In Cattedrale festa per l’arcivescovo Perego

Nel pomeriggio di sabato 6 maggio il vescovo Napolioni, con oltre una ventina di altri presuli, ha ordinato vescovo mons. Gian Carlo, destinato dal Santo Padre a Ferrara-Comacchio

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Con “il sogno di costruire Una Chiesa viva, giovane, povera, libera, fedele al Vangelo, aperta al dialogo, rispettosa degli ordinamenti delle istituzioni e docile al soffio dello Spirito” è iniziata, sabato 6 maggio, la missione da vescovo di mons. Gian Carlo Perego. Un sogno che ha le sue radici nella Chiesa cremonese perché disegnato dal vescovo Assi e poi condiviso dal cardinal Martini e che ora il neoarcivescovo di Ferrara-Comacchio, nonché abate di Pomposa, porterà nella sua valigia.

In una delle sue “due valige”, come ha detto al termine della sua ordinazione episcopale, guidata dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, in una cattedrale gremita ma profondamente unita in preghiera. Due, perché se una è carica di sogni, compreso quello di una Chiesa “inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti”, come dice papa Francesco, l’altra è carica “di ricordi: non fotografie scolorite, ma esperienze vive, attorno alle quali ritrovo una tradizione cristiana, familiare, parrocchiale, ecclesiale”.

Ricordi che si sostanziano di citazioni di don Mazzolari, del vescovo Geremia Bonomelli (di cui mons. Napolioni gli ha consegnato il pastorale) e di S. Omobono, “la cui forza nella carità e nella giustizia, formate dall’Eucaristia e dal Crocifisso, e il desiderio di pace e di dialogo per la città, sono state per me – come ha sottolineato mons. Perego – strade di vita cristiana”, ma anche stimolo “ad essere a Cremona Buon Pastore, domani a Ferrara allenato Pescatore di uomini”.

 

I presenti

La pioggia battente ha impedito l’apertura del rito solenne con la processione da palazzo vescovile, processione che si è comunque snodata all’interno della cattedrale mentre il coro, guidato da don Graziano Ghisolfi, intonava il canto “Farò sorgere un pastore che conduca il mio gregge”.

Alla celebrazione, guidata dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, erano presenti nei primi banchi le autorità cittadine civili e militari, prima di tutto il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, i parenti e numerosi fedeli laici provenienti da Cremona, Roma (personale Cei, Caritas e Migrantes), Ferrara e dalle numerose città italiane dove mons. Perego, attraverso la Migrantes, ha operato.

A concelebrare circa 150 sacerdoti, di cui una decina di rito orientale cattolico, insieme a 26 vescovi, tra cui il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e già segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino attuale segretario della Conferenza Episcopale Italiana, gli emeriti di Cremona, mons. Dante Lafranconi e quello di Ferrara, mons. Paolo Rabitti, i due vescovi consacranti mons. Luigi Negri, già vescovo di Ferrara-Comacchio e mons. Guerino Di Tora, ausiliare di Roma e presidente della Cemi e della Fondazione Migrantes. E ancora i vescovi di Crema, Mantova, Vigevano, l’emerito di Lodi, il vescovo di Piacenza, Parma, Camerino-S. Severino, Ravenna-Cervia, Reggio Emilia- Guastalla ed altri ancora, oltre a mons. Paolo Lojudice, ausiliare di Roma e membro della Commissione Episcopale per le Migrazioni, mons. Dionisio Lachovicz, visitatore apostolico per i fedeli greco-cattolici ucraini, mons. Stephen Chirappanath, visitatore apostolico per i fedeli siro-malabaresi in Europa e mons. Josif Milyan, ausiliare di Kiev.

I celebranti e i gruppi in Duomo

 

Il rito di ordinazione

Dopo la proclamazione della Parola e il canto “Veni, Creator Spiritus”, mons. Perego si è portato davanti a mons. Napolioni per la richiesta di ordinazione episcopale. Quindi la lettura della Bolla papale di nomina da parte di mons. Massimo Manservigi, vicario generale dell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio.

