Accoglienza diffusa: il bilancio dell’attività coordinata sul territorio della Coop. Nazareth

Intervista alla vicepresidentessa Giuseppina Biaggi: “Nei prossimi mesi la fase più delicata, quella dell'autonomia. Dovremo avere comunità attente e preparate”.

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È ormai un dato consolidato il fatto che il flusso migratorio crescente a cui si sta assistendo non rappresenta una situazione emergenziale straordinaria, ma il riflesso di un quadro geopolitico instabile che da anni scuote gran parte dell’Africa e del Medio-Oriente. Proprio a partire da questa consapevolezza in questo anno pastorale la Chiesa cremonese è stata chiamata a prendere coscienza del fenomeno, con una riflessione che possa portare a concreti passi di accoglienza, che in questo Anno giubilare rappresentano vere e proprie opera di misericordia.

Se alla Caritas Cremonese – con le strutture a essa collegate – compete la cosiddetta “prima accoglienza”, in base a un vero e proprio progetto diocesano di accoglienza e integrazione seguono poi fasi di accompagnamento sul territorio con l’attivazione di percorsi d’integrazione. A questo scopo la Caritas si avvale della collaborazione della Cooperativa Nazaret, attiva dal 2001 sul territorio cremonese nell’ambito dell’accoglienza dei migranti. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Giuseppina Biaggi, vicepresidente della Cooperativa Nazareth.

Il vostro impegno guarda alla cosiddetta “accoglienza diffusa”: il contributo attivo delle comunità risulta dunque essenziale?

“Sì, per la realizzazione di percorsi di accoglienza diffusa e di coinvolgimento delle comunità risulta indispensabile accompagnare i territori a essere protagonisti di azioni di accoglienza, integrazione e accompagnamento all’autonomia. Fondamentale risulta il lavoro con i volontari. Proprio per questo, in collaborazione con le Parrocchie e i Comuni, sono stati realizzati percorsi informativi e formativi con l’obiettivo anzitutto di fornire un quadro realistico del fenomeno migratorio a Cremona, ascoltando le storie dei migranti e analizzando gli aspetti sociali, politici ed economici connessi a questo fenomeno”.

Quale lo scopo di questi interventi?

“Anzitutto quello di generare riflessioni e accompagnare le azioni dei volontari per accantonare l’approccio emergenziale e fare spazio a un’azione “progettuale”. Potremmo dire: dal senso all’agire, dall’assistenza alla cura dell’altro. Fatta di presenza, ascolto e sostegno”.

Attraverso quali modalità?

“Ad esempio con la costruzione di spazi di “espressione” e partecipazione alla vita di un territorio, per far sì che i migranti possano far emergere le proprie potenzialità, costruire canali di comunicazione con la comunità locale ed essere nella condizione di poter donare qualcosa proprio alla territorio, ad esempio con azioni di volontariato da parte degli stessi migranti. Questo permette di creare una rete relazionale locale capace di far fronte alle necessità di chi attraversa periodi di fragilità”.

L’attività formativa quante persone e realtà ha coinvolto?

“Si trata di numeri abbastanza significativi, con diverse persone coinvolte. Sono stati organizzati diverse decine di incontri pubblici, sia a Cremona che fuori città”.

Guardando nello specifico all’accoglienza dei migranti sul territorio è possibile fare un bilancio?

“Al 31 dicembre 2015 erano una decina le realtà coinvolte: Casteldidone, Torre de’ Picenardi (Emmaus), Corte de’ Frati, Gadesco Pieve Delmona, Stagno Lombardo, Grumello Cremonese, Porcellasco, Casalbuttano, Castelverde e Solarolo Monastero (presso l’ostello). In ogni realtà abbiamo allestito un appartamento (a volte in comodato d’uso dal comune o dalla parrocchia, altre volte affittando da privati), con una media di 3-4 posti letto, in molti casi usati per accogliere una famiglia”.

Con l’avvio del 2016 il progetto di accoglienza è desitinato ad allargarsi?

“Sì, ci sono già tre strutture in fase di allestimento: a Sospiro, Spinadesco e Pieve S. Giacomo. Nel primo caso per una famiglia di cinque persone, negli altri due con disponibilità rispettivamente per 4 e 3 adulti”.

Quali sono le prospettive e le preoccupazioni?

“Nei prossimi mesi tutti questi migranti saranno convocati dalla Commissione che dovrà decidere sul loro status giuridico di richiedenti asilo politico. Poi, in ogni caso, si prospetta la fase più delicata: in tempi rapidi, qualsiasi sia la risposta rispetto al permesso di soggiorno, andare in autonomia. Questo vuol dire lavoro, casa e inserimento stabile nei territori. Per questo, oltre alla fase dei primo mesi di accoglienza, dovremo avere comunità attente e preparate”.

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