In Cattedrale la Passione secondo Matteo di J. S. Bach

Suggestivo il connubio tra la dolce grazia delle voci bianche del Coro “Beata Vergine” e il possente vigore del doppio Coro e doppia Orchestra barocca “Il Teatro Armonico”

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“Una serata d’eccezione” – come l’ha definita il parroco della Cattedrale, mons. Alberto Franzini – quella di venerdì 18 marzo nel Duomo di Cremona. Il più grande oratorio mai composto sul testo dell’evangelista Matteo, Matthäus Passion di Johann Sebastian Bach, per oltre tre ore ha trasportato gli animi in una grande esperienza spirituale. “Monumentale, unica e irripetibile” l’opera eseguita, nella singolare bellezza della lingua originale, che dalla maestosità dell’altare ha trovato eco nella grandiosità artistica della Crocifissione del Pordenone sulla controfacciata del Duomo. Cori, recitativi, corali, arie si sono alternati, intrecciati, armonizzati in una mirabile fusione di voci, suoni e strumenti. Suggestivo il connubio tra la dolce grazia delle voci bianche del Coro “Beata Vergine”, preparato dal m° Diego Pederneschi, e il possente vigore del doppio Coro e doppia Orchestra barocca “Il Teatro Armonico”, con il maestro preparatore Margherita Dalla Vecchia. Non giustapposti, non antitetici, non contrastanti. Anzi, complementari in una magica alchimia, con la straordinaria direzione di Isolde Kittel-Zerer.

Pathos, enfasi, tensione emotiva nelle parti accorate dei solisti, che diventano espressione partecipata alla Passione e al dolore di Cristo della comunità dei credenti e dell’anima cristiana.

Il testo evangelico è memoria e racconto, ma anche riattualizzazione e dramma. Come ha sottolineato mons. Franzini nel suo intervento meditativo, nella pausa tra la prima e la seconda parte del concerto, “l’ascolto della Passione offre ad ognuno quella Via Crucis del Figlio di Dio, nella quale trova la soluzione l’enigma del dolore, della sofferenza, della vita e della morte, l’enigma dell’intero universo che si concentra e si incentra sul Golgota, cuore della storia e del cosmo”.

Anziché inchiodare l’uomo peccatore, Cristo ha scelto di inchiodare se stesso, portando su di sé tutto il male del mondo. La Crux Spes Unica, la Croce unica speranza ci dice chi è veramente Dio – continua mons. Franzini.

“Dio non è in strade tortuose ed idolatriche. Il Crocifisso senza potere e senza gloria mondana è diventato il Signore di tutti e di tutto: sconvolgente mistero di Dio disceso nel nostro fango, nei nostri deserti, nei nostri tormenti, nei nostri fallimenti, persino nel buio della nostra morte, per poi ribaltare e per sempre la pietra tombale che rinchiude la tenebra drammatica del nostro vivere. In croce Dio è diventato Amore e Verità, amore che si dona fino allo svuotamento di sé; è diventato libertà dalle paure e dalla disperazione, libertà dai conformismi, dagli accomodamenti al ribasso per sopravvivere”.

La Croce è il dramma dell’oscurità di Dio, ma nel contempo rivela anche che Dio si manifesta laddove sembra sconfitto e assente. Il patibolo della Croce diventa così l’albero della Vita. A conclusione della sua pregnante riflessione, mons. Franzini innalza per tutti noi una “sgorgante e liberante preghiera”: “Aiutaci a non impadronirci della vita, oh Signore, ma a donarla; donaci fedeltà e perseveranza per resistere alle fughe, agli smarrimenti, alle angosce”.

I sentiti applausi del pubblico e il grande grazie finale da parte del vescovo Antonio Napolioni ai protagonisti della serata hanno reso omaggio alla lodevole maestria con cui è stato realizzato questo insigne “monumento musicale alla cristianità”.

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