La bolla apostolica

Poi l’omelia in cui mons. Napolioni, sulla scorta delle parole del cardinal Martini, di papa Bergoglio e del cremonese mons. Geremia Bonomelli, ha scelto di riflettere sui tre segni che caratterizzano il mandato vescovile: il Vangelo, l’anello e il pastorale.

La figura del vescovo infatti deve trasformarsi in “un Vangelo vivente” perché “custoditi dalla Parola, e dalla preghiera del popolo di Dio, possiamo custodire il Vangelo, la notizia della salvezza, il buon deposito della fede, in un cuore aperto e gioioso, facendo brillare con naturalezza – quasi a nostra insaputa – lo splendore della verità e la sua inesauribile capacità di attrazione”, ha detto mons. Napolioni.

L’anello invece è simbolo dell’amore sponsale, un legame con la Chiesa per il quale il pastore di Cremona ha invitato preti e vescovi ad “andare a scuola dalle famiglie, per riscoprire insieme quella amoris laetitia che il mondo non conosce, e di cui anche certa nostra vita ecclesiale potrebbe aver smarrito l’alfabeto”, come suggerisce anche papa Francesco. Un’esperienza che la diocesi sta sperimentando anche con la presenza mensile dei seminaristi in alcune famiglie.

E infine il pastorale, immagine della missione apostolica, missione che si preannuncia radicata nella terra natale di Perego, visto che Napolioni gli ha consegnato il pastorale del vescovo Geremia Bonomelli, “maestro di discernimento profetico, di riconciliazione con la società civile, di riformismo radicato nell’ortodossia e portatore di grandi frutti nel rilancio della formazione sacerdotale e nell’attenzione ai migranti, al dialogo ecumenico, alle diverse povertà”. Un chiaro riferimento ad una peculiarità del percorso di mons. Perego segnato dal servizio agli ultimi, anche attraverso la Caritas prima, e la Fondazione Migrantes poi.

Testo dell’omelia del vescovo Napolioni

Al termine dell’omelia, secondo l’antico rito, mons. Perego si è prostrato a terra mentre la cattedrale unita cantava le litanie dei santi. Quindi l’imposizione delle mani, prima da parte di mons. Napolioni e poi di tutti i vescovi presenti, il Vangelo posato sopra il capo e, infine, i riti esplicativi: l’unzione con l’olio del Crisma e la consegna del Vangelo, dell’anello, della mitria e del pastorale e la seduta in cattedra, simbolo della presa di responsabilità. A chiusura l’abbraccio fraterno con tutti i vescovi.

La liturgia eucaristica è continuata nel raccoglimento fino a dopo le comunioni quando, sulle note del “Te Deum”, mons. Perego, accompagnato dai vescovi mons. Luigi Negri e mons. Guerino Di Tora, ha percorso la navata della Cattedrale benedicendo l’assemblea.

 

Saluto del nuovo arcivescovo

Al termine, con la voce rotta dall’emozione, mons. Perego ha disegnato il suo impegno futuro in una serie di sogni, che ha invitato a condividere con tutti i presenti, cremonesi, romani, abitanti di Kiev o di centro Italia, uniti in un’assemblea che faceva assaporare la cattolicità. Nelle sue parole, nelle sue “due valige”, un’esperienza di chiesa vicina agli ultimi e radicata nella cremonesità di S. Omobono, Geremia Bonomelli, Enrico Assi e poi arricchita dai “15 anni spesi tra Caritas Italiana e Migrantes, dove – ha detto – ho sperimentato che la scelta preferenziale dei poveri, l’accoglienza e l’accompagnamento dei migranti costruiscono veramente una Chiesa, favoriscono nuovi stili di vita e cammini di santità cristiana, rinnovando la bellezza della città”.

Quindi il dono a Cremona di un volume: “la vita di S. Omobono, in lingua spagnola, pubblicata a Madrid nel 1719”, perché la carità del primo santo laico della storia possa unire l’operato della chiesa cremonese come quella di Ferrara che ancora una volta (questa è la terza) saranno legate non solo dallo scorrere del Po, ma da pastori cremonesi.

Testo del saluto dell’arcivescovo Perego

Maria Chiara Gamba

 

 

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Photogallery della celebrazione:

 

 

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