Il Vescovo in Cattedrale: «La Festa del Ringraziamento ci deve riproporre il grazie come prima parola, come strategia e atteggiamento, come sapienza di vita»

Domenica 12 novembre in Cattedrale la celebrazione diocesana in occasione della 73ª Giornata nazionale del Ringraziamento, quest'anno sul tema “Lo stile cooperativo per lo sviluppo dell’agricoltura”

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La Cattedrale di Cremona era gremita domenica 12 novembre per la celebrazione diocesana in occasione della 73ª Giornata nazionale del Ringraziamento, come tradizione occasione in cui rendere grazie a Dio del raccolto ricevuto anche quest’anno.

«Siamo in un periodo dell’anno in cui ci si prepara alla stagione della semina, all’inverno, all’attesa», ha esordito durante l’omelia il vescovo Antonio Napolioni che, insieme ai canonici del Capitolo, al vicario episcopale per il clero don Gianpaolo Maccagni e all’assistente ecclesiastico di Coldiretti don Emilio Garattini, ha celebrato l’Eucaristica.

«Sono i nuovi inizi, colmi di fatica e di speranza», che riguardano però non solo il mondo dell’agricoltura, che il Vescovo non ha mancato di definire «timone della nostra Diocesi, nostra storia e nostro futuro», ma l’intera umanità che va verso venti di guerra sempre più prossimi.

«Siamo qui a ringraziare ciascuno secondo il suo bilancio economico e umano», ha proseguito il Vescovo richiamando l’attenzione alla Parola del giorno e al rischio cui tutti andiamo incontro. «C’è il rischio che il grazie come ultima parola sia solo un gesto di galateo o una sorta di amuleto» che preserva noi, ad esempio, dalle conseguenze dei cambiamenti climatici, lasciandole ad altri, meno fortunati e forse un po’ meno grati.

«Invece, la Festa del Ringraziamento ci deve riproporre il grazie come prima parola, come strategia e atteggiamento, come sapienza di vita. Il Vangelo ci sfida perché ci chiama a questa vigilanza, all’attesa delle giovani e all’arrivo dello sposo. Come ci prepariamo a questo?» Il riferimento al Vangelo odierno (Mt 25,1-13) e all’incontro tra le vergini e lo sposo suggerisce che occorre saper vigilare in ogni ambito della vita e in ogni professione. Ancora di più in quella legata al ciclo delle stagioni, perché «la competenza di chi lavora in agricoltura è tale da vigilare in mille modi».

Eppure il Vescovo non si ferma alla sola competenza professionale, ma amplia il suo discorso a una dimensione integrale dell’umano, guardando alla «competenza del cuore», quella dettata da una vigilanza fondamentale che è insita in ogni uomo e che produce frutti ancora maggiori del lavoro o del guadagno, chiamati dal Vescovo «alleanza tra gli uomini e con Dio». Concretamente questo si traduce in un lavoro incentrato sul “modello cooperativo”, che ci chiama a «cooperare filialmente con Dio, senza smarrire il senso dell’orizzonte da cui proveniamo e a cui siamo destinati». A cui si aggiunge, se si vuole declinare totalmente la nostra filialità, una cooperazione fraterna, che rende forte una comunità davanti agli imprevisti della natura o di altra sorte.

«Allora, quando sarà fatta questa giustizia, il Regno dei cieli comincerà a germogliare anche su questa terra». Perché la Parola di Dio ci invita a essere operosi, vigilanti e protagonisti attivi dell’opera che Dio sta compiendo attraverso Cristo in una continua nuova creazione».

In questo tempo, infine, in cui dobbiamo reimparare a ragione secondo la logica del dono, il Vescovo esorta a non dimenticare che «la terra è ricevuta in amministrazione fiduciaria e che dobbiamo renderne conto non solo ai nostri figli ma anche a Dio».

Tra i banchi erano presenti rappresentanti di Coldiretti e Libera agricoltori, nonché le Cooperative sociali Rigenera e Inchiostro. La celebrazione è stata aperta dal benvenuto di Eugenio Bignardi, incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, che ha rivolto un accorato appello ad essere tutti «custodi del creato, casa comune» secondo le sollecitazioni di Papa Francesco che, nell’esortazione apostolica Laudate Deum (LD 2), dichiara: “A otto anni dalla pubblicazione della Laudato si’, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. (…) L’’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie”.

Bignardi ha poi voluto ricordare anche don Primo Mazzolari. «Gli uomini e le donne che vivono costantemente a contatto con la “cara terra”, come la chiamava il parroco di Bozzolo, e che godono dei suoi frutti, si sentono particolarmente impegnati in questo ruolo di cura e custodia. Così, “lo stile cooperativo come modello d’impresa”, secondo il messaggio dei Vescovi, dà spazio a tutti coloro che stanno sperimentando nuovi stili di vita e di relazione.  In queste esperienze, dove tutti hanno pari dignità, si favorisce la crescita di ciascuno, l’educazione a lavorare insieme per il bene comune e la consapevolezza che ogni persona è dono. Tutti insieme – ha poi concluso – aiutiamo le nostre comunità a diventare luoghi di discernimento sui temi della cura e della custodia del creato e delle sue creature, e assumiamo la responsabilità nei confronti dei più fragili che rischiano di essere i più colpiti dai disastri derivanti dai cambiamenti climatici».

 

 

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Giornata ringraziamento, Cei: “modello cooperativo educa a lavorare insieme per realizzare bene comune e promuove consapevolezza che ogni persona è dono”

Sara Pisani
TeleRadio Cremona Cittanova
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