Il Vescovo ai medici cattolici di Cremona: vicini e partecipi alle fragilità dei fratelli sostenuti dal nostro grande Medico Divino

Nella cripta della Cattedrale di Cremona il vescovo Antonio Napolioni ha celebrato la Santa Messa per l’associazione Medici Cattolici Italiani

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«Vegliare nell’attesa del Signore non è solo l’atteggiamento dell’Avvento prima del Natale, è l’atteggiamento di chi soffre e di chi cura, perché si attende la guarigione, si attende la vita, si attende il meglio per noi e per le persone che amiamo».

Con queste parole il vescovo di Cremona Antonio Napolioni ha accolto i rappresentanti dell’Associazione Medici Cattolici Italiani nella cripta della Cattedrale, dove ha presieduto la Santa Messa in occasione del Natale concelebrata da don Maurizio Lucini, incaricato diocesano per la pastorale della salute e consulente ecclesiastico dell’associazione.

AMCI è un’associazione che nasce a Roma nel 1944, durante le Seconda guerra mondiale; in quel periodo si avvertiva la necessità di sviluppare un organizzazione di apostolato dei laici, integrata con organizzazioni capaci di dare agli iscritti una formazione specifica ed una capacità di incidere nell’ambiente professionale. Prendendo come esempio di condotta il santo cremonese Antonio Maria Zaccaria, fondatore dell’ordine monastico dei Barnabiti, Agostino Maltarello ed alcuni suoi colleghi presero l’impegno di dar vita ad un’associazione di medici cattolici, tutti accomunati dalla fede e da un grande impegno responsabile nell’Azione Cattolica.

Nella sua omelia il Vescovo, facendo riferimento al brano di Vangelo che parla del Battista, ha fatto osservare come «Giovanni prepara la strada e chiede anche a noi di preparare la strada al Signore che viene, indicandoci il rapporto corretto tra dimensione umana, scientifica, medica; tra le nostre responsabilità e il dono di Dio della salvezza; il rapporto tra salute e salvezza. Dunque – ha aggiunto – ben venga chi prepara, chi fa tutto ciò che è nelle nostre possibilità perché ci sia più vita, più benessere, più salute, sapendo però che non è tutto, anzi! Si può fare anche un uso maldestro della salute e della vita, tanto da giustificare la domanda del salmista: “Perché l’empio prospera e perché l’innocente soffre?”». Mentre – ha concluso mons. Napolioni – «il Signore è il grande medico divino davanti al quale, nelle mani del quale, è bello essere pazienti. Noi siamo i pazienti del medico divino. Pazienti in tutti i sensi, anche perché dobbiamo attendere il suo manifestarsi».

Essere medici significa vivere in contatto con chi è in difficoltà per colpa della malattia, e spesso non è facile condividere con i propri pazienti la patologia che li affligge, ha riflettuto il Vescovo: «Il medico a volte annuncia notizie cattive»; è la grazia della fede che può «farle diventare liete notizie, perché la fede porta a intravedere un bene sempre possibile, porta a non darla vinta al male, a non dargli l’ultima parola. Quante storie di santità, di dignità umana, magari anche di riconciliazione tra le famiglie. Avete conosciuto e conoscete intorno alla fragilità e alla debolezza: “alza la voce”, “dai queste liete notizie!”».

Il riferimento della riflessione va ai tratti significativi della professione e del servizio di chi si prende cura della salute dei fratelli, della comunità: la consolazione, la gentilezza, la capacità di cogliere il comune «bisogno di contatto umano», dentro la concretezza di una realtà che non può non coinvolgere. E che – ha aggiunto – trova sostegno e linfa nel dono dono dello spirito Santo: «Lo Spirito Santo davvero è il dito di Dio, la medicina di Dio. Non bastano le parole per dire l’Onnipotenza capillare di un progetto di servizio all’unità della persona e della famiglia umana. è lo spirito di amore che unisce Padre e Figlio, diventa capacità di ricucire, di curare, di guarire e persino di dare nuova vita»

Concludendo l’omelia, il vescovo ha ricordato che «la parola di Dio ci fa una grande compagnia: essendo la Parola del Medico Divino noi dovremmo essere impazienti di ascoltarla, affamati per nutrirci e poi pazienti nel ruminarla come una flebo che instancabilmente ci lava la mente e il cuore, ci restituisce ragioni vere di fede, di speranza e carità, che non si basano sulla nostra sola volontà, ma sull’incontro liberante fra l’amore di Dio che ci viene dato gratis e la nostra disponibilità, che per quanto sia piccola è però decisiva perché la scintilla accenda e riscaldi la porzione di vita che ci è affidata».

 

 

Al termine della celebrazione ha preso la parola la dottoressa Rosalia Dellanoce, presidentessa dell’associazione AMCI Cremona, che davanti ai suoi colleghi ha sottolineato che «dobbiamo ringraziarci tutti reciprocamente. È un momento difficile per tutti noi, per chi ha deciso di servire col proprio lavoro le persone nel momento della malattia, il momento in cui ci si rende conto che la vita potrebbe sfuggirci». Ha poi rivelato che «condividere queste fragilità è un momento di grande grazia e passione, e far parte di un’associazione significa non essere soli, significa condividere. Come diceva il Vescovo, il Signore è il primo maestro, e noi ci rimettiamo ai suoi insegnamenti».

E come ricorda don Maurizio Lucini, l’Avvento che prepara all’arrivo del Natale porta a tutta la città un dono molto gradito, il nuovo ambulatorio infermieristico dell’Opera Pia Casa della Provvidenza, che verrà inaugurato a gennaio. Creato nel 1998 e chiuso durante la pandemia e finalmente pronto a tornare in attività, affinché diventi un luogo di ascolto e accoglienza delle fragilità, in particolare per gli anziani, che nel mondo della sanità vivono spesso situazioni di smarrimento.

Luca Marca
TeleRadio Cremona Cittanova
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