Cure palliative, per curare comunque chi è inguaribile

In occasione della 46ª Giornata della vita a Cremona l'intervento del professor Marco Maltoni, medico coordinatore della rete di cure palliative della Romagna. E al Maristella un concerto di "Ninne nanne dal mondo"

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La moderna medicina palliativa è nata nel 1967 per mano di Cicely Saunders, infermiera, medico e assistente sociale inglese che si dedicò, anche attraverso la diffusione degli hospice, al sollievo dei malati senza speranza di guarigione. Nacque così il concetto moderno di “cura palliativa”, che divenne presto un movimento scientifico-culturale basato su un solido principio: la persona gravemente malata, seppur inguaribile, è però curabile. Una cura intesa come cura della persona nella sua interezza, del suo nucleo familiare e amicale, della complessità dei suoi bisogni in ottica multidimensionale.

E proprio il tema “Nella sofferenza una speranza: il malato inguaribile e le cure palliative” è stato il fulcro del convegno promosso nel pomeriggio di domenica 4 febbraio, in occasione della 46ª Giornata nazionale della vita, nella sala Bonomelli del Centro pastorale diocesano di Cremona. Relatore il professor Marco Maltoni, oncologo ed ematologo, direttore dell’unità cure palliative di Forlì e medico coordinatore della rete di cure palliative della Romagna. L’evento è stato moderato dal dottor Paolo Emiliani, presidente del Centro di aiuto alla vita di Cremona.

Ma in che modo l’hospice e le cure palliative possono rappresentare una speranza? La risposta del professor Maltoni è stata chiara: «L’hospice può essere identificato come un luogo di vita e speranza perché nella condizione reale di vita, che è una condizione di limite che un malato non si è scelto, può accadere qualcosa – ha spiegato –. Può accadere che dentro a delle relazioni ci sia come un richiamo a cercare il significato dell’istante presente, anche quando questo istante presente è scandaloso». «Può accadere l’annichilimento, la chiusura in se stessi – ha aggiunto –, ma può anche nascere un grido».

«La sfida di una persona malata, che quindi deve fare un percorso di accettazione di una condizione che lo porta a significativi condizionamenti, è quello di non vivere questa condizione da solo – ha specificato Maltoni a margine dell’evento –. Le cure palliative sono dunque nate come innesto sulla tradizione di cura secolare, come nuovo modo di guardare al paziente e alla sua famiglia, sapendo di avere a che fare con persone segnate non solo da un dolore fisico, ma da una sofferenza totale».

Non un abbandono ma una speranza. Un nuovo modo di pensare la medicina, un metodo “fatto insieme” perché «le cure palliative – conclude Maltoni – hanno come caratteristica il lavoro di équipe: è un gruppo che si prende cura di un altro gruppo, della persona malata e della sua famiglia».

 

L’intervento del prof. Maltoni

 

A chiudere gli eventi della 46ª Giornata nazionale per la vita domenica 4 febbraio, nel tardo pomeriggio, nella chiesa dell’Immacolata Concezione, nel quartiere Maristella di Cremona, è stato “Oy khodit son – Ninne nanne dal mondo”, concerto nel quale l’orchestra “Phantasia & Co” e il coro parrocchiale dell’Immacolata hanno eseguito brani “della buonanotte” di diverse culture e tradizioni.

La serie di eventi promossi in diocesi per la 46ª Giornata nazionale per la vita si chiuderà la sera di lunedì 5 febbraio con l’adorazione eucaristica per la vita che si terrà presso Cascina Moreni alle ore 21. La consueta iniziativa promossa tutti i primi lunedì del mese nella cappella della cascina, nel mese di febbraio avrà come particolare intenzione proprio il tema della vita. L’adorazione sarà presieduta da don Graziano Ghisolfi, consigliere spirituale della “Fraternità Famiglia Buona Novella”, la cui associazione ha sede proprio a Cascina Moreni.

 

 

 

 

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Matteo Cattaneo
TeleRadio Cremona Cittanova
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