“Dalla liturgia vissuta. Una testimonianza”

Presentata a Cremona la riedizione del volume di don Giussani alla presenza del curatore mons. Braschi e del vescovo Napolioni

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«Fonte e culmine dell’esperienza cristiana». È la definizione che il vescovo Antonio Napolioni ha dato della liturgia durante l’incontro, promosso dal Centro culturale S. Omobono, nel quale era ospite per presentare la riedizione del volume “Dalla liturgia vissuta. Una testimonianza”, di Luigi Giussani, insieme a padre Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana e curatore del libro. A moderare l’incontro, che si è svolto la sera di giovedì 16 marzo presso il Centro pastorale diocesano di Cremona, Paolo Siboni.

Liturgia come fattore imprescindibile, dunque, per la vita del credente, ma che tuttavia “non la esaurisce” perché essa è fatta “di tre pilastri. Alla liturgia si aggiungono la Parola e la vita, cioè l’esistenza carnale di ogni giorno”.

«Affascinante – ha definito il Vescovo – il modo con cui Giussani scrive queste pagine, perché intrise di esperienza vissuta». Il legame tra il significato dei momenti liturgici e l’esistenza dell’uomo, infatti, è netto, percepibile. Guai, dunque, a farne due cose separate. «La Liturgia – ha messo in guardia mons. Napolioni – non è nostalgia di un passato, ma memoria di una attualità che rilancia ad un futuro. È ciò che ci mette a contatto con il Cristo della fede che ci viene incontro».

Tante, secondo Napolioni, le assonanze tra il volume di Giussani e l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco. E a proposito di Bergoglio, il Vescovo ha rivelato che «il segreto del Papa è la dipendenza filiale dalla Parola resa accessibile attraverso la Liturgia. Questo lo rende impregnato della presenza di Gesù».

Nel suo intervento Padre Braschi è partito dalla sua esperienza di sacerdote, confessando un “errore di gioventù” corretto anche grazie alla lettura del libro di Giussani. «Ero animato, come molti altri preti, da una presunzione: pensare che dipendesse da me far cogliere la bellezza della liturgia ai fedeli». Rischio che si corre anche oggi, ha rimarcato mons. Braschi, «quando certe celebrazioni paiono più che altro delle performance per tenere disperatamente desta l’attenzione dei fedeli. La liturgia, invece, è opus dei, opera di Dio, e non prodotto di uno sforzo del celebrante o della comunità».

Allora che cosa significa la «partecipazione attiva dei fedeli alla messa» richiamata da Papa Ratzinger? Padre Braschi ne ha precisato il senso: «Non significa: più faccio cose, meglio è. Partecipazione è entrare in sintonia con ciò che Cristo fa accadere in ogni momento liturgico. È un entrare in qualcosa di più grande che diventa nostro proprio perché a questa cosa più grande ci consegniamo. In questo senso, la Liturgia è luogo di trasformazione e di consapevolezza di ciò che siamo».

Cristiano Guarneri

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