Il vescovo Guido Marini a San Luca per il centenario della morte del barnabita Serafino Ghidini

La solenne celebrazione nel pomeriggio del 13 gennaio nella chiesa che conserva le spoglie del giovane chierico di Cavallara morto in concetto di santità a soli 22 anni

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Quella del venerabile Serafino Ghidini, giovane chierico barnabita originario di Cavallara (in diocesi di Cremona e provincia di Mantova) morto in concetto di santità a soli 22 anni dopo essere riuscito a pronunciare in ospedale la professione religiosa solenne, è una figura ancora carica di significato per i padri Barnabiti. Ed è per questo che nel centenario della morte la sua figura è stata ricordata nella solenne Eucaristia che nel pomeriggio di sabato 13 gennaio a Cremona è stata presieduta dal vescovo Guido Marini, pastore della Chiesa di Tortona e già Maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, nella chiesa di San Luca, dove ne sono conservate le spoglie. E proprio lì si è recato, prima dell’inizio della celebrazione, il Vescovo di Tortona per un momento di preghiera personale sulla tomba, cui è seguita la benedizione.

Alle 18 è quindi iniziata la Messa solenne, animata con il canto dal coro gregoriano “S. Antonio Maria Zaccaria” insieme al coro polifonico “Il Discanto”, accompagnati all’organo dal maestro Marco Brunelli.

Accanto al vescovo Marini c’erano il vicario generale della Diocesi di Cremona, mons. Massimo Calvi, e il procuratore generale dell’Ordine dei Chierici regolari di san Paolo, padre José Carvajal. Insieme alla comunità barnabita di Cremona, con il padre Emilio Redaelli che all’inizio della liturgia ha preso la parola per un momento di saluto, c’erano anche i confratelli di diverse parti d’Italia. Non mancavano i superiori degli altri istituti religiosi maschili presenti a Cremona (padre Virginio Bebber per i Camilliani e padre Andrea Cassinelli per i Cappuccini), il delegato episcopale per la Vita consacrata don Enrico Maggi, il parroco dell’unità pastorale Cittanova don Irvano Maglia e don Massimo Macalli, parroco in solido dell’unità pastorale “Servo di Dio Serafino Ghidini” di Cavallara, Correggioverde, Dosolo, Sabbioni di San Matteo, San Matteo delle Chiaviche e Villastrada.

All’inizio dell’omelia, monsignor Marini si è soffermato sul significato che hanno i tre segni di croce che ogni fedele fa prima della proclamazione del Vangelo, spiegando che «è un gesto semplice ma molto ricco. Abbiamo tracciato un triplice segno di croce, prima sulla nostra fronte, poi sulle nostre labbra e poi sul nostro cuore. Un gesto semplice che forse compiamo con un po’ di superficialità e magari avendo dimenticato il profondo significato che ha. Quando compiamo questo triplice segno di croce sopra di noi, affermiamo: Signore io desidero e voglio che la tua Parola entri nella mia intelligenza e divenga la radice di un nuovo modo di pensare. Desidero e voglio che la tua parola risuoni sempre sulle mie labbra e nella mia voce, così che il mio parlare sia un parlare secondo la Tua volontà. Desidero e voglio che la Tua parola entri nel mio cuore, così che il mio cuore e tutta la mia vita sia un riflesso della tua vita, del tuo cuore, del tuo amore». Un desiderio e una volontà che devono essere nel cuore e nello spirito dei fedeli che si apprestano ad ascoltare la Parola del Signore.

Il vescovo Guido Marini ha poi proseguito la sua riflessione sottolineando tre passaggi delle letture. «Neppure una parola di Dio cadde nel vuoto – ha ripreso riferendosi alla prima lettira, tratta dal primo libro di Samuele –. Samuele da quel momento in poi avrebbe accolto ogni parola di Dio, ascoltata come parola da vivere, come parola da annunciare, come parola viva della sua vita, Neppure una parola sarebbe caduta nel vuoto». Da qui una domanda: «Come accogliamo la parola che il Signore ci rivolge? Quante parole sono cadute nel vuoto perché le abbiamo ascoltate con superficialità, perché forse abbiamo avuto timore a viverle, siamo stati deboli e incapaci di renderle vita della nostra vita nella quotidianità. Quanto sarebbe bello se potesse essere vero per noi quello che è stato per Samuele. Neppure una parola, neppure una, di quelle ascoltate da parte di Dio caduta nel vuoto, ma ogni parola ascoltata da parte di Dio raccolta, amata, vissuta, praticata».

La seconda riflessione è stata a partire dal passaggio della prima lettera di san Paolo ai Corinzi, “Fratelli, il corpo non è per l’impurità, è per il Signore”. «Il nostro corpo e la nostra umanità – ha detto il presule – trovano ciò che cercano e la bellezza della vita quando sono per il Signore, non quando si perdono nell’impurità, nel peccato e nel male». Il Vescovo ha poi riflettuto sul problema del peccato e del male, dicendo che «quando il nostro corpo e la nostra umanità vivono per l’impurità, per il peccato e per il male, la nostra vita appassisce, si appesantisce, diventa opaca, oscura, triste, perché il peccato determina un cuore piegato, malato e smarrito».

