Tempus Passionis, primo evento domenica in Duomo

Ad aprire le iniziative quaresimale della Cattedrale di Cremona sarà alle 16 l'Ars Cantica Choir sotto la direzione del maestro Marco Berrini

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Anche quest’anno la Cattedrale di Cremona propone una serie di appuntamenti per sottolineare il valore umano e cristiano della Quaresima. “Tempus Passionis”, così si intitola questa breve rassegna che intende continuare le esperienze già vissute con “Musica e Teologia” in Cattedrale dello scorso anno. Il primo appuntamento sarà nel pomeriggio di domenica 19 marzo, alle 16 con l’Ars Cantica Choir sotto la direzione del maestro Marco Berrini e con voce recitante di Jacopo Bottani, che proporrà i 3 responsori per la Settimana Santa di Marco da Gagliano e la Passione secondo Giovanni di Francesco Corteccia.

“Il Mistero che adoriamo nella Settimana Santa è una grande storia d’amore che non conosce ostacoli. La Passione di Gesù dura fino alla fine del mondo, perché è una storia di condivisione con le sofferenze di tutta l’umanità e una permanente presenza nelle vicende della vita personale di ognuno di noi. Insomma, il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore che ci dona la certezza che non saremo mai abbandonati nelle prove della vita. È tutto un grande mistero d’amore e di misericordia. Le nostre parole sono povere e insufficienti per esprimerlo in pienezza” (Papa Francesco). «Per questo motivo – spiegano i promotori della rassegna – ci affidiamo alla musica per scandagliare, nella Passione di Cristo, tutto quanto la accomuna ai nostri dolori e sofferenze».

Successivi appuntamenti domenica 26 marzo (ore 16) con i Solisti della Cattedrale di Bergamo, la sera di venerdì 31 marzo (ore 21) con le Voci Virili di Cremona accompagnate all’organo dal maestro Alberto Pozzaglio e la sera di lunedì 10 aprile (ore 21) con il commento teologico di mons. Pierangelo Sequeri impreziosito dall’accompagnamento del maestro Fausto Caporali al Mascioni.

Locandina Tempus Passionis

 

Il programma del 19 marzo

Marco da Gagliano (1582-1643)
3 Responsori per la Settimana santa, a 4 voci maschili
– In monte oliveti
– Tristis est anima mea
– Judas mercator pessimus

Francesco Corteccia (1502-1571)
Passione secondo Giovanni, per 4 voci maschili

 

Ars Cantica Choir

Fondato nel 1988 a Milano e, oggi, formato da cantanti professionisti, Ars Cantica Choir si è imposto fin dagli esordi all’attenzione di pubblico e critica per la sua versatilità, che rende questa formazione corale capace di accostarsi alle diverse epoche musicali nel pieno rispetto dello stile e della prassi esecutiva propri di ognuna di esse, dal Rinascimento ai giorni nostri.
Vincitrice di numerosi Primi Premi in Concorsi Corali Nazionali e Internazionali, la formazione vanta la collaborazione con importanti festival, stagioni concertistiche e orchestre in Italia e all’estero fra i quali ricordiamo l’Orchestra dell’Accademia della Scala, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, il Festival Internazionale Mozart di Rovereto, la Sagra Musicale Umbra, la Società del Quartetto di Milano, il prestigioso ciclo Musica e poesia a S. Maurizio di Milano, le Settimane Musicali di Stresa e del Lago Maggiore, I Pomeriggi Musicali di Milano, il Teatro Bellini di Catania, il Teatro Due di Parma, l’Associazione Scarlatti di Napoli, Ferrara Musica, l’Orchestra Sinfonica Marchigiana, l’International Chor Forum (Germania), il Festival di Musica Antica di Malaga (Spagna).
Il suo fondatore e direttore stabile è Marco Berrini.

