Il volontariato non è semplicemente un’espressione isolata di altruismo, ma uno stile, un vero e proprio modo di stare nel mondo. È questo il punto di incontro tra i due ospiti dell’ultima puntata di Torrazzo con Vista, il video podcast di TRC. Claudio Bodini, presidente dell’associazione Siamo Noi e volontario di lunga esperienza, e Giovanna Mazzini, psicologa e giovane volontaria che ha alle spalle anche un servizio in India con il Pime e la partecipazione attiva a tante proposte di realtà associative sul territorio come Drum Bun. Gli ospiti del podcast si sono confrontati a partire dalla loro esperienza e formazione. Due generazioni diverse, un’unica prospettiva: il volontariato come scelta che trasforma, prima ancora che come risposta a un bisogno immediato.
Bodini in particolare ha posto l’accento sulla necessità di coinvolgere i più giovani, perché il ricambio generazionale non è una semplice opzione, piuttosto una necessità: «Il desiderio è provare a portare sempre più giovani dentro il volontariato, farli sentire parte attiva della comunità. Gli adulti – ha spiegato – non bastano più: cambiano i tempi, cambiano i linguaggi, cambiano i modi di aiutare». Ma i bisogni restano. «Nel corso degli anni si modificano le modalità con cui emergono certi bisogni, ma le necessità delle persone sono sempre quelle: resistere alla solitudine, affrontare la sofferenza, avere qualcuno vicino quando non si riesce a fare da soli». E proprio per questo, secondo Bodini, il volontariato nasce spesso da situazioni contingenti, da un’urgenza, da un’emergenza che accende una consapevolezza: «A volte è il bisogno a chiamare. La sfida è mantenere vivo l’entusiasmo, anche quando l’emergenza finisce».
Giovanna Mazzini rappresenta, in un certo senso, proprio questa risposta concreta a quel desiderio di coinvolgere nuove generazioni. Il suo percorso parla da sé. La sua esperienza di volontariato in India non è stata un’improvvisata, ma il frutto di una lunga preparazione: «Il mio viaggio è nato da un anno di cammino, di formazione, di confronto. Il volontariato non si improvvisa: si costruisce». E si elabora. Perché il ritorno, a volte, è più complesso della partenza. «Quello che succede dopo è fondamentale: capire cosa hai vissuto, cosa porti a casa, quale segno ha lasciato». La sua tesi di laurea, dedicata proprio al volontariato come esperienza di vita, è in parte la restituzione di quel percorso: un modo per dire che il volontariato non è un capitolo, ma un filo che attraversa tutta la propria storia.
Su questo Bodini si è detto perfettamente d’accordo: «Più dell’azione in sé, conta lo stile con cui ci si mette in gioco. Lo stile del volontariato è quello di chi si mette a disposizione». Uno stile semplice, ma esigente: non si improvvisa, non si accende e spegne a piacere, richiede fedeltà e continuità. E Cremona, in questo, mostra due volti: da una parte «un buon tessuto sociale», dall’altra la necessità di crescere nella vicinanza alle persone anziane e più fragili, che oggi rappresentano il bisogno più urgente.
Mazzini lo conferma a modo suo: «Il volontariato è un luogo in cui si impara a stare con, a condividere il tempo e lo spazio con l’altro. Un luogo in cui ci si misura con il limite e insieme si scopre una forma più piena di comunità. È un impegno che fa bene a chi lo riceve, certo, ma prima di tutto a chi lo vive».
E forse è proprio qui che si incontrano le loro esperienze: nel riconoscere che il volontariato non è soltanto un servizio, ma un modo di guardare gli altri. E, in fondo, un modo di guardare se stessi.












