Settimana Liturgica, la relazione di don Tomatis tra passato, presente e futuro: le celebrazioni liturgiche in un territorio che cambia, pluralità di stili e unità ecclesiale

Nell’intervento di don Paolo Tomatis nella seconda giornata della Settimana Liturgica Nazionale un excursus storico e uno sguardo aperto al futuro sul tema delle assemblee liturgiche in un contesto di cambiamento

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Già citata da mons. Brambilla nel suo intervento di lunedì 24 agosto, l’assemblea liturgica è stata posta al centro della propria riflessione da don Paolo Tomatis, presidente dell’Associazione Professori di Liturgia.


«La Chiesa ha bisogno di confrontarsi con la contemporaneità – ha esordito Tomatis – perché innegabilmente la fede stessa è sempre contestuale. Questo non significa cedere alla tentazione di piegarsi alle mode dei tempi, bensì pensare la fede celebrata in modo non atemporale».
La vita della Chiesa, d’altra parte, non ha mai potuto prescindere dal contesto socio-culturale che si è trovata ad abitare. Allo stesso modo la liturgia si è spesso declinata in modo leggermente differente a seconda delle comunità in cui viene celebrata.

«La Scrittura ci racconta proprio questo – ha proseguito Tomatis – quando ci propone letture del Nuovo Testamento: la comunità di Corinto era diversa da quella di Efeso, parlava un linguaggio diverso, manifestava preoccupazioni e sensibilità differenti».
Quello della celebrazione liturgica, quindi – ed in particolare della partecipazione dell’assemblea ai riti celebrati – è, da sempre, uno dei temi focali su cui la Chiesa ha posto la propria attenzione. Partendo da questa considerazione, don Paolo Tomatis ha dunque proposto una rilettura degli ultimi cinquant’anni di storia della Chiesa, soffermandosi sulla recezione delle novità introdotte dal Messale di Paolo VI.

Il relatore ha messo in luce le varie attenzioni che, di decade in decade, sono state portate in primo piano all’interno della comunità ecclesiale: «Dall’accento posto sulla ministerialità, nei primi anni, si è passati ad un focus sul tema del Giorno del Signore. Nel nuovo millennio l’attenzione si è spostata su coloro che vivono un rapporto frammentato con la Chiesa e, successivamente, sulle dinamiche comunitarie, di fraternità, che la Celebrazione Eucaristica dovrebbe portare con sé».
Alla luce di questo excursus storico, Tomatis ha concluso il proprio intervento provando ad offrire qualche spunto di riflessione aperto al presente e al futuro: «Le nostre assemblee liturgiche – ha osservato – sono soggette ad un processo di invecchiamento, di restringimento e dunque di impoverimento di cui prendere atto e al quale porre rimedio».

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Due sono state le provocazioni lanciate dal sacerdote torinese: da una parte la necessità di far luce sul rapporto tra assemblea eucaristica e comunità; dall’altra, il bisogno di chiarire l’ambivalenza tra pluralismo delle assemblee liturgiche e custodia dell’unità ecclesiale.
«L’importante è che in ogni singola assemblea si possano percepire queste due caratteristiche: un senso di ecclesialità, per cui ciascuno possa sentirsi davvero “a casa” nel rito celebrato; una sensibilità celebrativa, per cui il rito costituisca davvero il luogo della manifestazione del Mistero di Cristo e della Chiesa, e non il luogo del suo occultamento». La relazione di don Paolo Tomatis non ha quindi avuto la pretesa di esaurire il discorso relativo all’assemblea liturgica, ma di riportare alla luce la questione provando a problematizzarla in modo propositivo e costruttivo.

«La tendenza attuale alla concentrazione (a motivo della diminuzione dei sacerdoti presidenti oltre che dei fedeli), dopo secoli di moltiplicazione capillare delle assemblee nel tempo e nello spazio – ha quindi concluso – plaude ad una figura di assemblea capace di manifestare, nella tensione tra l’unità e la pluralità delle assemblee, la Chiesa come comunità di comunità. La varietà di attese e di sensibilità (più festosa, più intima, più sobria, più libera dall’orologio, più concentrata sulla Parola, più attenta alla varietà dei codici impegnati nel rito; più vicina a casa, più vicina alla propria spiritualità, più in sintonia con il sacerdote o la comunità celebrante) non è da condannare, ma da considerare attentamente, perché nella pluralità delle figure assembleari si cammini verso una sostanziale unità nel modo di celebrare, così che non solo i singoli individui ma pure le singole assemblee e comunità sappiano convenire in unum nell’atto di radunarsi nel nome del Signore».

Il video integrale della relazione

 

Don Paolo Tomatis, nato a Torino nel 1968, è presbitero della diocesi di Torino dal 1993. Ha conseguito la licenza e il dottorato in Sacra Liturgia al Pontificio Ateneo di Sant Anselmo in Roma, con una tesi sul rapporto tra estetica e liturgia (Accende lumen sensibus. La liturgia e i sensi del corpo, Edizioni Liturgiche Vincenziane, Roma 2010).

È docente incaricato di Liturgia e Sacramentaria fondamentale alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, sezione di Torino e all’Istituto Superiore di Scienze religiose della stessa città. Dal 2012 è docente invitato ai corsi di Licenza dell’Istituto di Liturgia pastorale di S. Giustina di Padova. Dal 2013 insegna Liturgia e spiritualità al Centro studi di spiritualità della Facoltà teologica di Milano. Nella stessa facoltà tiene, dal 2016, i corsi di Liturgia al primo ciclo per il baccellierato e al secondo ciclo per la licenza. Dal 2005 dirige l’Ufficio liturgico della diocesi e coordina la Commissione liturgica regionale del Piemonte e Valle d’Aosta.

Dal 2006 è membro della redazione della Rivista Liturgica. Dal 2007 è membro della Consulta dell’Ufficio Liturgico nazionale della CEI. Dal 2010 è membro del consiglio di presidenza dell’Associazione Professori e cultori di Liturgia (APL). Nel 2018 è stato eletto presidente della stessa Associazione.

 


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