Il Vescovo a S. Camillo: «Prendersi cura fino in fondo, per il vero benessere»

Mercoledì 10 maggio nella clinica di via Mantova Messa presieduta da mons. Napolioni nel ricordo del beato Rebuschini

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Il 10 maggio è stata come sempre una giornata di festa presso la casa di cura San Camillo di via Mantova, a Cremona. L’occasione era la festa del beato Enrico Rebuschini, camilliano che a lungo ha prestato servizio proprio nella clinica alle porte delle città come economo e superiore. A rendere ancor più solenne la ricorrenza, che ha visto la presenza del vescovo Antonio Napolioni, il fatto che quest’anno ricorre il 20° anniversario della sua beatificazione, avvenuta il 4 maggio 1997.

La Messa ha avuto inizio proprio all’altare dove sono custodite le spoglie del Beato.

A introdurre la celebrazione, animata con il canto dal coro della struttura sanitaria, è stato il superiore della comunità camilliana, padre Virginio Bebber, che è anche presidente nazionale dell’Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari (Aris).

Parecchi i sacerdoti concelebranti. Tra questi diversi camilliani, tra cui il nuovo superiore provinciale, padre Bruno Nespoli, e padre Francesco Zambotti. E non mancavano neppure il vicario zonale, don Pierluigi Codazzi, e il delegato episcopale per la Vita consacrata, don Giulio Brambilla. Presenti anche i Cappuccini della comunità di via Brescia. Tra i banchi come consueto una delegazione della comunità delle Figlie di S. Camillo della clinica di via Fabio Filzi.

Insieme ai fedeli a comporre l’assemblea, oltre alla delegazione del personale della casa di cura insieme al direttore sanitario Leonardo Marchi, alcuni dei ricoverati e, naturalmente, la famiglia camilliana laica.

In prima fila le rappresentanze istituzionali con il consigliere comunale Giovanni Gagliardi in fascia tricolore, il consigliere regionale Carlo Malvezzi, il consigliere provinciale Gianni Rossoni e il presidente dell’Associazione residenze sociosanitarie provinciali (A.R.SA.C.) Walter Montini, oltre alle associazioni combattentistiche e d’arma con i propri gonfaloni e labari. Tra queste in particolare l’associazione Caduti di guerra senza croce (cioè coloro che sono morti per la Patria e le cui spoglie non sono mai state recuperate). La clinica di via Mantova, infatti, durante il primo conflitto mondiale, per iniziativa proprio del beato Rebuschini e in collaborazione con la Croce Rossa, fu ospedale militare.

Nell’omelia il Vescovo ha evidenziato come il «prendersi cura» sia una concreta risposta al comandamento dell’amore. Non basta, però, essere bravi «tecnici della medicina e della cura», occorre andare in profondità, sino al cuore, per aiutare a trovare il benessere. Alcuni indirizzi su questa strada il Vescovo li ha quindi offerti prendendo spunto in particolare dai verbi della prima lettura (Sir 4,1-6.10).

Mons. Napolioni ha rimarcato l’importanza di cogliere sempre, anche nei momenti di più forte fragilità del corpo, il «mistero di una vita», scorgendo il figlio di Dio.

Il pensiero è andato quindi a tutte quelle scelte di consacrazione che rispondono a questa chiamata: non per diventare manager di un ospedale, quanto piuttosto per «aiutare gli specialisti della cura a essere su questa frontiera», «diventando capaci di restituire all’altro la sua capacità di rimettersi in piedi moralmente e di guarire chi sta loro accanto».

E richiamando la figura del beato Rebuschini, la consapevolezza che anche «un piccolo uomo può diventare un gigante», l’invito a ciascuno a fare la propria parte e a guardare «con fiducia alla complessità delle sfide che ci attendono, a livello legislativo, politico, medico e umano» perché «se cercheremo di impedire – ha concluso il Vescovo – che ciascuno si rattristi e si esasperi troveremo le vie perché la via sia difesa e tutelata, il benessere di ciascuno sia possibile, l’amore di Dio sia palpabile, la sofferenza e il male non abbiano l’ultima parola».

 

Dopo le Comuni è stata letta la preghiera ai caduti senza croce. Quindi le parole di saluto del superiore provinciale, padre Bruno Nespoli, che ha ricordato la storica presenza camilliana in città, sottolineando l’importanza del legame con la Chiesa cremonese. Un pensiero è stato rivolto a don Mazzolari, che fu tra i ricoverati di questa clinica, dove morì il 12 aprile 1959.

Conclusa la celebrazione il Vescovo e i sacerdoti hanno venerato la reliquia del beato Rebuschini. Un gesto di devozione compiuto poi anche dai fedeli presenti.

La mattinata si è conclusa con il vescovo Napolioni che ha incontrato, vistando i diversi reparti, il personale sanitario e i ricoverati.

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Cronologia in breve del Beato

1860 – Enrico Rebuschini nasce a Gravedona, ultimo di cinque figli.

1871 – Terminato il Ginnasio, Enrico si iscrive al Liceo “Volta” di Como, poi, frequenta il primo anno alla Facoltà di Fisica e Matematica di Pavia.

1880 – Compie un anno di volontariato nel servizio militare a Milano come sottotenente.

1882 – Ottiene il diploma di ragioneria a Como. Il papà lo colloca all’Ospedale di Sant’Anna della città; spesso lascia gli uffici per incontrare ed interessarsi personalmente dei malati aiutandoli anche con denaro e abiti propri.

1884 – Nonostante l’opposizione paterna, è ac-colto dal Vescovo di Como in Seminario, poi inviato a Roma per studiare alla Gregoriana.

1886 – Costretto da un grave esaurimento, Enrico rientra in famiglia, ma il desiderio di seguire il Signore non lo abbandona. Nella Chiesa di Sant’Eusebio, di fronte ad un dipinto che rappresenta San Camillo incoraggiato dal Crocifisso, si fa strada la vocazione camilliana.

1887 – Entra nella Comunità camilliana di Vero-na. Dopo due anni inizia il noviziato, durante il quale, per dispensa speciale chiesta dagli stessi superiori, è ordinato sacerdote dal futuro S. Pio X

1899 – P. Enrico è destinato a Verona, poi a Cremona dove rimarrà per il resto della vita, svol-gendo numerosi incarichi: Economo e Superiore della nuova Clinica da lui apprestata, coordina-tore con le Suore Camilliane nell’assistenza ai malati di vaiolo, collaboratore della Croce Rossa Italiana nella cura dei soldati feriti in guerra, confessore del Vescovo e di numerosi penitenti della città, sollecito nell’assistenza spirituale ai malati a domicilio. In città tutti lo conoscono, lo stimano, lo cercano.

1938 – Muore a Cremona, il 10 maggio.

Nella sua vita spirituale spiccano: l’amore al Crocifisso e all’Eucaristia, l’affetto filiale alla Madonna della Salute e a S. Camillo, le devozioni alla Vergine di Pompei e a San Giuseppe.

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