La famiglia Volpi ritrova la sua storia a Sospiro. Donazione generosa e una targa per i fratelli “ritrovati”

image_pdfimage_print

 

Alla Fondazione Sospiro, nel pomeriggio di mercoledì, è stata inaugurata una targa commemorativa che racconta una storia lunga quasi di un secolo e una donazione tanto generosa quanto inaspettata. Il racconto che porta con sé non è una favola, ma condivide con il genere letterario lo stesso stupore e la meraviglia che ne consegue.

Forte dei ricordi dell’infanzia, una mamma dell’Appennino parmense ha iniziato nel 2021 a ricercare informazioni sulle vicende che molti anni prima coinvolsero tre fra i fratelli e le sorelle di nonna Eugenia. Si tratta di Tina, Enzo e Nino Volpi, che molto tempo prima si ritrovarono ospiti della Fondazione Sospiro, fra le cure attente e professionali degli operatori della casa di cura.

Le informazioni sui prozii erano poche, e per la maggior parte derivavano da storie trasmesse oralmente a mezza bocca e sentite quasi di sfuggita. La ricerca ha portato la giovane mamma a ricongiungersi con i parenti lontani e sconosciuti che fino a quel momento non sospettavano alcun legame di parentela con lei, ma che condividevano, ognuno con dettagli nuovi, informazioni sui parenti apparentemente scomparsi dalle storie della propria famiglia.

Oggi questa famiglia si è ritrovata nei reparti della Fondazione Sospiro, dove grazie al presidente Giovanni Scotti e al direttore del dipartimento disabili Serafino Corti, insieme all’ambassador di Cascina San Marco Antonio D’avanzo e a don Federico Celini, è stato possibile inaugurare la targa commemorativa che ricorda i nomi dei parenti ritrovati, grazie ai quali la famiglia ricongiunta ha elargito una somma di 42 mila euro per il sostegno alla Fondazione.

«Questa storia porta con sé quattro tesori inestimabili – spiega il presidente Giovanni Scotti – il primo è quello che questa famiglia porta con sé, la gioia di essersi ritrovati per essere nuovamente uniti. Il secondo è quello dell’umanità, dell’amore incondizionato per il prossimo. Il terzo è quello della gratuità, del donare senza chiedere nulla in cambio. E il quarto, forse il più importante, è quello dello stupore e della gioia di questa splendida famiglia».

Il direttore del reparto disabili, Serafino Corti ha poi aggiunto che «lavorare per aiutare chi ne ha più bisogno è il lavoro più bello del mondo. Potete chiederci perché lo sia, ma non c’è una risposta, è un sentimento che si prova e si può capire solo quando lo si sperimenta».

La storia dei fratelli Volpi è uno stupendo esempio di come l’amore trionfi sempre contro il rischio di dimenticarsi dei propri cari, di come la famiglia sia il rapporto più forte e duraturo che ci sia, indipendentemente dal tempo trascorso o dalla distanza che separa chi si vuol bene.

La storia dei fratelli Volpi e di nonna Eugenia

Elisa è una giovane mamma di tre figli che vive nell’alto Appennino parmense. Nel luglio del 2021 inizia, per sua curiosità, una ricerca per approfondire la conoscenza della sua storia familiare. Così comincia a guardare all’indietro. Ad un certo momento scopre che nella storia c’è uno strappo, anzi tre strappi: nella famiglia della nonna Eugenia, oltre agli altri numerosi fratelli, ve ne sono tre che dal primo dopoguerra spariscono dalla vita familiare. Si informa e qualcuno, a mezza voce, le confida che effettivamente la nonna Eugenia accudiva una sorella, Tina, sordomuta, e due fratelli, Enzo e Nino, sordomuti e tetraplegici. Tra i più anziani del paesino d’origine c’è chi ricorda come Eugenia accompagnasse i due ragazzi paralizzati, li esponesse al sole nelle belle giornate, fosse tutta dedita a loro. Ma viene il giorno che la ragazza forma una sua famiglia. E qualcuno decide che non può condizionare il suo futuro con quei tre fratelli disabili che, dunque, le vengono sottratti e trasferiti in un istituto.

Elisa è curiosa, non si ferma e viene a sapere che i tre fratelli della nonna vennero portati in provincia di Cremona, a Sospiro. Allora si mette in contatto con questo istituto. Apprende che tutti sono già deceduti: Enzo un paio d’anni dopo il ricovero, Nino nel 1982 dopo quasi quarant’anni, Tina nel 2012, novantenne, dopo oltre sessanta anni di ricovero. Per tutto questo tempo praticamente più nessuno della famiglia si è interessato a loro.

Elisa, allora, capisce il volto triste della nonna che osservava da bambina, con lo sguardo nel vuoto, in certi pomeriggi. Vuole conoscere, fa ciò che altri in famiglia per decenni non hanno fatto: va a Sospiro, chiede i fascicoli dei tre ragazzi. Ci sono le cartelle cliniche, alcune carte personali, anche alcune foto di Tina: un sereno volto da nonna. E lì tra le carte della zia c’è anche la busta di una banca. Contiene un estratto conto bancario: la somma è interessante. Si fa una verifica.

Il conto è ancora attivo: un conto bancario dormiente. Elisa ha un sussulto: è stato questo istituto la vera famiglia degli zii ed è venuto il momento della restituzione di un’attenzione ricevuta. Per onorare la memoria di quei tre ragazzi e aiutare altri ragazzi come loro, quei soldi devono essere donati a chi se ne è preso cura per decenni. Torna a casa, rintraccia anche parenti non più visti da anni, quelli che hanno dimenticato i loro familiari per tanto tempo, cerca di convincerli a rinunciare all’eredità inattesa, perché altri ragazzi come gli zii possano essere sostenuti. La gran parte degli eredi condivide lo sforzo di Elisa. E lei fa in modo che una somma di 42mila euro vada a buon fine, per la realizzazione del nuovo Centro Nazionale Autismo.

Elisa torna a Sospiro, con la mamma e la figlia. Racconta la sua storia, il suo impegno, si emoziona e si commuove. Nella ricerca ha ritrovato una parte di se stessa.

Luca Marca
TeleRadio Cremona Cittanova
Facebooktwittermail