On-line i contributi della due-giorni assistenti d’oratorio

Dedicato quest'anno ai linguaggi e ai percorsi della Pastorale giovanile il corso promosso dalla Federazione Oratori Cremonesi

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Condividere una riflessione sui linguaggi e sui percorsi della pastorale giovanile è stato l’obiettivo della due giorni di studio dedicata a educatori e responsabili, promossa dalla Federazione Oratori Cremonesi. Accolti nell’ala rinnovata del Seminario – ora riservata alla residenza della comunità di formazione – al selezionato gruppo di sacerdoti, religiosi e religiose dediti alla pastorale si sono affiancati anche alcuni giovani provenienti dalla realtà oratoriane del territorio, e l’intero gruppo dei seminaristi.

Mercoledì 15, alle 18, ad introdurre il percorso è stato invitato Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario di Tecnologie dell’istruzione dell’apprendimento presso la Cattolica di Milano. “Generazioni mute?” il suggestivo titolo del suo intervento, la questione da cui è partita l’attenta e scientificamente documentata analisi dell’universo giovanile, protagonista dell’epocale trasformazione legata all’evoluzione tecnologica.

All’attento gruppo dei partecipanti il docente ha elencato – e implacabilmente “smontato” – una serie di luoghi comuni con i quali il mondo adulto classifica la comunicazione, o la presunta povertà relazionale, delle nuove generazioni. Quelle che, con una certa rassegnazione, vengono definite “native” del nuovo ambiente digitale.

Nell’epoca della cosiddetta post-verità, nella quale si costruiscono nuovi miti trasformando il sentire della cultura (ciò che si dice, ciò che si percepisce…) in apparente realtà, è facile lasciarsi tentare dalle semplificazioni. Alcuni esempi? Gli studi smentiscono che i giovani confondano ingenuamente internet con il mondo reale, o ne siano dipendenti, dimostrando che – nonostante la prolungata permanenza nel nuovo ambiente mediale – si mantenga chiara la distanza, come pure il senso di profondità e verità della relazione, pure spesso mediata. Se da una parte i giovani non si preoccupano di esporsi nello spazio pubblico (vedi la disinvoltura di esibizione dell’intimità per la comunicazione attraverso i social), dall’altra emerge un grande bisogno di contatto, una ricerca di incontro e relazione che è troppo sbrigativo squalificare come virtuale.

Non c’è nulla di semplice – ha affermato il prof. Rivoltella – nella descrizione di questi fenomeni, nulla che possa essere condensato in facili slogan, che spesso alimentano gli alibi con i quali la generazione adulta cerca di coprire i vuoti relazionali che non ha saputo colmare. Dove gli adulti hanno cessato di educare, non serve correre ai ripari “proteggendo” dai media.

prof. Rivoltella – Generazioni mute?

Nella stessa serata di mercoledì 15 la riflessione si è concentrata sul rapporto tra giovani e pastorale giovanile. Protagonista della seconda tappa dei lavori è stato il responsabile della Pastorale giovanile nazionale, don Michele Falabretti. Proveniente dall’esperienza nella diocesi di Bergamo e all’ODL (il coordinamento lombardo degli Oratori), il suo intervento si è aperto con un commosso ricordo della figura di don Giampaolo Rossoni, amato e stimato costruttore di comunione nel suo lungo servizio alla pastorale giovanile. Un omaggio dai toni intimi e affatto formali.

La domanda che ha mosso l’intervento del relatore ha affrontato il tema sotteso al cammino sinodale intrapreso in diocesi, cioè la possibilità di un fecondo incontro tra pastorale e realtà del mondo giovanile odierno. “Rette divergenti”?

Il responsabile CEI ha ripercorso, nella sua densa riflessione, il racconto dell’accompagnamento ricevuto dai giovani fin dall’iniziazione cristiana, e poi nella trasformazione dei riferimenti educativi e dei processi di crescita nella preadolescenza, e infine nella mutata – e per molti versi inedita – condizione dei giovani di oggi. Oltre la tentazione del disarmo o il rimpianto per modelli di appartenenza e di formazione (oggi sempre più frammentati e informali), don Falabretti ha riproposto con intensità il dovere di riappropriarsi della sfida educativa. Anche con una generazione nutrita a “fiction” e “talent”, nello show di una vita irreale che tuttavia non riesce a spegnere un domanda autentica di vita e di senso. Oggi più che mai i giovani gridano il bisogno di testimoni e di padri, e di parole che – vissute da educatori liberi e adulti – tornino a suscitare risposte.

don Falabretti – Giovani e PG: solo rette divergenti?

Nella mattinata di giovedì 16 marzo alle intelligenti provocazioni di don Falabretti è seguito un serio confronto a gruppi tra i partecipanti, in una sorta di feed-back impregnato di esperienze, confronti e approcci differenti sperimentati sul vivo delle relazioni e dei contesti pastorali.

don Falabretti – Riflessioni dopo i lavori di gruppo

Il lucido intervento del liturgista don Marco Gallo, della diocesi di Saluzzo, ha poi concluso il cammino di riflessione offerto al gruppo. Sotto la lente di ingrandimento i linguaggi della celebrazione e del rito, terreni di coinvolgimento a volte impervi per le giovani generazioni.
Nel suo apporto alla riflessione ha sottolineato il ruolo della “seduzione”, come terreno fecondo in cui il linguaggio può attivare i livelli spirituale dell’esistenza. Anche la preghiera, arricchita e curata dal versante simbolico e vitale, può scegliere uno stile comunicativo efficace: distinguendosi dalla catechesi, valorizzando corporeità ed esperienza, celebrando il rito come luogo di incontro di musica, arte, testi e azioni.

don Gallo – I linguaggi della fede e l’approccio ai giovani

La due giorni dedicata a formatori e responsabili della pastorale giovanile si è rivelata intensa e ricca di spunti di proficuo approfondimento. Un tassello importante del cammino sinodale.

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