Al Museo diocesano, nel contesto della mostra su Vertua, una lezione sulla società nell’Ottocento cremonese

Nella mattinata di sabato 4 novembre con la direttrice della Biblioteca statale di Cremona Raffaella Barbierato e la curatrice della mostra Raffaella Poltronieri

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La vita dell’alta borghesia e della antica nobiltà cremonese dell’Ottocento era tutt’altro che monotona. Feste in maschera, musica e spettacoli coinvolgevano un mondo di artisti e nobil uomini tra cui si annovera Felice Giuseppe Vertua, pittore a cui è dedicata, al Museo diocesano di Cremona, una retrospettiva aperta fino al 19 novembre. A disegnare uno spaccato di quella società acculturata ma anche desiderosa di divertimento sono state Raffaella Barbierato, direttrice della Biblioteca statale di Cremona, e Raffaella Poltronieri, curatrice della mostra su Vertua, nella conferenza “Felice Giuseppe Vertua: arte, musica e società nell’Ottocento cremonese”, tenutasi sabato 4 novembre presso il Museo diocesano. Stefano Macconi, curatore del Museo, ha introdotto le relatrici ricordando l’opportunità di approfondire i temi legati al “vedutista cremonese”.

Preziosi documenti del Fondo Trecchi raccontano che «Vertua e la moglie – ha spiegato la Poltronieri davanti a un pubblico di estimatori delle iniziative del museo – erano spesso indicati per iscritto tra gli invitati delle feste organizzate da Alessandro Trecchi» a metà Ottocento nel suo palazzo. Feste di carnevale e quindi in maschera o feste d’autunno, occasioni comunque conviviali. Il pittore non era lontano da quel mondo musicale che animava costantemente le feste perché «il padre Alessandro era un musicista, maestro d’organo e suonatore di cembalo presso il teatro Concordia». Teatro che diventerà “il Ponchielli” e a cui Trecchi era legato con incarichi vari nel susseguirsi degli anni. Tra le carte d’archivio si è anche ritrovato “un permesso di polizia” secondo il quale la festa doveva concludersi entro le 24.

Un volumetto del 1885 firmato dal marchese Manfredo Alessandro Trecchi – raccontato dalla direttrice della Biblioteca Barbierato – consente oggi di immaginare quelle feste sfarzose tra i cui invitati c’era anche Giuseppe Verdi e gli esponenti della famiglia Manna, la stessa che ospitò Vertua e gli commissionò diverse opere. Esposto al Museo c’è il quadro “Veduta di Pontevico da Villa Manna a Grumone” che mostra straordinarie somiglianze (a parte il cambio di prospettiva) con un disegno finora sconosciuto ai più, sempre di Vertua, ritrovato dalla Barbierato su un diario amicorum appartenuto a Ruggero Manna e ora conservato presso la Biblioteca statale. Una testimonianza importante di quei legami intrecciati tra musicisti (Ruggero Manna era maestro di Capella e direttore del Teatro Concordia), pittori e alta società dell’Ottocento Cremonese. Una società per niente triste, per i quali i banchetti erano occasioni di amicizia e legami commerciali e per cui Trecchi spendeva moltissimo «convinto – ha spiegato Barbierato – che le feste e la loro organizzazione portassero beneficio al commercio e alla città», mettendo in moto uno stuolo di competenze artigianali, musicali e artistiche in genere.

 

Inaugurata al Museo diocesano la mostra “Giuseppe Vertua. Vedutista cremonese”

Maria Chiara Gamba
TeleRadio Cremona Cittanova
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