Il terzo e ultimo passaggio sul quale il Vescovo di Tortona si è soffermato è stato a partire dal canto al Vangelo: “Abbiamo trovato il Messia”. «Siamo davanti a due testimoni, Giovanni e Andrea, testimoni e annunciatori del Signore Gesù attraverso il fascino della loro parola infuocata, il fascino della loro vita piena di un amore per il Signore – ha affermato analizzando il brano evangelico di Giovanni –. Parola e vita in loro sono stati la testimonianza bella del Signore Gesù per i fratelli che avevano accanto». E riferendosi poi ai presenti ha concluso: «Il nostro incontro con il Signore Gesù suscita nel cuore il bisogno e il desiderio di dire a tutti chi è Gesù, il bisogno e il desiderio di proclamare ad alta voce che Lui è il salvatore vero della vita, la necessità di andare e bussare alla porta del cuore per dire aprigli il cuore, perché soltanto in lui la salvezza, la gioia e la vera vita? Non dimentichiamolo: la fede, ovvero l’incontro col Signore, suscita questa passione e questo desiderio. Oppure dobbiamo dircelo: la nostra fede non è una fede viva, e l’incontro con il Signore non è davvero un incontro che ci prende la vita e la cambia».

Prima della benedizione finale monsignor Marini ha voluto rivolgere un pensiero e un ringraziamento al vescovo Antonio Napolioni per l’accoglienza in diocesi, così come alla comunità Barnabita che da anni opera sul territorio cremonese. Ha quindi preso la parola per un saluto anche il procuratore generale dei Barnabiti, padre José Carvajal.

L’omelia del vescovo Guido Marini

 

 

Il venerabile Serafino Ghidini

Serafino Maria Ghidini nacque il 10 gennaio 1902 a Cavallara (Mn). Inviato a Cremona come garzone in una cartoleria ebbe modo di conoscere e frequentare il Circolo giovanile Zaccaria voluto dei Barnabiti a San Luca. Il suo desiderio di diventare religioso, osteggiato dal padre, socialista convinto, si fortificò man mano nella preghiera e nello studio personale dopo le ore di lavoro. Nel 1919 riuscì finalmente a ottenere il consenso dei suoi genitori. La sua testimonianza di fede divenne realtà ancor più evidente quando iniziò a manifestarsi la malattia che l’avrebbe portato giovanissimo alla tomba.

Dopo un anno di studio a Milano, fu ammesso al noviziato dei Barnabiti di Monza, dove il 1° novembre 1923 pronunciò i voti religiosi. Avrebbe quindi dovuto recarsi a Lodi per completare gli studi liceali, ma per l’aggravarsi della malattia fu costretto al ricovero all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Rimase in ospedale ottanta giorni. Prima di morire in concetto di santità, il 13 gennaio 1924, riuscì a pronunciare la sua professione religiosa solenne.

Il processo di beatificazione fu stato promosso dai Padri Barnabiti. L’inchiesta diocesana, aperta il 9 marzo 1967, fu chiusa il 21 marzo 1975 e il decreto sugli scritti fu emesso il 28 maggio 1977. Dopo il Congresso dei teologi dell’11 gennaio 1994 e la sessione ordinaria dei Cardinali e Vescovi del 19 aprile 1994, con l’approvazione delle virtù eroiche del 2 luglio 1994, Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato venerabile il chierico Serafino Ghidini.

 

Il vescovo Guido Marini

Mons. Guido Marini è nato a Genova il 31 gennaio 1965. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica al Liceo “C. Colombo” è entrato in Seminario. Ordinato sacerdote il 4 febbraio 1989 dal cardinale Giovanni Canestri, ha proseguito gli studi a Roma presso la Pontifica Università Lateranense, dove ha conseguito il dottorato In utroque Iure con una tesi inerente il problema dei rapporti Chiesa e Stato agli inizi del 1900. Nel 2007 ha conseguito la laurea breve in Psicologia della comunicazione presso la Pontificia Università Salesiana.

Dal 1988 al 1995 è stato segretario particolare del cardinale Giovanni Canestri, dal 1995 al 2002 del cardinale Dionigi Tettamanzi e dal 2002 al mese di agosto del 2003 del cardinale Tarcisio Bertone. Dei cardinali Tettamanzi e Bertone, come anche del cardinale Angelo Bagnasco, è stato maestro delle celebrazioni liturgiche, costituendo il Collegium Laurentianum, un’associazione di volontari per il servizio d’ordine e d’accoglienza della Cattedrale di Genova, soprattutto in occasione delle celebrazioni liturgiche diocesane.

Dal 2003 al 2005 è stato direttore dell’Ufficio diocesano per l’Educazione e la Scuola, con specifica competenza per l’insegnamento della religione cattolica.

Il 29 settembre 2007 Papa Benedetto XVI lo ha insignito del titolo di prelato d’onore di Sua Santità, mentre il 1º ottobre lo ha nominato maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, succedendo all’arcivescovo Piero Marini.

Il 17 gennaio 2019 Papa Francesco lo ha nominato responsabile della Cappella musicale pontificia sistina, contestualmente inserita nell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, affidandogli anche il compito di redigerne il nuovo statuto.

Il 29 agosto 2021 è stato nominato vescovo di Tortona, diocesi di cui ha preso possesso il 7 novembre, dopo l’ordinazione episcopale avvenuta il 17 ottobre nella basilica di San Pietro in Vaticano.

 

Luca Marca
TeleRadio Cremona Cittanova
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