Cantus: Angelo Galeano, Nicolò Pasello, Danilo Pastore
Altus: Giuseppe Berrini, Renato Diaferia, Fulvio Zannella
Tenor: Filiberto Bentivoglio, Giovanni Cestino, Ivan Cò
Bassus: Enrico Correggia, Marco Grattarola, Luca Scaccabarozzi
Voce recitante: Jacopo Bottani
Direttore: Marco Berrini

 

Profilo del maestro Marco Berrini

Marco Berrini è uno dei più attivi direttori di coro in Italia oggi. Diplomato in pianoforte, direzione di coro e composizione polifonica, Marco Berrini svolge intensa attività concertistica e discografica in Italia e all’estero come direttore del complesso vocale professionale Ars Cantica Choir & Consort. È stato Maestro Sostituto Direttore del Coro da Camera della Rai di Roma e ha collaborato con i cori dei teatri di Genova, Malaga e Siviglia e con l’Orchestra e Coro della Comunità di Madrid. Ha diretto in Medio Oriente e in Sud America, dove è stato Direttore Ospite del Coro Nazionale Giovanile Argentino e del Coro del Teatro Municipale di Cordoba. Nel 2013 è stato chiamato a dirigere il Gesualdo Consort di Gesualdo (AV), quintetto vocale professionale. Dal 2009 è direttore stabile del Coro Nazionale della C.E.I. Giovanni Maria Rossi. È direttore ospite del Vocalia Consort di Roma dal 2009; dal gennaio 2016 è il suo Direttore artistico e musicale. Ha pubblicato musica corale per Suvini Zerboni, Carrara, Rugginenti, Discantica, Carisch e BMM. Fondatore, direttore artistico e docente, dal 2010, della Milano Choral Academy, scuola internazionale di formazione e perfezionamento per direttori di coro e cantori. È titolare della cattedra di Esercitazioni Corali presso il Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria, dove da oltre 15 anni, dirige Coro da Camera dell’istituto.

 

Per approfondire

La Passione come strumento di redenzione

Alba del 6 maggio 1527: le truppe imperiali, tedesche e luterane per lo più, comandate dal conestabile di Borbone – e sarà questa l’estrema sua impresa – rompono le difese di Roma e invadono la città. È il sacco. Sette giorni tra i più tremendi che la storia di Roma ricordi, con migliaia di morti, feroce distruzione ovunque, fuga o morte di tutta l’invidiata intelligenza di letterati filosofi teologi architetti musicisti pittori scultori astronomi matematici e scienziati che affollavano le corti cardinalizie e papale. Clemente VII de’ Medici si rifugia tra le mura inespugnabili di Castel S.Angelo per tutta la durata del sacco e nei successivi interminabili mesi di occupazione, impotente ad ogni reazione. Il mondo intero è scosso di fronte a quel «cadavere a brandelli» che era stata la Roma dei papi, mai dimentica di quella dei Cesari. E non è tutto. Altre città d’Italia proprio in quell’anno si vedono in balia di impensate forze che scatenano scompiglio o portano a nuovo e burrascoso risveglio civico. Firenze, nell’incubo di una probabile eco della calamità romana anche tra le proprie mura (l’assediato romano era pur sempre un papa mediceo), si ribella al governo dei Medici e restaura la repubblica; più a est, con lo sfaldarsi improvviso del potere, leggendario, della Chiesa romana, Sigismondo Malatesta torna a impossessarsi di Rimini, Venezia assedia e occupa Cervia e Ravenna, gli Estensi arraffano nuovamente Modena e Reggio; a qualche chilometro da Roma, poi, Civitavecchia è occupata anch’essa dagli imperiali. Le fantasiose e sinistre pronosticationes di astrologi maghi e visionari che negli anni precedenti avevano occupato i torchi delle più note tipografie di mezz’Europa sembrano ora giunte al loro inderogabile avveramento. Pur se sospinta da avvenimenti di ingiustificabile quanto impensata violenza, è tuttavia davvero l’ora di una renovatio Ecclesiæ, in capite et in membris, quella che già il Savonarola aveva annunciato per le vie di una Firenze che persisteva a imporre al mondo papi e corruzione, cupidigia e violenza. Proprio in quel nefasto 1527, ottobre, Francesco Corteccia, venticinquenne musicista fiorentino, tra i più promettenti in città (sarà poi tra i primi protagonisti della fantastica avventura madrigalistica italiana), già allievo di Bernardo Pisano, Mattia Rampollini e Bartolomeo degl’Organi, viene nominato cappellano di S. Giovanni a Firenze. E nello stesso anno, proprio in quella mansione, pone mano alla sua prima opera tra quelle pervenuteci: una Passio Jesu Christi secundum Joannem a quatro voci.

