescovo ha risposto spiegando lo spirito della propria visita: “Vengo a scuola! Non esiste la scuola per diventare vescovi: io la sto facendo in questi primi giorni. Più dagli anziani, che non dai bambini e dai giovani. Chi custodisce la sapienza e il segreto della vita sono le persone anziane e sofferenti, e allora vengo a scuola da voi”.

È quindi iniziata la Messa, trasmessa in diretta televisiva dall’emittente Cremona1. Accanto il vescovo don Lucini, don Franco Morandi, il segretario don Flavio Meani e il parroco di S. Bernardo (nel cui territorio si trova la casa di riposo) don Giuliano Vezzosi. Hanno servito all’altare i diaconi permanenti Eliseo Galli e Cesare Galantini. Alla tastiera il cappellano don Crema, che ha accompagnato la liturgia con la musica.

All’inizio della celebrazione il saluto di una degli ospiti, Emma. Parole che hanno commosso il Vescovo, il cui pensiero è andato ai propri genitori. “Vedo in voi tante mamme e tanti papà. Tanti di voi hanno l’età che avrebbe avuto mia mamma, che ha passato alcuni anni in una casa come questa. Dunque so bene come si vive in queste case, quanto può far bene al cuore vostro e alla serenità delle vostre famiglie”.

Nell’omelia mons. Napolioni ha preso spunto dal nome della struttura per sottolineare un aspetto significativo: “Oggi ha scoperto – ha detto – che Cremona ha un nome in più, un nome nuovo: Cremona Solidale. È proprio un nome bello! Chissà che voi non siate l’inizio di una Cremona nuova in cui davvero si è più forti perché più uniti”.

Poi l’attenzione è andata alla condizione degli ospiti, magari poco entusiasti all’idea di entrare in questa struttura: “È peccato chiedere aiuto? È sbagliato riconoscere che siamo deboli? O è essere onesti e riconoscere la realtà”. E ha continuato: “Sono sicuro che molti di voi all’inizio avranno storto il naso dicendo ‘non ci vado proprio volentieri’, e poi avete raccontato a tutti come ci si sta bene, quali sono i vantaggi: serenità e la gioia persino. Perché in fondo si ritorna un po’ bambini. Gesù l’aveva detto: se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli. Si ridiventa semplici, anche fragili e bisognosi degli altri: non ci dobbiamo scandalizzare, né stancare o impressionare”.

Riflettendo sulle letture, e in particolare il brano evangelico, il Vescovo ha guardato al tema della sofferenza alla luce dell’insegnamento di Cristo. “Gesù – ha spiegato – è colui che più di ogni altro ha scelto la vita: non la sua soltanto! Solo condividendo con gli altri la vita, la gioia e il dolore, la stanchezza e l’allegria, i momenti lieti e i momenti tristi, si salva la propria vita”. E poi, con alcuni riferimenti pratici alla vita di chi deve fare i conti con l’età che avanza: “È un’illusione farcela da soli. L’uomo non è fatto per arrangiarsi: è fatto per condividere, per dare e per ricevere. Quanto avete dato negli anni della vostra giovinezza, quando vi siete sposati, avete lavorato a lungo! Viene pure il tempo che avete il diritto ricevere! Certo “diritto” è una parola pericolosa: non significa protestare “io voglio, voglio…”, ma significa ricevere in cambio. Guai a noi se non ce ne accorgiamo! Guai alle generazioni più giovani se non riconoscono che gli anziani, i malati e i sofferenti hanno bisogno della loro tenerezza e della loro vicinanza. Altrimenti diventiamo incapaci di amare”.

E parafrasando il Salmo, con un paragone il Vescovo ha guardato al Po e alla campagna cremonese. “Pensate a un albero dal quale non cadono le foglie – ha affermato –, sempre verde, sempre più giovane, sempre più vivo. Chi è quest’albero se non Gesù! Noi ci uniamo a lui, impariamo da lui e vivendo come lui diventiamo alberi che portano frutto: una città solidale, una nuova umanità. Voi non siete indietro: siete avanti a noi! Non solo perché avete vissuto di più, ma perché toccate più da vicino l’essenziale della vita e delle cose. Ecco perché chi viene – lo auguro ai familiari, ai parenti, ai nipoti, ai volontari – non viene solo a darvi una mano, ma a riscoprire il senso della vita. E sono certo che, come accadrà per me stasera, tornano a casa non rattristarti, ma più consapevoli di qual è il vero il senso della nostra vita: spendersi. Ecco che cosa dice Gesù: non risparmiare la propria vita, volerla salvare, ma donarla, perderla in nome suo per ritrovarla. È la banca migliore in cui possiamo mettere la nostra vita senza risparmio, senza paura che qualcuno poi ci tradisca e ci faccia restare con le mani vuote. Lui moltiplica ciò che noi mettiamo nelle sue mani. Allora vi dico: anche a novant’anni siate generosi, regalate un sorriso, regalate una carezza, ascoltate il vicino di stanza o l’amico che passa che quel giorno non è sereno e ha bisogno di sfogarsi. Questi piccoli gesti di carità e di condivisione sono l’anticipo del Paradiso, del Regno di Dio. E voglia Dio che lungo le strade anche noi impariamo a trattarci così”.

Dopo la Comunione il Vescovo ha ricevuto il saluto anche di una delegazione della casa di riposo di Cingia de’ Botti.

La Messa si è conclusa con l’omaggio alla Vergine e la benedizione con annessa indulgenza plenaria.

Poi il Vescovo ha continuato l’incontro con gli ospiti della struttura. Per ognuno una parola di conforto e di amicizia, con quello stile schietto e fresco che tanto stupisce e affascina quanti lo incontrano per la prima volta. Il segno tangibile di una Chiesa che è insieme compagna di viaggio e madre.

Photogallery

Facebooktwittermail