La Passione, ne siamo convinti, è già di per sé vera renovatio fidei, prima ancora che renovatio Ecclesiæ. Corteccia, che è forse il primo italiano a dare veste polifonica ad una Passio, sceglie – e scegliendo interpreta – per essa una vocalità tutta maschile, scura e introspettiva. Introspezione che significa umanità, dramma del Dio fatto uomo, che si riflette nell’inavvedutezza dei suoi accusatori, i farisei, i militi, insomma le turbæ. Quella Passione, nella sua forma originaria, dà così voce e suono – oltre che all’enfatico Exordium («Passio Domini Nostri Jesu Christi secundum Joannem») e all’ultima parte narrativa dell’Evangelium («Post haec autem rogavit Pilatum Joseph ab Arimathea…») – soltanto alle turbæ, nelle loro ipocrite accuse: «Abbiamo una legge e secondo quella legge deve morire, poiché si è proclamato figlio di Dio».

Quell’ipocrisia è nelle formule stereotipate dei concatenamenti armonici, tesi e imperativi quanto poveri di invenzione. E allora interviene l’altra umanità, quella della sofferenza del Cristo condannato letta nei suoi stessi occhi: un’umanità che il Vangelo, nella sua oggettività narrativa, non interpreta, ma che Corteccia disegnerà qualche anno più tardi con le sue Meditationes, incorporate poi nei Responsoria omnia, pubblicati solo nel 1570.

Queste Meditationes possono con tutta legittimità inframmezzare la recitazione del Vangelo (qui nella lezione della Biblia Sacra tradotta in lingua Thoscana per maestro Santi Mormochino, fiorentino, dell’ordine de’ predicatori della provincia Romana – Venezia, Giunti, 1538) e il grido delle turbæ, non foss’altro che per il fatto che fu lo stesso Corteccia a stabilirne la connessione con la sua Passio secundum Joannem, di questa letteralmente citando in quelle alcuni passaggi musicali.

La musica non è più quella d’apparato, che celebra con stile severo e impersonale l’autorità e la potenza secolare della chiesa – quel che la tradizionale polifonia dei Fiamminghi aveva fin lì magistralmente insegnato. È invece una musica nuova, che intimamente penetra la sofferenza nella parola che intona: «Omnes inimici mei adversum me cogitabant mala mihi», «videtes omnes populi si est dolor similis sicut dolor meus», e le voci raggiungono le corde del dolore vero in musica, una simbiosi col testo del tutto sconosciuta alla polifonia dell’epoca, facendosi viatico di espiazione e redenzione. Corteccia indica così la strada italiana di rinnovamento nella musica sacra e religiosa, e lo fa in virtù proprio di questa inedita umanizzazione del testo sacro, un’umanizzazione derivata dall’esperienza vera e vissuta di un dolore religioso, sociale e politico, che sembra rinnovare il dolore di Cristo sulla croce.

Marco Della Sciucca

 

Nella Passio Jesu Christi secundum Johannem il musicista ha affidato al coro virile, spartito a quattro voci, le turbarum voces cioè gli interventi del popolo, dei soldati e dei grandi sacerdoti, mentre lo storico, cioè la voce recitante, presenta il testo evangelico nella lingua fiorentina, affinché, come ebbe a dire il Corteccia, la comprensione del popolo fosse esatta e immediata. Il racconto della Passione di Cristo si snoda quindi lungo due direttrici: la recitazione in volgare e gli interventi della folla in latino. La narrazione evangelica viene interrotta nei momenti salienti da alcuni responsori tratti dalle profezie e dalle lamentazioni, che rappresentano, secondo le intenzioni dell’autore, momenti di divota meditatione. Questi inserti polifonici sono le pagine più ispirate dell’intera opera. Alla conclusione, dopo la morte di Cristo, il coro conclude con l’Evangelium, il racconto della deposizione dalla croce, e della sepoltura.

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